L’INDENNITÀ DI TRASFERIMENTO DEL MILITARE

Ai sensi dell’articolo 1 della legge n. 86 del 2001, “1. Al personale volontario coniugato e al personale in servizio permanente delle Forze armate, delle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, agli ufficiali e sottufficiali piloti di complemento in ferma dodecennale […] trasferiti d’autorità ad altra sede di servizio sita in un comune diverso da quello di provenienza, compete una indennità mensile pari a trenta diarie di missione in misura intera per i primi dodici mesi di permanenza ed in misura ridotta del 30 per cento per i secondi dodici mesi. […]. 2. L’indennità di cui al comma 1 è ridotta del 20 per cento per il personale che fruisce nella nuova sede di alloggio gratuito di servizio. 3. Il personale che non fruisce nella nuova sede di alloggio di servizio può optare, in luogo del trattamento di cui al comma 1, per il rimborso del 90 per cento del canone mensile corrisposto per l’alloggio privato fino ad un importo massimo di lire 1.000.000 mensili per un periodo non superiore a trentasei mesi […]”.

Non c’è molto da dire … dalla lettura di quanto precede emerge difatti che l’indennità di trasferimento [1]:

  • spetta al personale in servizio permanente effettivo, ai piloti di complemento in ferma dodecennale nonché al personale volontario in ferma prefissata (quest’ultimo solo quando coniugato) trasferito d’autorità ad altra sede di servizio sita in un comune diverso da quello di provenienza;
  • è pari a 30 diarie di missione in misura intera per il primo anno di permanenza ed in misura ridotta del 30% per il secondo;
  • è ridotta del 20% nel caso in cui il personale fruisca, presso la nuova sede di servizio, di un alloggio gratuito di servizio;
  • non spetta se l’interessato abbia optato per il rimborso del 90% del canone mensile di un alloggio privato (sino all’importo massimo mensile di € 516,46 e per un periodo non superiore a 36 mesi);
  • a partire dal 2015 non spetta più al personale militare che rientra dall’estero al termine dell’impiego presso organismi internazionali o rappresentanze diplomatiche [2].

Le cose stanno sostanzialmente così … ci resta solo da vedere a quanto ammonta. Ebbene, allo stato attuale l’indennità di trasferimento ammonta a:

  • € 865 circa il primo anno ed a € 605 circa il secondo (per effetto della riduzione del 30%) per i Generali di Corpo d’Armata e gradi corrispondenti [3];
  • € 724 circa il primo anno ed a € 506 circa il secondo (per effetto della riduzione del 30%) per i Generali di Divisione e gradi corrispondenti [4];
  • € 614 circa il primo anno ed a € 430 circa il secondo (per effetto della riduzione del 30%) per i gradi da Generale di Brigata a Volontario in servizio permanente e gradi corrispondenti [5];
  • € 321 circa il primo anno ed a € 225 il secondo (per effetto della riduzione del 30%) per i Volontari in ferma prefissata, ma solo se coniugati [6]. Vi ricordo che hanno diritto all’indennità di trasferimento solo i Volontari in ferma prefissata coniugati. Ovviamente, il diritto a tale indennità si estende anche i militari uniti civilmente con persone dello stesso sesso: infatti, ai sensi dell’articolo 1, comma 20, della legge n. 76 del 2016, “al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”. 

Ora che vi siete fatti un’idea generale su cosa sia l’indennità di trasferimento, fatevi una chiacchierata con il personale dell’Ufficio amministrazione del vostro Comando. Sono convinto che potrete avere le delucidazioni necessarie per poter correttamente esercitare tutti i vostri diritti.

Non mi resta che salutarvi … ad maiora!

TCGC

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[1]: spesso si fa riferimento all’indennità di trasferimento chiamandola semplicemente “legge 100”. Il riferimento è evidentemente alla legge n. 100 del 1987, ormai abrogata, che regolava proprio il trattamento economico di trasferimento del personale militare.

[2]: infatti il 4 comma dell’art. 1 della legge n. 86 del 2001 prevedeva originariamente che l’indennità di trasferimento spettasse anche “al personale in servizio all’estero ai sensi delle leggi 8 luglio 1961, n. 642, 27 luglio 1962, n. 1114, e 27 dicembre 1973, n. 838, e successive modificazioni, all’atto del rientro in Italia” ma tale comma è stato abrogato ad opera della legge n. 190 del 2014 (Legge di stabilità 2015).

[3]: Tale cifra scaturisce dalla misura intera della diaria di missione prevista per i Gen. C.A. e gradi corrispondenti che ammonta a € 28,82 (28,82 x 30 = 864,60).

