LA CASSA DI PREVIDENZA DELLE FORZE ARMATE E L’INDENNITÀ SUPPLEMENTARE DEI MILITARI CHE CESSANO DAL SERVIZIO

La Cassa di Previdenza delle Forze Armate è un Ente, istituito con il D.P.R. n. 211 del 2009 (oggi confluito nel Decreto Legislativo n. 66 del 2010 “Codice dell’Ordinamento Militare” (cosiddetto COM – per approfondire leggi qui!) e vigilato dal Ministero della Difesa, che eroga ai militari le seguenti prestazioni previdenziali:

  • prestiti agli iscritti (sempre che sia finanziariamente in grado di farlo);
  • l’assegno speciale, che spetta solo agli Ufficiali dell’Esercito e dell’Arma dei Carabinieri all’atto del collocamento in “riserva” o in “congedo assoluto” ed al raggiungimento del 65° anno di età, secondo misure annuali stabilite con Decreto Ministeriale (che è comunque un beneficio di imminente soppressione [1]);
  • l’indennità supplementare, che spetta invece agli Ufficiali, Sottufficiali e Graduati delle Forze Armate con almeno 6 anni di iscrizione all’atto della cessazione a qualunque titolo dal servizio (quindi anche in caso di cessazione senza diritto a pensione).

Dato che l’assegno speciale è riservato ai soli Ufficiali dell’Esercito o dell’Arma dei Carabinieri ed è destinato a scomparire nel medio periodo [2], mi concentrerò brevemente sull’indennità supplementare il cui importo è dato, per i periodi:

Un paio di precisazioni:

  • l’indennità supplementare è reversibile in favore dei superstiti (articolo 1914, comma 5, del COM);
  • l’iscrizione alla Cassa di Previdenza delle Forze Armate avviene d’ufficio (articolo 1913, comma 1, del COM), all’atto dell’immissione in servizio permanente (per i soli graduati delle Forze Armate a far data dal 01.02.2023) e comporta un contributo obbligatorio a carico degli iscritti (articolo 1916, comma 1, del COM);
  • se all’atto del congedo non si sono maturati i 6 anni di iscrizione minimi previsti per l’erogazione dell’indennità, vengono restituiti all’iscritto i contributi obbligatori versati (articolo 1917 del COM);
  • il diritto all’indennità supplementare è garantito anche in caso di transito [5] tra ruoli diversi (articolo 1917 bis del COM).

Penso di avervi sufficientemente stimolato per continuare ad approfondire l’argomento con il vostro avvocato o commercialista di fiducia. Mi fermo qui … ad maiora!

TCGC

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[1]: art. 2262 quinques del COM – Disposizioni transitorie in materia di soppressione dell’assegno speciale per gli ufficiali dell’Esercito italiano e dell’Arma dei carabinieri:“1. Al personale che, alla data del 31 dicembre 2022, è percettore dell’assegno speciale di cui all’articolo 1915 è riconosciuto il diritto di optare, in sostituzione dello stesso, per una maggiorazione dell’indennità supplementare di cui all’articolo 1914, calcolata moltiplicando il 60 per cento dell’importo annuo dell’assegno speciale in godimento per i coefficienti corrispondenti al sesso e all’età dell’avente diritto di cui alla tavola di mortalità elaborata dall’Istituto nazionale di statistica, riferita alla popolazione italiana residente per l’anno 2019, e calcolata al 1° dicembre dell’anno nel quale è esercitata l’opzione. 2. Al personale che, alla data del 31 dicembre 2022, è cessato dal servizio con diritto a pensione, ma non è ancora percettore dell’assegno speciale di cui all’articolo 1915, è riconosciuto il diritto di optare tra lo stesso assegno speciale e una maggiorazione dell’indennità supplementare di cui all’articolo 1914, calcolata moltiplicando il 50 per cento dell’importo annuo dell’assegno speciale previsto per il grado rivestito all’atto della cessazione dal servizio alla data del 31 dicembre 2022, per i seguenti fattori: a) il coefficiente di cui alla tavola di mortalità dell’Istituto nazionale di statistica, riferita alla popolazione italiana residente per l’anno 2019, corrispondente al sesso e all’età dell’avente diritto, indicato al 1° dicembre dell’anno in cui l’interessato compirà un’età pari a quella posseduta al congedo aumentata di otto anni e comunque non inferiore a sessantacinque; b) l’anzianità contributiva al fondo previdenziale di cui all’articolo 1913, comma 1, lettera a), posseduta al 31 dicembre 2022, con un massimo di quaranta anni, rapportata a 40. L’eventuale anzianità maturata in altri fondi non è considerata utile al calcolo della maggiorazione. 3. Al personale in servizio al 31 dicembre 2022, in luogo dell’assegno speciale di cui all’articolo 1915, è riconosciuta una maggiorazione dell’indennità supplementare di cui all’articolo 1914, calcolata ai sensi del comma 2. 4. Il diritto alle opzioni di cui ai commi 1 e 2 è esercitato entro il mese di settembre di ogni anno ed è irrevocabile. La maggiorazione dell’indennità supplementare di cui all’articolo 1914 è liquidata e corrisposta agli interessati entro il 31 dicembre dell’anno nel quale il diritto di opzione è esercitato. Le maggiorazioni dell’indennità supplementare, di cui ai commi 1, 2 e 3, sono reversibili”.

[2] ai sensi dell’art. 1915, comma 2 bis, del COM, l’assegno speciale “non spetta [difatti più] agli ufficiali iscritti al relativo fondo previdenziale in data successiva al 1° gennaio 2023”.

[3]: o frazioni di anno. L’art. 1914, comma 2 ter, del COM – Indennità supplementare, prevede infatti che:“le frazioni di anno sono calcolate in mesi e le frazioni di mesi con numero di giorni non inferiore a quindici sono arrotondate per eccesso. Conseguentemente, le aliquote percentuali di cui ai commi 2 e 2-bis sono ridotte in Dodicesimi”.

[4]: art. 1914, comma 2 bis, del COM – Indennità supplementare: “[…] Per i periodi di contribuzione successivi al 31 dicembre 2022, l’indennità di cui al comma 1 è liquidata in base alle aliquote percentuali di seguito riportate dell’ultimo stipendio annuo lordo, comprensivo della tredicesima mensilità, considerato in ragione dell’80 per cento, moltiplicate per gli anni di iscrizione al fondo maturati a decorrere dal 1° gennaio 2023:

a) 2 per cento per gli iscritti ai fondi previdenziali di cui all’articolo 1913, comma 1, lettere a), c), g) e g-bis);

b) 2,5 per cento per gli iscritti ai fondi previdenziali di cui all’articolo 1913, comma 1, lettere b), d) e f);

c) 3 per cento per gli iscritti al fondo previdenziale di cui all’articolo 1913, comma 1, lettera e) […]”.

[5]: art. 1913, comma 3 ter, del COM – Fondi previdenziali integrativi: “[…] Il personale militare impiegato a tempo indeterminato, ai sensi della legge 3 agosto 2007, n. 124 [cioè in uno degli organismi facenti parte del Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica], che rientra nel ruolo di provenienza è iscritto al relativo fondo di previdenza se, in ragione degli anni di servizio residui, può maturare il diritto all’indennità supplementare ai sensi dell’articolo 1914 del presente codice. Il computo degli anni di iscrizione al fondo decorre dalla data di reiscrizione nei ruoli di provenienza”.

SONO STATO A CASA MALATO. È MAI POSSIBILE CHE MI ABBIANO DECURTATO LE INDENNITÀ OPERATIVE MILITARI? (LEGGE 78/1983)

Un collega mi chiede:“sono stato a casa malato. È mai possibile che mi abbiano decurtato le indennità operative militari?”. Beh, purtroppo è possibile eccome, dato che lo prevede espressamente la legge n. 78 del 1983 “Aggiornamento della legge 5 maggio 1976, n. 187, relativa alle indennità operative del personale militare”. Tale legge, infatti, prevede all’articolo 17, comma 8, che:“le indennità di cui agli articoli 3 [1], 4 [2], 7 [3] e 14 [4], nonché tutte quelle supplementari [5] previste ai precedenti articoli, fermo comunque il diritto all’indennità di cui all’articolo 2 [6], non sono corrisposte al personale in licenza straordinaria, al personale assente dal reparto, dalla nave o dal servizio per infermità quando questa si protrae oltre il quindicesimo giorno e […] al personale che, fruendo del trattamento economico di missione con percezione della relativa diaria, frequenta corsi presso le accademie, le scuole e gli istituti di forza armata o interforze, nonché presso le università o all’estero”.

Tale articolo prevede in sostanza che talune indennità operative e talaltre indennità operative supplementari non debbano essere corrisposte al personale che si assenta, tra l’altro, per malattia per un periodo superiore ai 15 giorni. Considerato che le indennità operative sono compensazioni monetarie aggiuntive che vengono versate al militare per riconoscere l’impegno ed il sacrificio profuso per lo svolgimento di funzioni “operative”, la ratio della norma è evidente … se si è assenti per malattia (o per altre motivazioni previste dalla legge), tali indennità non spettano … non c’è molto altro da dire: dura lex, sed lex (cioè «dura legge, ma legge»).

Ad maiora!

TCGC con il supporto dell’intelligenza artificiale

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[1]: Indennità d’impiego operativo per reparti di campagna.

[2]: Indennità di imbarco.

[3]: Indennità per il controllo dello spazio aereo.