[4]: Tale cifra scaturisce dalla misura intera della diaria di missione prevista per i Gen. D. e gradi corrispondenti che ammonta a € 24,12 (24,12 x 30 = 723,60).

[5]: Tale cifra scaturisce dalla misura intera della diaria di missione prevista per i gradi da Gen. B. a V.S.P. e gradi corrispondenti che ammonta a € 20,45 (20,45 x 30 = 613,50).

[6]: Tale cifra scaturisce dalla misura intera della diaria di missione prevista per i Volontari in ferma prefissata che ammonta a € 10,69 (10,69 x 30 = 320,70).

L’ASPETTATIVA PER SERVIZIO ALL’ESTERO DEL CONIUGE

L’articolo 910 del Decreto legislativo n. 66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare” (cosiddetto COM) stabilisce che “1. Il militare, il cui coniuge – dipendente civile o militare della pubblica amministrazione – presti servizio all’estero, può chiedere di essere collocato in aspettativa se l’amministrazione non ritiene di poterlo destinare a prestare servizio nella stessa località in cui si trova il coniuge, o se non sussistono i presupposti per un suo trasferimento nella località in questione. 2. L’aspettativa, concessa sulla base del comma 1, può avere una durata corrispondente al periodo di tempo in cui permane la situazione che l’ha originata. Essa può essere revocata in qualunque momento per ragioni di servizio o in difetto di effettiva permanenza all’estero del dipendente in aspettativa. Il militare in aspettativa non ha diritto ad alcun assegno. 3. Il tempo trascorso in aspettativa concessa ai sensi del comma 1 non è computato ai fini della progressione di carriera, dell’attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza e previdenza. 4. Il militare che cessa da tale posizione prende nel ruolo il posto di anzianità che gli spetta, dedotto il tempo passato in aspettativa. 5. Se l’aspettativa si protrae oltre un anno, l’amministrazione ha facoltà di utilizzare il posto corrispondente ai fini delle assunzioni. In tal caso, il militare che cessa dall’aspettativa occupa – se non vi sono vacanze disponibili – un posto in soprannumero da riassorbirsi al verificarsi della prima vacanza [1] [2]”.

Beh … anche se l’articolo 910 del COM mi sembra sufficientemente chiaro e comprensibile, ritengo comunque necessario fare alcune brevi precisazioni prima di concludere:

  • viene fatto esplicito riferimento al coniuge e non al convivente. Ciò nonostante, se proprio non è possibile sposarsi/unirsi civilmente con una persona dello stesso (cosa che, credetemi, faciliterebbe di molto le cose!), non disperate e provate ugualmente a fare domanda (magari informandovi prima con il vostro ufficio personale). In ambito civile, infatti, la giurisprudenza sta riconoscendo alle coppie di fatto (i cosiddetti conviventi more uxorio, per intenderci) un trattamento giuridico molto “vicino” a quello assicurato dalla legge alle coppie coniugate e a quelle dello stesso sesso unite civilmente con persona dello stesso sesso (per approfondire leggi qui!) … nulla esclude quindi che in un prossimo futuro al convivente more uxorio possa essere (giustamente!) riconosciuto anche il diritto all’aspettativa per servizio all’estero del coniuge;
  • la tutela non è riservata ai soli dipendenti pubblici. Infatti, molti contratti di lavoro privato prevedono forme di aspettativa, congedo o astensione dal lavoro che, sempre più spesso, arrivano a risultati molto simili a quelli garantiti dall’aspettativa per servizio all’estero del coniuge. Quanto precede, anche in ossequio a quanto previsto dall’articolo 5 della legge n. 227 del 2010 che prevede espressamente che “il datore di lavoro del dipendente di un’impresa privata, il cui coniuge presta servizio all’estero in qualità di funzionario internazionale […], è tenuto, su richiesta del dipendente stesso, a concedergli il collocamento in aspettativa, con mantenimento del posto di lavoro, senza diritto al trattamento economico. La disposizione di cui al presente comma si applica esclusivamente alle imprese private con un numero di dipendenti non inferiore a cinquanta, nei limiti di un collocamento in aspettativa per ogni cinquanta dipendenti […]”;
  • l’aspettativa spetta solo in caso di servizio all’estero del coniuge. Nel caso in cui foste invece interessati ad approfondire le tutele che la legge accorda al militare trasferito d’autorità in ambito nazionale, vi consiglio di dare un’occhiata al post che tratta tale argomento (per approfondire leggi qui!).

A proposito, l’articolo 913 del COM prevede alcune “norme comuni in materia di aspettativa (che trovano quindi piena applicazione anche nel caso in esame!) a cui, se fossi in voi, darei quantomeno una rapida occhiata solo per avere un quadro di situazione ancora più completo (per comodità, ve l’ho postato integralmente sotto [3]).