[4]: Indennità per allievi piloti, per allievi navigatori, per ufficiali allievi osservatori, per allievi paracadutisti.

[5]: Indennità supplementare di marcia e prontezza operativa; indennità supplementare per truppe da sbarco, per unità anfibie e per incursori subacquei; indennità supplementare di comando navale, di mancato alloggio e di fuori sede; indennità supplementari per servizio idrografico e per particolari incarichi espletati a bordo delle unità navali; indennità supplementari per pronto intervento aereo, per piloti collaudatori-sperimentatori, per piloti istruttori di volo o di specialità e compensi di collaudo; indennità supplementare per servizio presso poligoni permanenti, installazioni e infrastrutture militari, stazioni radio e radar con compiti tecnico-operativi militari di carattere speciale.

[6]: Indennità di impiego operativo.

LE STELLETTE MILITARI

Un collega mi ha chiesto il perché i militari indossino le stellette. Beh, da giurista, la mia risposta istintiva è stata:“perché così prevede il Decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 «Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare» (cosiddetto TUOM) che, all’articolo 720, statuisce tra l’altro che «le stellette a cinque punte, distintivo peculiare dell’uniforme militare, sono il simbolo comune dell’appartenenza alle Forze armate»”. È però possibile dire qualcosina in più … ma senza entrare in complessi discorsi sulla “Stella d’Italia” (conosciuta anche come “Stellone”), cioè quella stella a cinque punte che da tempo immemorabile rappresenta allegoricamente la terra ed il destino d’Italia (simbolo presente, tra l’altro, anche nell’emblema della Repubblica!)

Mantenendo quindi l’approccio giuridico di avvocatomilitare.com, possiamo aggiungere che le stellette, presenti già da secoli sulle uniformi di diversi reparti militari italiani, vennero adottate da Esercito e Marina con l’emanazione del Regio Decreto n. 571 del 13 dicembre 1871 (oggi abrogato), per poi addivenire gradualmente ad essere il segno caratteristico di tutti i militari italiani in generale, proprio nei termini di cui al citato articolo 720 del TUOM (per approfondire leggi qui!).

Tutto qui … nel salutarvi, a beneficio dei più curiosi, di seguito il testo integrale del Regio Decreto n. 571 del 13 dicembre 1871, ad maiora!

TGCG

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VITTORIO EMANUELE II

 

PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTA’ DELLA NAZIONE

 

RE D’ITALIA

 

Sulla proposta dei Ministri della Guerra e della Marina;

Abbiamo decretato e decretiamo:

 

Art. 1.

 

Tutte le persone soggette alla giurisdizione militare, a mente dell’articolo 323 del Codice penale militare per l’Esercito, e dell’articolo 362 di quello per la R. Marina, porteranno, come segno caratteristico della divisa militare, comune all’Esercito ed all’Armata, le stellette a cinque punte sul bavero dell’abito della rispettiva divisa.

 

Art. 2.

 

Le Autorità di terra e di mare denunzieranno all’Autorità giudiziaria le contravvenzioni al presente Decreto per l’applicazione delle pene stabilite dal Codice penale comune.

 

Ordiniamo che il presente Decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle Leggi e dei Decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

 

Dato a Firenze addi’ 13 dicembre 1871.

 

VITTORIO EMANUELE

 

Registrato alla Corte dei conti addi’ 26 dicembre 1871

 

Reg. 58 Atti del Governo a c. 128. D. Gherardi”.

QUANDO SI PUÒ FARE A MENO DELL’ASSISTENZA DI UN AVVOCATO?

Che dire … domanda intelligente che merita un adeguato approfondimento. Iniziamo col dire che quando si va in tribunale la difesa tecnica è “quasi” sempre necessaria e obbligatoria [1]. Ciò nonostante, la legge prevede effettivamente diversi casi in cui si può fare a meno dell’Avvocato anche se, a mio parere, sia molto utile farsi almeno “consigliare” sul come comportarsi da chi è in possesso di un solido bagaglio tecnico-giuridico, non altro per aggirare le molteplici insidie processuali che potrebbero farvi “inciampare” e vanificare ogni sforzo. Ebbene, tornando al tema del post, sappiate che per quanto attiene all’attività processuale vera e propria potete stare in giudizio personalmente, senza cioè alcuna assistenza legale, nelle cause davanti:

  • al Giudice di pace di valore inferiore a 1100 euro [2] ovvero in caso di contestazione di multe stradali [3];
  • alle Commissioni tributarie di valore inferiore a 3000 euro [4];
  • al Giudice amministrativo “in materia di accesso e trasparenza amministrativa, in materia elettorale e nei giudizi relativi al diritto dei cittadini dell’Unione europea e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri [5].

Preciso che, per quanto attiene al procedimento penale, la difesa tecnica viene sempre considerata dalla legge come rigorosamente necessaria e obbligatoria alla luce delle pesanti conseguenze che tale specifica tipologia di processo può comportare per l’imputato: non troverete quindi nel codice di procedura penale (c.p.p.) alcuna eccezione a tale principio e non sarete conseguentemente mai ammessi a difendervi da soli davanti al Giudice penale!

Tanto premesso, esistono anche molte altre ipotesi di attività legale che, contrariamente a quanto comunemente si crede, possono autonomamente e direttamente essere svolte dall’autore, senza cioè l’assistenza di alcun Avvocato, come in caso di:

  • testamenti: il testamento, soprattutto quello olografo (per approfondire leggi qui!), non necessita difatti dell’intervento di alcun Avvocato. Ciò nonostante, nel caso in cui gli eredi siano molti, fossi in voi, mi farei una chiacchieratina con un legale di fiducia in  modo da evitare di ledere i diritti di alcuno e prevenire quindi eventuali contestazioni/ridurre il rischio di possibili contenziosi;
  • contratti: la redazione di un contratto non necessita per forza dell’intervento di un legale anche se, alla luce della “delicatezza” dei rapporti giuridici che può generare in capo alle parti, sarebbe a mio parere auspicabile rivolgersi ad un Avvocato quantomeno prima di firmare;
  • conciliazioni bancarie e finanziarie: in caso di controversie con istituti di credito, nonché degli altri intermediari in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari, ci si può rivolgere ad un arbitro bancario e finanziario, anche senza l’assistenza di un Avvocato;
  • mediazioni in materia di utenze: in caso di controversie in materia di utenze della luce, del telefono o del gas non è necessario l’intervento dell’Avvocato (cosa che invece, badate bene, è prevista per molti altri tipi di mediazione);
  • ricorsi al prefetto in caso di contestazione di multe stradali [6];
  • diffide: per fare una lettera di diffida non serve alcun Avvocato, anche se è intuibile come una diffida redatta su carta intestata di uno studio legale determini un impatto psicologico più incisivo in chi la riceve … venite cioè presi maggiormente sul serio anche in vista di un eventuale contenzioso;
  • lettere di messa in mora (articolo 1219 del codice civile): che dire, si trovano agevolmente su internet format di lettere di messa in mora fatte molto, ma molto bene … ricordatevi però di fare in modo che rimanga traccia dell’invio: speditele cioè per raccomandata con avviso di ricevimento ovvero per posta elettronica certificata (PEC – per approfondire leggi qui!);
  • accesso agli atti amministrativi (articolo 22 e seguenti della legge n. 241 del 1990): nonostante sia una materia stranota ai più, ancor oggi mi viene spesso chiesto di aiutare qualche collega a fare una semplice richiesta di accesso agli atti. Vi assicuro che non serve un Avvocato per chiedere di visionare o estrarre copia di documenti amministrativi, fermo restando che la rete è satura di format di richieste di accesso (spesso disponibili anche sui siti istituzionali delle Amministrazioni interessate) che vi invito a scaricare, compilare e presentare direttamente al vostro Comando di appartenenza, senza la necessità di alcun legale … credetemi, nulla di più semplice ed economico!

Certo, esistono ulteriori ipotesi in cui è possibile far da sé (come, ad esempio, in caso di sfratto, contestazioni del datore del lavoro davanti all’Ispettorato del lavoro, amministrazione di sostegno eccetera) ma credo sia meglio fermarmi qui: vorrei difatti spendere qualche parola per chiarire un paio di dubbi ricorrenti che riguardano direttamente noi militari:

  • la difesa del militare in ambito disciplinare: in tale specifico ambito non è di norma prevista l’assistenza di alcun Avvocato ma semmai, solo per i procedimenti disciplinari di stato [7] o di corpo per l’irrogazione della consegna di rigore, di un militare difensore (per approfondire leggi qui!). Sebbene il procedimento disciplinare militare (per approfondire leggi qui!) non presenti particolari “criticità”, non è da escludere che il supporto di un legale che conosce il diritto amministrativo possa aiutarvi a rilevare eventuali irregolarità procedurali in modo da escludere o, quantomeno mitigare, la vostra responsabilità disciplinare;
  • il ricorso gerarchico avverso le sanzioni disciplinari di corpo (per approfondire leggi qui!) ovvero avverso la documentazione caratteristica: anche se per la presentazione di un ricorso gerarchico non è necessaria l’assistenza di un Avvocato, non commettete mai l’errore di affidarvi totalmente ai consigli di un collega “praticone”, ma fatevi invece una sana chiacchierata con il vostro legale di fiducia. Peraltro, considerato che nel ricorso al TAR o straordinario al Presidente della Repubblica vengono di solito dichiarati inammissibili i motivi che non siano stati previamente proposti in sede gerarchica, il ricorso gerarchico va scritto bene e da subito … è cioè one shot! Se siete quindi decisi a impugnare una punizione e volete andare fino in fondo, vi consiglio vivamente di farvi aiutare da un Avvocato, anche nella stesura del ricorso gerarchico;
  • l’assistenza in attività stragiudiziale: per attività “stragiudiziale” intendiamo tutti quei casi in cui non c’è (ancora) alcun giudizio da instaurare e non è quindi necessario rivolgersi al giudice. Insomma, il militare può incaricare un Avvocato del libero foro di tutelare i propri diritti e i propri interessi di fronte ai superiori gerarchici e all’Amministrazione della Difesa in generale? Alla luce delle recenti novità giurisprudenziali in materia ho ritenuto di dedicare all’argomento uno specifico post (per approfondire leggi qui!)

Tanto detto non mi resta che salutarvi, ricordandovi sempre che “… se pensate che rivolgersi a un Avvocato serio costi troppi soldi, non avete idea di quanto potrebbe costarvi caro farvi assistere da quello sbagliato!”ad maiora!

TCGC

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[1]: infatti, la necessarietà e dell’obbligatorietà della difesa “tecnica” (quella cioè realizzata per il tramite del proprio Avvocato di fiducia che, quindi, è ben diversa dalla c.d. “autodifesa” nella quale ci si difende da sè) è prevista, con le eccezioni che vedremo nel proseguo del post, nel processo civile (art. 82 del codice di procedura civile – c.p.c.), nel processo amministrativo (art. 22 del D. Lgs. 104 del 2010 – codice del processo amministrativo), in quello tributario (art. 12 del D. Lgs. n. 546 del 1992 – codice del processo tributario), in quello contabile (art. 28 del D. Lgs. n. 174 del 2016 – codice della giustizia contabile), nonché nel processo penale (artt. 96 e 97 del codice di procedura penale – c.p.p.)!

[2]: art. 82 del codice di procedura civile – Patrocinio:“Davanti al giudice di pace le parti possono stare in giudizio personalmente nelle cause il cui valore non eccede euro 1.100 […]”.

[3]: artt. 204 bis del D. Lgs. n. 285 del 1992 “Nuovo codice della strada” e 7 del D. Lgs. n. 150 del 2011 “Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69”.

[4]: art. 12 del D. Lgs. n. 546 del 1992 “Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413” – Difesa tecnica:“Per le controversie di valore fino a tremila euro le parti possono stare in giudizio senza assistenza tecnica. Per valore della lite si intende l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste […]”.

[5]: art. 23 del D. Lgs.n. 104 del 2010 – codice del processo amministrativo (c.p.a.).

[6]: art. 203 del D. Lgs. n. 285 del 1992 “Nuovo codice della strada”.

[7]: a dire il vero nei procedimenti disciplinari di stato ci si può affidare anche ad un Avvocato: l’art. 1370 del Codice dell’Ordinamento Militare (cosiddetto COM) prevede infatti che:“[…] 3-bis. Nei procedimenti disciplinari di stato il militare inquisito, in aggiunta al difensore […] può farsi assistere, a sue spese, anche da un avvocato del libero foro”.

IL MILITARE PUÒ FARSI ASSISTERE DA UN AVVOCATO NEI RAPPORTI CON I PROPRI SUPERIORI?

Il militare può farsi assistere da un Avvocato in attività stragiudiziale, ovverosia in tutti quei casi in cui non c’è (ancora) alcun giudizio da instaurare e non è quindi necessario rivolgersi al giudice? Insomma, si può incaricare un Avvocato del libero foro di tutelare i propri diritti e i propri interessi di fronte ai superiori gerarchici o all’Amministrazione della Difesa in generale? Beh, che dire … la risposta è sì! Certo, fino al recente passato la cosa era vista molto male al punto che chi dava mandato al proprio Avvocato di interagire direttamente con il proprio Comando veniva spesso sanzionato disciplinarmente, soprattutto per violazione dei doveri attinenti al grado e alle funzioni del proprio stato. Oggi però le cose stanno cambiando ed il Consiglio di Stato, cioè il massimo organo della Giustizia amministrativa (per approfondire leggi qui!), ha recentemente riconosciuto la piena legittimità di tale condotta (cioè non correte più il rischio di esser puniti!) affermando, tra l’altro, che:

  • il diritto di difesa deve poter essere esercitabile anche al di fuori e in via preventiva rispetto al momento dell’azione in sede di giudizio, e quindi anche mediante l’interlocuzione con l’amministrazione, ed essere garantito anche nelle organizzazioni a forte impronta gerarchica, come quelle militari. […] La facoltà di difesa è stata, infatti, esercitata in via formale, mediante il conferimento di apposito mandato a un difensore, ovverosia con una iniziativa seria e ponderata volta a tutelare la posizione lavorativa, per il tramite di un professionista, che ha potuto quindi valutare l’iniziativa anche da un punto di vista tecnico-giuridico e scrivere la nota in questione dopo l’esame della vicenda” (Consiglio di Stato – II Sezione, Sentenza n. 01652 del 7 marzo 2022);
  • in via generale, l’assistenza di un legale in sede di interlocuzione con l’Amministrazione di appartenenza costituisca esercizio di una facoltà legittima, espressione del diritto di difesa di cui all’art. 24 della Costituzione e non può considerarsi tale da integrare la violazione dei doveri del militare. Il diritto di difesa, inteso in senso lato, deve poter essere esercitabile anche al di fuori e in via preventiva rispetto al momento dell’azione in sede di giudizio – e anzi può essere volto ad evitare che si arrivi a esiti conflittuali in sede giudiziale – e, quindi, può esplicarsi anche nella fase di interlocuzione con l’amministrazione, dovendo essere garantito anche nelle organizzazioni a forte impronta gerarchica, come quelle militari” (Consiglio di Stato – II Sezione, Sentenza 03361 del 27 aprile 2022).

Fin qui è come la pensano oggi i Giudici amministrativi. Mi rivolgo ora ai colleghi più giovani e lo faccio sulla base dei 30 anni di servizio che porto sulle mie spalle: credete che sia veramente necessario avvalersi di un Avvocato per interloquire con i vostri superiori? È vero, a volte capita di incontrare superiori con cui è particolarmente difficile relazionarsi, ma credete veramente che un Avvocato possa sbloccare la situazione? Sinceramente credo che, nella stragrande maggioranza dei casi, la risposta sia no! Peraltro, a prescindere dal recente riconoscimento dei sindacati militari (per approfondire leggi qui!), il diritto militare prevede diversi strumenti che possono aiutarci a colloquiare direttamente con i nostri superiori come, ad esempio, la richiesta di rapporto gerarchico con qualche superiore più in “alto” (per approfondire leggi qui!), cosa che ho personalmente fatto durante la mia carriera e che … vi assicuro … mi ha dato molta soddisfazione, non solo professionale! Tanto vi dovevo, meditateci sopra …

A questo punto non mi resta che salutarvi, ricordandovi di porre sempre la massima attenzione nei rapporti con colleghi e superiori di grado e, soprattutto, che “… se pensate che rivolgersi a un Avvocato serio costi troppi soldi, non avete idea di quanto potrebbe costarvi caro farvi assistere da quello sbagliato!”ad maiora!

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IL MILITARE PUÒ OTTENERE IL “CONGEDO PER LA FORMAZIONE”?

Una collega mi chiede se anche il militare possa ottenere il cosiddetto “congedo per la formazione”. Beh, vi dico subito che la risposta è sì!

Iniziamo col dire che l’articolo 5 della legge n. 53 del 2000 “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”, titolato proprio “congedi per la formazione”, prevede che:“1. Ferme restando le vigenti disposizioni relative al diritto allo studio di cui all’articolo 10 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (per approfondire leggi qui!), i dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati, che abbiano almeno cinque anni di anzianità di servizio presso la stessa azienda o amministrazione, possono richiedere una sospensione del rapporto di lavoro per congedi per la formazione per un periodo non superiore ad undici mesi, continuativo o frazionato, nell’arco dell’intera vita lavorativa. 2. Per «congedo per la formazione» si intende quello finalizzato al completamento della scuola dell’obbligo, al conseguimento del titolo di studio di secondo grado, del diploma universitario o di laurea, alla partecipazione ad attività formative diverse da quelle poste in essere o finanziate dal datore di lavoro. 3. Durante il periodo di congedo per la formazione il dipendente conserva il posto di lavoro e non ha diritto alla retribuzione. Tale periodo non è computabile nell’anzianità di servizio e non è cumulabile con le ferie, con la malattia e con altri congedi. Una grave e documentata infermità, individuata sulla base dei criteri stabiliti dal medesimo decreto di cui all’articolo 4, comma 4, intervenuta durante il periodo di congedo, di cui sia data comunicazione scritta al datore di lavoro, dà luogo ad interruzione del congedo medesimo. 4. Il datore di lavoro può non accogliere la richiesta di congedo per la formazione ovvero può differirne l’accoglimento nel caso di comprovate esigenze organizzative. I contratti collettivi prevedono le modalità di fruizione del congedo stesso, individuano le percentuali massime dei lavoratori che possono avvalersene, disciplinano le ipotesi di differimento o di diniego all’esercizio di tale facoltà e fissano i termini del preavviso, che comunque non può essere inferiore a trenta giorni. 5. Il lavoratore può procedere al riscatto del periodo di cui al presente articolo, ovvero al versamento dei relativi contributi, calcolati secondo i criteri della prosecuzione volontaria”.