TCGC

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[1]: il testo dell’art. 910 del COM riproduce sostanzialmente i contenuti della legge n. 26 del 1980 “Norme relative al collocamento in aspettativa dei dipendenti dello Stato il cui coniuge, anche esso dipendente dello Stato, sia chiamato a prestare servizio all’estero” (cosiddetta “Legge Signorello”).

[2]: peraltro, la legge n. 227 del 2010 titolata “Disposizioni concernenti la definizione della funzione pubblica internazionale e la tutela dei funzionari italiani dipendenti da organizzazioni internazionali” allarga il novero dei possibili beneficiari. Difatti, l’art. 5 tale legge prevede espressamente che:1. Il dipendente delle amministrazioni pubbliche, il cui coniuge presta servizio all’estero in qualità di funzionario internazionale ai sensi della presente legge, può chiedere di essere collocato in aspettativa qualora l’amministrazione non ritenga di poterlo destinare a prestare servizio nella stessa località in cui si trova il coniuge o qualora non sussistano i presupposti per il suo trasferimento nella medesima località. Al personale del comparto scuola non si applica l’articolo 4 della legge 11 febbraio 1980, n. 26. 2. L’aspettativa concessa ai soggetti di cui al comma 1 ha una durata massima di tre anni, nel corso dei quali i medesimi soggetti non hanno diritto al trattamento economico. Il periodo trascorso in aspettativa non è computato ai fini della progressione di carriera, dell’attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza e previdenza. 3. Il datore di lavoro del dipendente di un’impresa privata, il cui coniuge presta servizio all’estero in qualità di funzionario internazionale ai sensi della presente legge, è tenuto, su richiesta del dipendente stesso, a concedergli il collocamento in aspettativa, con mantenimento del posto di lavoro, senza diritto al trattamento economico. La disposizione di cui al presente comma si applica esclusivamente alle imprese private con un numero di dipendenti non inferiore a cinquanta, nei limiti di un collocamento in aspettativa per ogni cinquanta dipendenti. 4. L’aspettativa concessa ai soggetti di cui al comma 3 ha una durata minima di un anno e massima di tre anni”.

[3]: art. 913 del COM – Norme comuni in materia di aspettativa:“1. L’aspettativa è disposta con decreto ministeriale. 2. Per il personale appartenente al ruolo appuntati e carabinieri, l’aspettativa è disposta con determinazione del Comandante generale dell’Arma, con facoltà di delega, e decorre dalle date fissate nella determinazione stessa. 3. L’aspettativa decorre dalla data fissata nel decreto con il quale è disposta, salvo l’aspettativa per prigionia di guerra o ipotesi corrispondenti che decorre dalla data della cattura. 4. L’aspettativa per motivi privati e le eventuali proroghe non possono essere concesse che a mesi interi. 5. Allo scadere dell’aspettativa il militare è richiamato in servizio permanente effettivo o a disposizione”.

TRASFERIMENTO D’AUTORITÀ E RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE

Solo uno spunto nel caso in cui siate appena stati trasferiti d’autorità … l’articolo 17 della legge n. 266 del 1999 stabilisce che “il coniuge convivente del personale in servizio permanente delle Forze armate, compresa l’Arma dei carabinieri, del Corpo della Guardia di finanza e delle Forze di polizia ad ordinamento civile e degli ufficiali e sottufficiali piloti di complemento in ferma dodecennale nonché del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, trasferiti d’autorità da una ad altra sede di servizio, che sia impiegato in una delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 [1], ha diritto, all’atto del trasferimento o dell’elezione di domicilio nel territorio nazionale, ad essere impiegato presso l’amministrazione di appartenenza o, per comando o distacco, presso altre amministrazioni nella sede di servizio del coniuge o, in mancanza, nella sede più vicina”. Ovviamente, la cosa vale esclusivamente nel caso in cui vi sia stato un trasferimento d’autorità in ambito nazionale e non, come accade sempre più spesso, nel caso in cui ad esempio il coniuge sia stato chiamato a prestare servizio all’estero (ipotesi che prevede peraltro una specifica forma di aspettativa – per approfondire leggi qui!)

Tutto qui … è sicuramente una carta in più da potersi giocare in caso di bisogno, fermo restando che “qui iure suo utitur, neminem laedit” (chi esercita un proprio diritto, non lede alcuno)!

TCGC

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[1]: l’articolo 1, comma 2, del D.Lgsl. n. 29 del 1993, poi abrogato, prevedeva che: “Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane, e loro consorzi ed associazioni, le istituzioni universitarie, gli istituti autonomi case popolari, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale”. Oggi la materia è comunque regolata dall’articolo 1 del D.Lgsl. n. 165 del 2001.