Tanto premesso a livello generale, sappiate che per Esercito, Marina e Aeronautica [1] tale disposizione è stata ripresa dall’articolo 15 del D.P.R. n. 52 del 2009 “Recepimento del provvedimento di concertazione per le Forze armate […]” che ha ribadito che “[…] 5. Il personale con almeno cinque anni di anzianità di servizio maturati presso la stessa Amministrazione può usufruire del congedo per la formazione di cui all’articolo 5 della legge 8 marzo 2000, n. 53, per un periodo non superiore a undici mesi, continuativo o frazionato, nell’arco dell’intera vita lavorativa. Tale congedo è autorizzato con provvedimento del Comandante di corpo. 6. Il congedo per la formazione è finalizzato al completamento della scuola dell’obbligo, al conseguimento del titolo di studio di secondo grado, del diploma universitario o di laurea, alla partecipazione ad attività formative diverse da quelle poste in essere o finanziate dall’Amministrazione. 7. Il personale che fruisce del congedo per la formazione viene collocato in aspettativa, oltre i limiti vigenti, senza assegni. 8. Il personale che può avvalersi di tale beneficio non può superare il 3 per cento della forza effettiva complessiva. 9. Il personale che intende avvalersi del congedo per la formazione deve presentare istanza almeno sessanta giorni prima dell’inizio della fruizione del congedo. 10. Il congedo per la formazione può essere differito con provvedimento motivato per improrogabili esigenze di servizio e non può essere concesso in caso di impiego in missioni umanitarie e di pace”.

Ricapitolando, ricordate quindi che il congedo per la formazione:

  • è riservato al personale che ha maturato almeno 5 anni di anzianità di servizio;
  • può essere fruito, al massimo, per 11 mesi totali (anche frazionati) nell’intera vita lavorativa;
  • è “senza assegni” e cioè, durante la relativa fruizione, non si ha diritto ad alcuna retribuzione;
  • viene autorizzato dal Comandante di corpo. Ciò comunque non esclude che possa essere necessario il “nulla osta” di Autorità militari superiori … informatevi presso il vostro Ufficio personale perché la cosa varia da Forza Armata a Forza Armata;
  • comporta detrazioni di anzianità;
  • non può essere concesso se già ne usufruisce più del 3% del personale in forza all’Ente;
  • va richiesto con almeno 60 giorni di anticipo;
  • può essere differito per improrogabili esigenze di servizio;
  • non può essere concesso in caso di impiego in operazioni umanitarie o di pace.

Penso che a questo punto abbiate tutte le informazioni che vi servono, non mi resta quindi che salutarvi … ad maiora!

TCGC

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[1]: per Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza il riferimento normativo da prendere in considerazione è l’articolo 57 del D.P.R. n. 164 del 2002.

LA “RISERVA SELEZIONATA” DELLE FORZE ARMATE

Un lettore mi ha chiesto informazioni in merito alla cosiddetta “Riserva selezionata”. Ebbene … non possiamo però affrontare l’argomento senza fare una piccola introduzione su cosa siano le Forze di completamento, di cui la “Riserva selezionata” è una componente. Beh, iniziamo quindi col dire che con il riordino dello strumento militare secondo il modello professionale, sono state create le Forze di completamento che consistono in un bacino di personale in congedo (delle categorie Ufficiali, Sottufficiali e Militari di Truppa) da cui è possibile attingere, in tempo di pace, per “completare” (appunto!) l’organico delle Unità delle Forze Armate. Ovviamente, si entra volontariamente a far parte delle Forze di completamento e, quindi, solo dopo aver dato la propria disponibilità e formalizzato il proprio consenso, si può essere richiamati in servizio secondo quando previsto dal Decreto legislativo n. 66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare” (cosiddetto COM) agli articoli 987 [1] (per gli Ufficiali) e 988 [2] (per Sottufficiali e Militari di Truppa).

Tanto premesso, sappiate che nell’ambito delle Forze di completamento, è stato poi avviato il progetto della “Riserva selezionata” [3] che consiste in un ulteriore bacino di personale in possesso di particolari “professionalità” per sopperire ad eventuali carenze organiche da ripianare nell’ambito di operazioni militari all’estero ovvero per esigenze addestrative, logistiche o operative in Italia. Preciso che la “Riserva selezionata” è alimentata esclusivamente da Ufficiali di complemento in congedo e da professionisti provenienti dalla vita civile come medici, avvocati, psicologi, ingegneri, architetti, sociologi eccetera.

ITER SELETTIVO

Una volta presentato domanda, nel caso in cui la Forza Armata ritenga che la “professionalità” posseduta dall’aspirante sia di possibile interesse, si può [4] essere:

  • richiamati in servizio (per gli Ufficiali di complemento in congedo);
  • avviati all’iter valutativo [5] per l’eventuale nomina a Ufficiale, conferimento del grado e conseguente richiamo in servizio (per i professionisti provenienti dalla vita civile).

Ovviamente, per essere nominati Ufficiali della Riserva selezionata:

  • bisogna possedere i requisiti generali per il reclutamento nelle Forze Armate (per approfondire leggi qui!);
  • essere idonei dal punto di vista fisico (avere cioè l’idoneità al servizio militare incondizionato) e psico-attitudinale;
  • non aver superato i limiti di età previsti per gli Ufficiali di complemento [6].

CONFERIMENTO DEL GRADO

Agli Ufficiali della “Riserva selezionata” (siano essi Ufficiali di complemento in congedo o professionisti provenienti dalla vita civile) può essere conferito un grado che va da Sottotenente a Tenente Colonnello (da Guardiamarina a Capitano di Fregata per la Marina Militare) sulla base delle tabelle allegate al Decreto del Ministro della Difesa del 15 novembre 2004 “Ferme e requisiti fisici e attitudinali degli ufficiali delle Forze di Complemento e procedura per la nomina a ufficiale di complemento[7] che prendono in considerazione età, titolo di studio nonché ulteriori “requisiti”. A titolo esemplificativo, considerate che per essere nominato:

  • Tenente Colonnello dell’Esercito dell’“Area operativa” è necessario avere un’età minima di 46 anni, essere in possesso di un dottorato di ricerca ovvero di un diploma di specializzazione, nonché “godere di fama indiscussa in materie attinenti alle professionalità di interesse della F.A.[8];
  • Tenente di Vascello della Marina Militare dell’“Area stato maggiore” è necessario avere un’età minima di 36 anni, essere in possesso di una laurea magistrale ovvero dell’“abilitazione di Ufficiale di navigazione”, nonché “possedere comprovata alta competenza in discipline militari o tecniche ovvero aver compiuto 6 anni di imbarco, di cui almeno 2 in comando di navi mercantili, oppure l0 anni di imbarco, di cui almeno 2 come comandante in 2^ (primo ufficiale) sempre su navi mercantili[9].

STATUS GIURIDICO

Ai sensi dell’articolo 874 e seguenti del Codice dell’ordinamento militare (COM), il personale della “Riserva selezionata” acquisisce con il richiamo lo status giuridico di “militare in servizio temporaneo” nella posizione di “servizio temporaneo alle armi” con il medesimo trattamento economico dei parigrado in servizio permanente effettivo [10].

CONSERVAZIONE DEL POSTO DI LAVORO

L’articolo 990 del COM, titolato proprio “Conservazione del posto di lavoro”, prevede al riguardo che “il richiamo alle armi per qualunque esigenza delle Forze armate dei dipendenti di pubbliche amministrazioni, sospende il rapporto di lavoro per tutto il periodo del richiamo stesso e il predetto personale ha diritto alla conservazione del posto. Il tempo trascorso in servizio militare da richiamato e fino alla presentazione per riprendere il posto di lavoro è computato agli effetti dell’anzianità di servizio. 2. Per i rapporti di lavoro dei prestatori d’opera i quali, all’atto del richiamo alle armi per qualunque esigenza delle Forze armate, sono alle dipendenze di un privato datore di lavoro si applica la disposizione del comma 2 dell’art. 2111 del codice civile, in relazione ai commi 1 e 3 dell’art. 2110 dello stesso codice. 3. Alla fine del richiamo, il lavoratore deve porsi a disposizione del datore di lavoro per riprendere la sua occupazione, entro il termine di cinque giorni, se il richiamo ha avuto durata non superiore a un mese, di otto giorni se ha avuto durata superiore a un mese ma non a sei mesi, di quindici giorni se ha avuto durata superiore a sei mesi. 4. Il lavoratore, salvo il caso di cui al comma 1 dell’art. 2119 del codice civile, non può essere licenziato prima di tre mesi dalla ripresa della occupazione. 5. Nel caso che, senza giustificato impedimento, il lavoratore non si ponga a disposizione del datore di lavoro nei termini sopra indicati, è considerato dimissionario. 6. Rimangono salve le condizioni più favorevoli ai lavoratori contenute nei contratti di lavoro. 7. Le norme previste dal presente articolo sono applicate anche ai trattenuti alle armi. 8. Le violazioni delle disposizioni del presente articolo sono punite con la sanzione amministrativa da euro 103,29 a euro 516,46. Se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori si applica la sanzione amministrativa da euro 154,94 a euro 1.032,91. Non è ammesso il pagamento in misura ridotta. 9. La vigilanza per l’applicazione delle norme del presente articolo è esercitata dagli ispettori del lavoro”.

Tanto detto a livello generale, se siete realmente interessati a entrare nella “Riserva selezionata” informatevi sui siti web istituzionali delle Forze Armate dove troverete tutte le informazioni di dettaglio per fare domanda. Non mi resta quindi che salutarvi facendovi un grosso in bocca al lupo, ad maiora!

TCGC

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[1]: art. 987 del COM – Ufficiali delle forze di completamento:“1. In relazione alla necessità di disporre di adeguate forze di completamento, con specifico riferimento alle esigenze correlate con le missioni all’estero ovvero con le attività addestrative, operative e logistiche sia sul territorio nazionale sia all’estero, gli ufficiali di complemento o in ferma prefissata, su proposta dei rispettivi Stati maggiori o Comandi generali e previo consenso degli interessati, possono essere richiamati in servizio con il grado e l’anzianità posseduta e ammessi a una ferma non superiore a un anno, rinnovabile a domanda dell’interessato per non più di una volta, al termine della quale sono collocati in congedo. 2. Con decreto del Ministro della difesa sono definite in relazione alle specifiche esigenze di ciascuna Forza armata: a) le modalità per l’individuazione delle ferme e della loro eventuale estensione nell’ambito del limite massimo di cui al comma 1; b) i requisiti fisici e attitudinali richiesti ai fini dell’esercizio delle mansioni previste per gli ufficiali chiamati o richiamati in servizio. Gli ordinamenti di ciascuna Forza armata individuano gli eventuali specifici requisiti richiesti, anche relativamente alle rispettive articolazioni interne”.

[2]: art. 988 del COM – Richiami in servizio nelle forze di completamento:“1. In relazione alla necessità di disporre permanentemente, per le esigenze di cui all’articolo 1929, comma 2, di personale in congedo adeguatamente addestrato, allo scopo di garantire la funzionalità e l’operatività dei comandi, degli enti e delle unità, nonché la loro alimentazione, possono essere richiamati in servizio, su base volontaria e a tempo determinato non superiore a un anno, i militari in congedo delle categorie dei sottufficiali, dei militari di truppa in servizio di leva, dei volontari in ferma annuale e dei volontari in ferma breve, in ferma prefissata e in servizio permanente. Tale personale, inserito nelle forze di completamento, è impiegato in attività addestrative, operative e logistiche sia sul territorio nazionale sia all’estero. 2. Ai militari richiamati delle categorie dei sottufficiali e dei volontari in servizio permanente è attribuito lo stato giuridico e il trattamento economico dei pari grado in servizio. 3. Ai militari richiamati delle categorie dei militari di truppa in servizio di leva, dei volontari in ferma annuale e dei volontari in ferma prefissata di un anno sono attribuiti lo stato giuridico e il trattamento economico dei pari grado appartenenti ai volontari in ferma prefissata di un anno. Ai militari richiamati delle categorie dei volontari in ferma breve e in ferma prefissata di quattro anni sono attribuiti lo stato giuridico e il trattamento economico dei pari grado appartenenti ai volontari in ferma prefissata di quattro anni. In ogni caso, i richiamati non possono essere inquadrati con grado superiore rispetto a quello apicale previsto per la stessa categoria d’inquadramento. Lo stato giuridico attribuito durante il periodo di richiamo non ha effetti per l’avanzamento al grado superiore, né ai fini della partecipazione ai concorsi per volontario in ferma prefissata quadriennale, per il reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze di polizia a ordinamento civile e militare e a quelli per l’accesso al servizio permanente. 4. Con uno o più decreti del Ministro della difesa sono definiti, in relazione alle specifiche esigenze delle Forze armate, i requisiti richiesti ai fini del richiamo in servizio, la durata massima delle ferme e l’eventuale relativo prolungamento, nonché le modalità di cessazione anticipata dal vincolo temporaneo di servizio”.

[3]: la “Riserva selezionata” apparve in Italia con il cosiddetto Decreto “Marconi” (Regio Decreto n. 819 del 1932). Inizialmente pensata per la sola Regia Marina (e consentire, tra gli altri, proprio a Guglielmo Marconi di entrare a farvi parte), venne poi estesa a tutte le Forze Armate solo verso la fine degli anni ’90 con il Decreto Legislativo 490 del 1997.

[4]: si può essere chiamati, ma non si deve! Ciò significa che la Forza Armata non è in alcun modo obbligata a richiamare in servizio chi è in possesso dei requisiti. Per quanto riguarda i requisiti, inoltre, consiglio di leggere quanto previsto dal Decreto del Ministro della Difesa del 15 novembre 2004 “Ferme e requisiti fisici e attitudinali degli ufficiali delle Forze di Complemento e procedura per la nomina a ufficiale di complemento”, con particolare riguardo agli artt. 3 e 5:

Art. 3 – Requisiti per il richiamo in servizio. 1. All’atto del richiamo il personale di cui all’articolo 1 deve:

  1. aver sottoscritto il consenso al richiamo;
  2. avere un’età che gli consenta di ultimare la ferma da contrarre in data antecedente a quella prevista per il collocamento nella riserva di complemento;
  3. se ha già prestato servizio in qualità di ufficiale ausiliario o richiamato, aver riportato nell’ultimo documento caratteristico una qualifica finale non inferiore a “superiore alla media”, se valutato con scheda valutativa, ovvero un giudizio favorevole, se valutato con rapporto informativo;
  4. non aver riportato condanne penali e non avere procedimenti penali in corso per delitti non colposi;
  5. sottoscrivere il consenso ad essere impiegato in attività operative, addestrative o logistiche anche fuori dal territorio nazionale;
  6. essere in possesso dell’idoneità psico-fisica al servizio militare in relazione all’età, al grado, al corpo, al ruolo e alla specialità di appartenenza […].

Art. 5 – Requisiti per la nomina ad ufficiale di complemento ai sensi dell’articolo 4 del regio decreto 16 maggio 1932, n.819. 1. Ai fini del conferimento della nomina ad ufficiale di complemento dell’Esercito, della Marina o dell’Aeronautica ai sensi dell’articolo 4 del regio decreto 16 maggio 1932, n.819, i soggetti interessati debbono:

  1. possedere i requisiti previsti dall’articolo 25, comma 6, del decreto legislativo 8 maggio 2001, n.215, dall’articolo 3, lettera “d” del presente decreto e dalle tabelle allegate in relazione al corpo, al ruolo e alla Forza armata di appartenenza;
  2. non essere stati dichiarati obiettori di coscienza ovvero ammessi a prestare servizio civile ai sensi della legge 8 luglio 1998, 230, se appartenenti a classe interessata alla chiamata di leva;
  3. possedere i requisiti di moralità e condotta stabiliti dall’articolo 26 della legge 1° febbraio 1989, 53, e successive modificazioni.
  4. Il Capo di stato maggiore di Forza armata propone alla Commissione ordinaria di avanzamento l’elenco nominativo dei soggetti che possano dare ampio affidamento di prestare opera proficua alla Forza armata.
  5. La Commissione ordinaria di avanzamento stabilisce, in relazione alle particolari esigenze manifestate dallo Stato maggiore di Forza armata, il grado ed il ruolo attribuibile al soggetto che aspira alla nomina ad ufficiale, in base ai requisiti previsti dalle tabelle allegate […]”.

[5]: art. 674 del COM – Conferimento diretto del grado di ufficiale di complemento:“1. La nomina a ufficiale di complemento, senza concorso e in via eccezionale, può essere conferita ai cittadini italiani in possesso di spiccata professionalità che danno ampio affidamento di prestare opera proficua nelle Forze armate. 2. Può essere conferito senza concorso il grado di tenente colonnello di complemento o corrispondente ai cittadini che godono di fama indiscussa in materie attinenti ai servizi delle Forze armate. 3. Per comprovata alta competenza in discipline nautiche, aeronautiche o tecniche, da valutarsi caso per caso, nelle nomine di cui al comma 1 si può prescindere anche dal prescritto titolo di studio, salvo che per la nomina a ufficiale di complemento nei corpi sanitari o nel comparto sanitario del ruolo tecnico dell’Arma dei carabinieri. 4. La nomina è conferita previo giudizio della competente commissione ordinaria d’avanzamento, che stabilisce il grado e il ruolo d’assegnazione, sentiti i rispettivi Capi di stato maggiore o Comandante generale. 5. Con decreto del Ministro della difesa sono individuate in relazione alle specifiche esigenze di ciascuna Forza armata: a) le professionalità e i gradi conferibili, ai sensi del presente articolo; b) le procedure da seguirsi; c) gli eventuali ulteriori requisiti per la nomina”.

[6]: art. 1000 del COM – Cessazione dell’appartenenza al complemento:“1. L’ufficiale cessa di appartenere alla categoria di complemento ed è collocato nella riserva di complemento quando raggiunge i seguenti limiti di età:

a. Esercito italiano: 55 anni;

b. Marina militare: 55 anni;

c. Aeronautica militare: 1) ruolo naviganti: 1.1) ufficiali inferiori: 45 anni; 1.2) ufficiali superiori: 52 anni; 2) tutti gli altri ruoli: 55 anni;

d. Arma dei carabinieri: sottotenenti e tenenti: 45 anni; capitani: 48 anni; ufficiali superiori: 54 anni […]”.

[7]: e per la sola Marina Militare Decreto del Ministro della Difesa del 15 marzo 2019 “Modifica della tabella B: Marina, allegata al decreto del Ministro della difesa 15 novembre 2004, in materia di requisiti per il conferimento del grado agli ufficiali di complemento e di modalità per l’individuazione delle ferme e dei requisiti per gli ufficiali delle forze di complemento dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica”.

[8]: Tabella “A”: ESERCITO – Quadro: I allegata al Decreto del Ministro della Difesa del 15 novembre 2004 “Ferme e requisiti fisici e attitudinali degli ufficiali delle Forze di Complemento e procedura per la nomina a ufficiale di complemento”.

[9]: Tabella “B”: MARINA – Quadro: I allegata al Decreto del Ministro della Difesa del 15 marzo 2019 “Modifica della tabella B: Marina, allegata al decreto del Ministro della difesa 15 novembre 2004, in materia di requisiti per il conferimento del grado agli ufficiali di complemento e di modalità per l’individuazione delle ferme e dei requisiti per gli ufficiali delle forze di complemento dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica”.

[10]: al termine della ferma gli Ufficiali della “Riserva selezionata” vengono collocati nella categoria dei “militari in congedo” nella posizione del “complemento”.

LA “SPECIFICITÀ MILITARE”

Un collega mi chiede cosa si intenda esattamente per “specificità militare” e, soprattutto, in quale legge o regolamento tale concetto venga trattato. Ebbene … iniziamo col dire che la “specificità militare”:

Tanto premesso, sappiate che alla “specificità militare” è stato dedicato l’articolo 19 della legge n. 183 del 2010, titolato proprio “specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”, che prevede quanto segue:“1. Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell’ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti. 2. La disciplina attuativa dei principi e degli indirizzi di cui al comma 1 è definita con successivi provvedimenti legislativi, con i quali si provvede altresì a stanziare le occorrenti risorse finanziarie”.

Come avete sicuramente notato, si tratta di una legge “programmatica” che, in quanto tale, non contiene alcun precetto di immediata applicabilità … mi spiego meglio e non me ne vogliano i colleghi giuristi perché questo post non è proprio stato scritto per loro … non si tratta cioè di una legge che contiene in se tutti gli elementi che le consentono di poter essere immediatamente applicata (come avviene per le leggi cosiddette “precettive” [2] ): consta difatti nella mera enunciazione di un principio generale (cioè di un valore, com’è la “specificità militare” appunto!) e di un conseguente indirizzo programmatico … detto altrimenti, fornisce a Parlamento e Governo delle linee guida a cui questi dovranno in futuro conformarsi (cioè nell’emanazione delle leggi per il primo e dei regolamenti, dei decreti o dei singoli provvedimenti per il secondo). Ecco perché tale norma è stata ripresa nelle disposizioni generali sul personale militare del Decreto legislativo n. 66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare (cosiddetto COM) nei termini che seguono:“al personale militare si applicano i principi e gli indirizzi di cui all’articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183, nonché le disposizioni contenute nel presente codice” (articolo 625 del COM).

Se siete arrivati a leggere fin qui significa che avete elementi sufficienti per inquadrare la questione … non mi resta quindi che salutarvi, ad maiora!

TCGC

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[1]: l’uguaglianza in senso sostanziale, secondo la dottrina costituzionalistica, comporta difatti che situazioni uguali vengano trattate in modo uguale, ma anche che situazioni diverse vengano trattate in modo diverso. A titolo esemplificativo cito il Prof. Franco MODUGNO, Professore emerito di diritto costituzionale presso la Sapienza Università di Roma , che affronta la questione afferma nei termini che seguono: “[…] che la legge debba garantire sempre e indifferenziatamente un trattamento paritario per tutti è un non senso. Ricordo che un mio grande Maestro, Carlo Esposito, ammoniva che «un diritto che non distinguesse situazione da situazione, e considerasse eguali tutte le situazioni, non sarebbe un diritto difficilmente pensabile, ma sarebbe un diritto impensabile, perché non disporrebbe niente» (Eguaglianza e giustizia nell’art. 3 della Costituzione, in La Costituzione italiana, Saggi, Padova, 1954, p. 26). La legge deve essere, pertanto, ugualmente differenziata, ossia deve trattare in modo uguale situazioni uguali ed in modo diverso situazioni ragionevolmente diverse […]” (“Breve discorso intorno all’uguaglianza. Studio di una casistica: i minori e i nuovi media” di Franco MODUGNO in Osservatorio Costituzionale1/2014 edito dall’Associazione Italiana dei Costituzionalisti – per approfondire leggi qui!).

[2]: secondo il vocabolario Treccani, la norma precettiva è difatti “quella che, di per sé, contiene già un precetto, così che non vi è bisogno di ulteriori norme per la sua applicabilità” (per approfondire leggi qui!).

L’ORDINAMENTO GIURIDICO MILITARE

Da alcune delle vostre e-mail ho capito che molto spesso su www.avvocatomilitare.com vengono dati per scontati concetti che … ahimè … scontati non sono affatto! Ecco perché in questo post cercherò di partire dall’ABC o, meglio, dalla sola A! Spero di esser comprensibile … siate comunque certi che ci sto seriamente provando. Tanto premesso, prendiamo il toro per le corna e partiamo provando a dare una risposta alla seguente domanda: che cos’è un ordinamento giuridico? … non me ne vogliano i colleghi giuristi ma quanto segue non è stato proprio scritto per loro!

Beh, iniziamo col pensare a un orologio meccanico e a come sia fatto … bene … vediamo ad occhio che è formato da un quadrante, delle lancette e poi rotelle, rotelline, molle, vitarelle e tanti alti elementi che tutti insieme gli permettono di funzionare e farci sapere esattamente che ora è. Ebbene, anche l’ordinamento giuridico è sostanzialmente una meccanismo composto da tantissimi elementi: certamente non è fatto di plastica o metallo come un orologio, ma al pari di quest’ultimo è comunque composto da molti ingranaggi e meccanismi … ovvero da ciò che noi chiamiamo “norme” e cioè da elementi giuridici che sono gli uni in rapporto agli altri, organizzati e ordinatamente combinati … questo almeno teoricamente!

La norma “giuridica [1]” (cioè l’elemento base di ogni ordinamento giuridico) è una regola di condotta socialmente garantita, poiché è la società stessa che ne assicura rispetto – la “garantisce” appunto – con una sanzione, ovvero attraverso quella che è la conseguenza negativa cui si va incontro se non si rispetta la norma. L’ordinamento giuridico, quindi, altro non è se non l’insieme di tutte queste norme giuridiche e svolge la basilare funzione di disciplinare e dirigere (la parola “diritto” deriva proprio dal verbo latino directus, participio perfetto di dirigere, appunto!) l’organizzazione e il funzionamento di tutta la società e, all’interno di questa, la vita dei singoli consociati … la nostra vita insomma! L’ordinamento giuridico disegna quindi la realtà per come noi la conosciamo poiché, oltre a dirci cosa possiamo o non possiamo fare, crea le istituzioni che operano al suo interno disciplinandone il funzionamento. Immaginate, ad esempio, cosa sarebbe una istituzione come l’Esercito senza le norme che lo hanno creato, ne legittimano l’esistenza e ne regolano, giorno dopo giorno, il funzionamento? Credo proprio che sarebbe null’altro se non un’accozzaglia di uomini senza ordine e disciplina, né più né meno di banda di persone armate … un qualcosa di assolutamente caotico e disordinato!

Tanto premesso, addentrandoci più a fondo nel problema … possiamo iniziare a dire, in via di estrema approssimazione, che l’ordinamento giuridico (generale) è l’insieme di tutte le norme giuridiche che si riferiscono ad un dato gruppo sociale, delineandone quindi il complessivo assetto giuridico. Resta da capire bene a cosa serva esattamente nella pratica … beh, l’ordinamento giuridico assolve in linea di principio i seguenti compiti fondamentali:

  • in primo luogo, quello di riconoscere [2] o istituire [3], individuare cioè “dare soggettività” ai vari soggetti che ne faranno parte, in altre parole i “giocatori” che, a vario titolo, agiranno al suo interno, dandogli vita (persone, istituzioni, società eccetera);
  • successivamente, quello di disciplinare e regolare la vita del gruppo sociale, dirimendo i conflitti che fisiologicamente insorgono tra i vari soggetti, in modo da garantire l’ordine e il corretto funzionamento generale.

L’esistenza dell’ordinamento giuridico generale non esclude di per sé l’esistenza al suo interno di ordinamenti giuridici da questo “derivati” che, per diversi motivi, possono avere caratteristiche proprie ed una specifica normazione di settore com’è, ad esempio, l’ordinamento giuridico militare. È la Carta costituzionale stessa che riconosce implicitamente l’ordinamento giuridico militare: basti pensare che l’articolo 52, comma 3, della Costituzione stabilendo che “l’ordinamento delle Forze Armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”, presuppone infatti l’esistenza di un ordinamento giuridico generale “superiore” all’interno del quale è inserito quello militare. La Costituzione, peraltro, ha rappresentato negli anni il “raccordo” tra mondo militare e mondo civile: fino a qualche decennio fa, infatti, si considerava la normativa militare (soprattutto in ambito disciplinare – per approfondire leggi qui!) una realtà a sé rispetto a quella disegnata dalla Costituzione … cioè totalmente scollegata dall’ordinamento giuridico generale.

L’ordinamento giuridico militare è quindi quel particolare ordinamento giuridico (derivato e speciale) che fa capo ad un gruppo di soggetti individuati in virtù del particolare status [4] posseduto lo status militare appunto (per approfondire leggi qui!) – in considerazione delle peculiari funzioni che questi sono chiamati a svolgere: il militare, appartiene infatti a quella categoria di cittadini che, in quanto appartenenti alle Forze Armate, prestano il proprio servizio a difesa della Patria (altro importante argomento cui è stato dedicato un post – per approfondire leggi qui!). Ma in cosa si differenziano esattamente le Forze Armate dagli altri strumenti di cui dispone lo Stato per garantire propria la sicurezza (come, ad esempio, la Polizia di Stato)? Beh, … proprio nell’ordinamento giuridico militare! Per una chiara scelta del legislatore, infatti, le Forze Armate si differenziano delle comuni Forze di polizia per il fatto di avere una legislazione speciale (quella militare, appunto!) nonché una propria giurisdizione (i Tribunali militari) e una propria specifica forza di Polizia (la Polizia militare).

Concludendo, mi permetto di aprire una parentesi su un problema che credo possa interessare: abbiamo parlato di legislazione comune (che si applica a tutti i cittadini) e di legislazione speciale militare (che si applica invece ai soli militari) … ma cosa succede se uno stesso caso concreto viene regolato in modo diverso da due o più differenti norme dell’ordinamento giuridico? Cosa accade cioè quando una norma dell’ordinamento giuridico generale entra in contrasto con una norma dell’ordinamento giuridico militare? Esistono diversi criteri di soluzione dei conflitti tra le norme:

  • criterio gerarchico – le norme e le regole che compongono l’ordinamento giuridico sono innanzi tutto organizzate in modo gerarchico: la norma che occupa una posizione gerarchica più alta prevale sulla norma in posizione più bassa. Semplificando al massimo, possiamo dire che all’apice dell’ordinamento c’è la Costituzione e poi, scendendo di livello, le leggi ordinarie, quindi i regolamenti, le sentenze [5], gli atti esecutivi e così via. Ovviamente le uniche norme realmente indipendenti sono quelle che si trovano al livello più alto (cioè le norme della Costituzione), perché la relativa esistenza o vigenza non deriva (cioè non dipende) da altre norme: nascono e rimangono indipendenti fino a quando non vengono eliminate o cambiate con procedimenti parlamentari molto complessi. Man mano che scendiamo di livello gerarchico, poi, l’esistenza e la validità di una norma va a dipendere da altre norme poste a livello gerarchico superiore come avviene per le leggi ordinarie (in rapporto alla Costituzione), le sentenze o i regolamenti (in rapporto Costituzione e alla legge ordinaria) e così via. In linea teorica, la legge non può andare contro la Costituzione [6], come una sentenza non può essere contraria alla Costituzione o alla legge [7].
  • criterio cronologico – in caso di conflitto, la norma più recente (posteriore) deroga la norma più vecchia (anteriore) di pari livello gerarchico. Tale criterio è abbastanza semplice e intuitivo da capire, quindi ne tralascerò i particolari;
  • criterio di specialità – tra due norme in conflitto, quella speciale prevale su quella generale di pari livello gerarchico. Questa eventualità si presenta spesso in ambito militare: il Codice dell’ordinamento militare (norma speciale) prevale sulla normativa che si applica a tutti i cittadini (norma generale). Pensate, ad esempio, a quello che accade se si considera la differente età pensionabile prevista per il comune lavoratore e per i militari: la normativa ordinaria sul pensionamento (norma generale) richiede al comune lavoratore dipendente il possesso di un’età pensionabile che normalmente è superiore a quella che invece è normalmente richiesta al militare (in virtù di una norma speciale).

Purtroppo, anche tali criteri possono entrare in conflitto tra loro … senza addentrarci in complicati discorsi possiamo affermare, in linea generale, che il criterio gerarchico prevale sia su quello cronologico che su quello di specialità [8]. Un po’ più complicato risulta invece il rapporto tra criterio cronologico e criterio di specialità, tanto che bisogna valutare cosa accade caso per caso: pensiamo ad una legge anteriore e speciale (che prevarrebbe in base al criterio di specialità) che confligge con una norma posteriore e generale (che prevarrebbe invece in base al criterio cronologico) … come ci si comporta in questi casi? La domanda che dovrebbe darci la risposta è la seguente: la norma posteriore prendeva in considerazione anche casi “speciali” e voleva magari regolarli in modo diverso? In caso affermativo prevarrà in linea di principio la norma posteriore e generale mentre, in caso negativo, prevarrà la norma anteriore e speciale. Come vedete la questione è assai complicata, quindi affidatevi sempre al vostro Avvocato di fiducia se dovete affrontare problemi di questo tipo … non azzardate mai, potreste andare incontro a spiacevoli conseguenze!

Se siete arrivati a legger fin qui significa che ho suscitato la vostra curiosità … e questa è una cosa più che positiva! Vi lascio quindi con un saluto … ad maiora!

TCGC

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[1]: chiariamo subito la differenza che corre con le c.d. norme sociali. Norma giuridica è, ad esempio, quella che impone a chiunque di risarcire il danno da fatto illecito (articolo 2043 c.c.) perché è la società stessa che ne assicura il rispetto. Diversamente, non è norma giuridica quella che impone – ad esempio – di trattare con gentilezza e rispetto le persone più anziane di noi: questa non è infatti garantita dalla società con alcuna sanzione e la sua eventuale violazione può incidere solo sul giudizio che può essere dato al trasgressore, gli si può dire ad esempio che è un maleducato … niente di più!

[2]: come, ad esempio, le persone cosiddette “fisiche”, cioè ognuno di noi.

[3]: come, ad esempio, le persone cosiddette “giuridiche”, ovvero le associazioni riconosciute, gli enti giuridici, le società, le amministrazioni pubbliche eccetera.

[4]: peculiare posizione del soggetto che rileva come presupposto di specifici diritti e doveri.

[5]: starete pensando: ma come? Una sentenza emessa da un giudice è una norma? Ebbene sì, se le norme nascono per comporre e risolvere i conflitti tra soggetti, la sentenza è quindi sostanzialmente una norma che regola un conflitto esistente tra due o più soggetti, proprio come una legge. Si differenzia però per il semplice fatto che vale solo per chi ha partecipato al processo. L’articolo 2909 del codice civile stabilisce al riguardo, infatti, che “l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa”, sostanzialmente al pari di una norma di legge.

[6]: altrimenti viene dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale ed eliminata.

[7]: non dimentichiamo che uno dei motivi di ricorso per Cassazione attiene proprio alla “violazione o falsa applicazione di norme di diritto”.

[8]: il motivo è intuitivo: la Costituzione, ad esempio, prevale sia su una legge ordinaria posteriore (criterio cronologico) che su una legge speciale (criterio di specialità). Pensiamo al Codice dell’ordinamento militare (COM) che, rispetto alla Costituzione, è sia una norma posteriore (la Costituzione è entrata in vigore nel 1948 mentre il COM nel 2010) che speciale (regola la materia militare che è “speciale” appunto); beh, è facile intuire che in caso di conflitto di una norma del COM con una norma della Costituzione, prevarrà quest’ultima in base al criterio gerarchico (la Costituzione è norma di rango superiore); in questo caso, sia il criterio cronologico che quello di specialità, quindi, “segneranno il passo” rispetto al criterio gerarchico!

LO STATUS MILITARE

Il particolare trattamento giuridico riservato ai militari è una evidenza vecchia quanto il mondo o, se non altro, da quando sono nati gli eserciti professionali. Nel corso dei secoli, infatti, si è tentato per diverse ragioni di “isolare” il cittadino in armi dal resto della società, formando dell’esercito una “casta” che potesse trarre la propria forza dallo spirito di corpo, in modo da poter garantire quell’efficienza cui deve naturalmente tendere lo strumento militare. Oggi come ieri, le Forze Armate sono quindi caratterizzate dal fatto di avere un proprio ordinamento giuridico che le regola dall’interno (definendo i rapporti tra i singoli militari, nonché tra questi e l’Amministrazione della Difesa), ne disciplina i rapporti con l’esterno (cioè con il mondo “civile”) e, ovviamente, qualifica e definisce il particolare status [1] posseduto dai suoi appartenenti [2]. Tale approccio, che oggi è espressione di una chiara presa di posizione del legislatore (cioè del Parlamento [3]), ha origini molto antiche che risalgono addirittura alla tradizione dell’esercito romano [4] [5]: l’esercito cittadino tipico della repubblica – o successivo del principatus – aveva infatti già elaborato buona parte di quel patrimonio etico-militare che, con tutte le differenze del caso, ha plasmato l’attuale realtà giuridica militare [6]. L’esercizio della professione militare rappresenta quindi, anche oggi, il presupposto per un regolamento giuridico “speciale” dell’interessi in gioco che, nel rispetto della Costituzione e del principio di legalità [7], trova giustificazione nel perseguimento del supremo interesse pubblico di difesa della Patria, attraverso la:

  • rapidità di azione, che deve necessariamente contraddistinguere lo strumento militare;
  • necessaria “snellezza” e “fluidità” che ne qualifica taluni specifici strumenti giuridici;
  • connotazione gerarchica che ne caratterizza l’organizzazione [8].

Da quanto precede, appare evidente come la “specialità” militare non rappresenta un privilegio, quanto la diretta espressione di esigenze di carattere essenzialmente pratico e funzionale, direttamente connesse al perseguimento dei fini istituzionali. Il privilegio [9] infatti, è ben altra cosa, cioè una situazione di vantaggio che la legge assicura a uno (o a pochi soggetti), a prescindere dal perseguimento di fini ulteriori [10].

A partire dal 1948, con l’emanazione della Carta costituzionale, hanno poi iniziato a confluire nel diritto militare i principi e i valori di cui essa è portatrice. La Costituzione repubblicana ha cioè ha “avvicinato” la condizione del militare a quella del comune cittadino, definendo (grazie soprattutto ai numerosi interventi della Corte costituzionale) l’ambito entro il quale (e con quali modalità) i singoli diritti costituzionali possano essere esercitati anche da chi serve la Patria “in armi” [11]. Il diritto “speciale” dei militari non può infatti essere avulso dal sistema generale delineato dalla Costituzione, perché il militare è un cittadino e l’organizzazione militare, con tutte le particolarità del caso, è un’articolazione dello Stato, all’interno del quale deve pertanto trovare una giusta e armoniosa collocazione. Ciò nonostante, molti interpreti continuano a dimostrarsi propensi ad una visione “tradizionalista” e superata della questione, soprattutto perché inclini a prediligere canoni interpretativi di matrice prettamente penalistica e amministrativa (soprattutto disciplinare) che poco hanno a che vedere con l’attuale lettura “costituzionalistica” che deve necessariamente essere data all’ordinamento giuridico militare. Il fenomeno giuridico militare non significa oggi solo efficienza e coesione interna da perseguirsi con il rigore e la disciplina o, quantomeno, non può più significare in assoluto solo questo. L’articolo 52, comma 3, della Costituzione, stabilendo che “l’ordinamento delle Forze Armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”, evidenzia chiaramente che ci sono altri elementi da prendere in considerazione. In caso contrario, si correrebbe seriamente il rischio di non prestare la dovuta attenzione a quegli strumenti giuridici che permettono di affrontare – con successo – le nuove sfide cui sono oggi chiamate le Forze Armate che vanno dalle missioni internazionali di pace o quelle a supporto delle Forze dell’ordine, ai più recenti scenari di guerra e pace cibernetica. Risulta evidente come si stia facendo riferimento a moderne realtà in cui si fondono i tradizionali concetti di difesa esterna e interna, rendendo molto fluido ed evanescente il confine tra le operazioni propriamente militari e quelle di mantenimento dell’ordine pubblico [12], in passato prerogativa delle sole Forze di polizia.

Quando parliamo di ordinamento giuridico militare, è intuitivo cogliere che questo sia un ordinamento di settore di cui fanno parte le norme che regolano il funzionamento e l’organizzazione delle Forze Armate. L’evanescenza, la frammentarietà e la disorganicità che lo contraddistinguono, rendono però molto complicato entrare nel merito delle singole questioni. Lo stesso Codice dell’ordinamento militare (decreto legislativo n. 66 del 2010 – c.d. COM) o il Testo Unico regolamentare sull’ordinamento militare (decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 – c.d. TUOM), pur avendo efficacemente iniziato ad “ordinare” la materia, troppo spesso non brillano per chiarezza, coerenza ed omogeneità [13]. Ciò nonostante, parlare di status militare non significa fare riferimento a qualcosa di etereo o di astratto, in altre parole, a concetti che attengono solo all’etica o alla morale: pensateci bene, lo status militis, comporta infatti anche precise e concrete implicazioni giuridiche che assoggettano il cittadino-militare ad una peculiare condizione giuridica, dalle importanti conseguenze pratiche come il possibile sacrificio taluni diritti costituzionali, nell’ambito della quale concetti quali autorità, obbedienza, spirito di corpo e sacrificio assumono comunque significati spesso incomprensibili per il resto della società “civile”.

TCGC

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[1]: particolare posizione del soggetto nell’ambito della società e che rileva come presupposto di specifici diritti e doveri.

[2]: il diritto militare è tecnicamente un diritto singolare (jus singulare, per dirla in termini latini) poiché presenta caratteri di eccezione, in quanto finalizzato al perseguimento di scopi particolari, e che va considerato “a parte” rispetto a al diritto che generalmente viene applicato a tutti i consociati (il cosiddetto jus commune). Pensate che in epoca romana, i militari arrivarono ad essere destinatari di un particolarissimo trattamento “speciale”: in alcuni periodi venne infatti stabilito che a loro non si applicasse il noto principio ignorantia juris non excusat ovverosia “la legge non ammette ignoranza”; vuoi per la loro semplicità (= simplicitas, da intendersi come completa assenza di qualsivoglia formazione giuridica), vuoi per la durezza della vita di guarnigione (= severitas castrorum), per loro la legge ammetteva quindi ignoranza!

[3]: la Costituzione, all’articolo 52 utilizza volutamente il termine “Forze Armate” in modo generico. Così facendo, lascia al Parlamento il compito di individuare quali Istituzioni ne facciano parte e, per tanto, siano assoggettate all’ordinamento militare. Per quanto attiene alla Polizia di Stato (almeno dall’entrata in vigore della legge n. 121 del 1981 che ne ha decretato la smilitarizzazione), ad esempio, chiara è stata la scelta politica del Legislatore di escluderla dall’applicazione della legge militare, garantendo conseguentemente ai relativi appartenenti un più completo esercizio dei diritti che la Costituzione riconosce.

[4]: nell’ambito dell’esercito arcaico, infatti, era impensabile una qualsivoglia regolamentazione militare, atteso che la prestazione militare era spontaneamente effettuata da gruppi interni alla comunità (spesso più simili a bande che a formazioni regolari) e da tali gruppi regolata in relazione agli interessi di volta in volta in gioco. Ciò nonostante, anche se il servizio militare veniva svolto per una sola campagna di guerra, la separazione dal mondo “civile” era molto evidente: il semplice fatto che l’arruolamento avvenisse al Campo Marzio, area esterna alle antiche mura di Roma dedicata al dio Marte (più o meno dove oggi di trova il Pantheon), simboleggia egregiamente l’abbandono dello status di cives e l’acquisto di quello di miles.

[5]: la stessa spiritualità che permea oggi l’etica militare con il culto dei Santi protettori, trae spunto dalla stessa tradizione dell’esercito romano: pensate che, a prescindere di vari dei adorati, nel II secolo dopo Cristo lo stesso spirito della “disciplina militare” divenne oggetto di culto tra i legionari, sulla base delle parole e delle formule che, una volta arruolati, si pronunciavano solennemente in occasione del giuramento (il c.d. sacramentum).

[6]: alcuni commentatori hanno però evidenziato l’inconciliabilità di tale approccio con le moderne esperienze militari “di popolo” come, ad esempio, quella della rivoluzione francese o, per rimanere nell’esperienza italiana, dell’esercito di leva repubblicano. In tale contesto, è però innegabile che sia la disciplina di un esercito professionale, sia l’autodisciplina (c.d. disciplina consapevole) caratteristica di un esercito di popolo non possano comunque prescindere da una legislazione “speciale”.

[7]: principio fondamentale secondo il quale ogni articolazione dello Stato, e quindi anche le Forze Armate, devono agire nel rispetto della legge.

[8]: la situazione si complica se si considera poi che alcune disposizioni trovano applicazione in considerazione dello stato di belligeranza o meno, mentre altre prescindono invece dallo stato di pace o di guerra in cui si trova la Nazione.

[9]: tutto appare più chiaro se si considera l’etimologia della parola: privilegio deriva infatti dal latino privilegium, (composto di privus = solo, singolo e ligium che ha la stessa radice di lex, legis = legge) che significa legge fatta per il singolo, cioè disposizione che riguarda un singolo soggetto.

[10]: e che, come acutamente rilevato da alcuni commentatori, è generalmente priva dei caratteri di “generalità” e “astrattezza” che contraddistinguono invece le norme giuridiche che compongono l’ordinamento giuridico militare. Non dimentichiamo, infatti, che la generalità e l’astrattezza sono le caratteristiche fondamentali di ogni norma giuridica che, infatti, è:

  • generale, poiché rivolta ad una serie indefinita di soggetti;
  • astratta, in quanto non prende in considerazione un fatto concreto ma una serie ipotetica di fatti (astratti).

Per chiarire il concetto pensiamo a una sentenza (che non è né generale né, soprattutto, astratta) nella quale il giudice ha di fronte due soggetti e che gli hanno chiesto di regolare un conflitto tra loro. Come fa? Prende la norma da applicare al caso, gli toglie il requisito della generalità (la applica infatti a soggetti ben definiti, ovverosia alle parti del processo) e dell’astrattezza (prende in considerazione un fatto realmente accaduto, cioè concreto, e non astratto) e sentenzia chi ha ragione e chi torto.

[11]: non dimentichiamo che il principio di uguaglianza sancito l’articolo 3 della Costituzione ha come logico corollario il fatto che situazioni diverse debbano necessariamente essere disciplinate in modo diverso. Tale evidenza, per quanto attiene quantomeno alla condizione militare, deve essere però sempre trovare ragione nella tutela di un bene superiore qual è, ad esempio, l’interesse pubblico alla sicurezza dello Stato e della collettività.

[12]: chiara conseguenza di questa evoluzione delle attività militari risiede nel fatto che le Forze Armate utilizzano strumenti giuridici differenti in relazione alle missioni via via svolte. Mi spiego meglio, se nelle operazioni militari tradizionali esse possono legalmente utilizzare la propria forza fino ad arrivare al legittimo annientamento fisico del nemico (peraltro, senza grossi problemi), nelle operazioni diverse dalla guerra (ora diventate la normalità per i reparti operativi) l’uso della forza è minuziosamente predeterminato e limitato dalle cosiddette regole d’ingaggio, stabilite volta per volta in relazione al compito assegnato.

[13]: ricordiamoci che sia nel COM che nel TUOM sono confluite una miriade di fonti differenti, cioè leggi e regolamenti emanati negli anni da organi differenti, in diversi periodi storici, e quindi assolutamente non coordinati tra loro.