L’INDENNITÀ DI BUONUSCITA CHE SPETTA AL PERSONALE MILITARE CHE LASCIA IL SERVIZIO È UN TRATTAMENTO DI FINE SERVIZIO (TFS) O UN TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO (TFR)?

Sono giorni che mi viene chiesto con insistenza se a noi militari spetti il Trattamento di Fine Servizio (TFS) o il Trattamento di Fine Rapporto (TFR)? Beh, semplice, a noi militari spetta il l’“Indennità di buonuscita” che è sostanzialmente un TFS! Tale prestazione previdenziale spetta ancora ai dipendenti pubblici assunti prima del 1° gennaio 2000 ed al personale di “diritto pubblico” ovverosia magistrati, diplomatici, personale della carriera prefettizia, professori e ricercatori universitari, nonché militari, personale delle Forze di Polizia e dei Vigili del Fuoco eccetera [1].

Tanto premesso, in cosa il TFS differisce dal TFR e, soprattutto, qual è il trattamento economicamente più vantaggioso? Iniziamo col dire che:

  1. l’articolo 3 del D.P.R. 1032 del 1973 titolato “Approvazione del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato”, disciplina il Trattamento di Fine Servizio (TFS) nella parte in cui prevede che il militare “che cessi dal servizio per qualunque causa, consegue il diritto alla indennità di buonuscita […]. L’indennità è pari a tanti dodicesimi della base contributiva di cui all’art. 38 [2] quanti sono gli anni di servizio […]. Per la determinazione della base contributiva, ai fini dell’applicazione del comma precedente, si considera l’ultimo stipendio o l’ultima paga o retribuzione integralmente percepiti; la stessa norma vale per gli assegni che concorrono a costituire la base contributiva […]”;
  2. l’articolo 2120 del codice civile (la cui applicazione è stata estesa, a partire dal 1995, a quasi tutti i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, ma non ai militari!), titolato “disciplina del trattamento di fine rapporto”, regola il Trattamento di Fine Rapporto (TFR):“in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto a un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni […]” (articolo 2120 del codice civile).

È evidente come il TFS sia molto più vantaggioso del TFR perché:

  • l’importo del TFS si ottiene sostanzialmente moltiplicando 1/12 dell’80% dell’ultima retribuzione annua lorda percepita (si prende quindi in considerazione la retribuzione massima percepita durante l’intera carriera, l’ultima appunto!) per il numero degli anni di servizio;
  • l’importo del TFR, invece, si ottiene grossomodo sommando la quota di retribuzione accantonata per ogni singolo anno lavorato. Se non avete idea di quale sia la quota esatta di retribuzione accantonata e solo per darvi un’idea estremamente approssimativa dell’ammontare, fate così: sommate per ogni singolo anno lavorato la cifra che si ottiene dividendo l’ammontare della retribuzione annua percepita per 13,5 (che è il coefficiente massimo di quota TFR previsto all’articolo 2120 del codice civile).

Permangono ulteriori differenze tra TFS e TFR che non ritengo opportuno approfondire in questa sede come ad esempio, senza alcuna pretesa di completezza, la differente tassazione applicata, il soggetto (o i soggetti) che procede al versamento/accantonamento, la possibilità di poter avere un anticipo prima del collocamento in pensione eccetera … Inoltre, per i militari c’è altro: i militari hanno difatti diritto ad un ulteriore sostegno previdenziale che viene erogato dalla Cassa di Previdenza delle Forze Armate (per approfondire leggi qui!), peraltro da poco aperta anche alla categoria dei Graduati della Forze Armate.

Tutta la questione è ovviamente molto più complicata di come l’ho appena disegnata: ho difatti estremamente semplificato tutto, procedendo “a spanne” con calcoli grossolani, solo per rendermi il più comprensibile possibile ai non addetti ai lavori. Come sempre, vi consiglio di quindi approfondire la materia con il vostro avvocato o commercialista di fiducia, tenendo sempre ben presente in mente che “se pensate poi che rivolgersi a un professionista serio costi troppi soldi, non avete idea di quanto potrebbe costarvi caro farvi assistere da quello sbagliato!”

Meglio che mi fermi qui … ad maiora!

TCGC

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[1]: art. 3 del Decreto Legislativo n. 165 del 2001 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche” – Personale in regime di diritto pubblico: “1. In deroga all’articolo 2, commi 2 e 3, rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti: i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e delle Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia […]”.

[2]: “La base contributiva è costituita dall’80 per cento dello stipendio, paga o retribuzione annui [più tutta una serie di indennità] varie, considerati al lordo, di cui alle leggi concernenti il trattamento economico del personale” (articolo 38 del D.P.R. 1032 del 1973).

LA CASSA DI PREVIDENZA DELLE FORZE ARMATE E L’INDENNITÀ SUPPLEMENTARE DEI MILITARI CHE CESSANO DAL SERVIZIO

La Cassa di Previdenza delle Forze Armate è un Ente, istituito con il D.P.R. n. 211 del 2009 (oggi confluito nel Decreto Legislativo n. 66 del 2010 “Codice dell’Ordinamento Militare” (cosiddetto COM – per approfondire leggi qui!) e vigilato dal Ministero della Difesa, che eroga ai militari le seguenti prestazioni previdenziali:

  • prestiti agli iscritti (sempre che sia finanziariamente in grado di farlo);
  • l’assegno speciale, che spetta solo agli Ufficiali dell’Esercito e dell’Arma dei Carabinieri all’atto del collocamento in “riserva” o in “congedo assoluto” ed al raggiungimento del 65° anno di età, secondo misure annuali stabilite con Decreto Ministeriale (che è comunque un beneficio di imminente soppressione [1]);
  • l’indennità supplementare, che spetta invece agli Ufficiali, Sottufficiali e Graduati delle Forze Armate con almeno 6 anni di iscrizione all’atto della cessazione a qualunque titolo dal servizio (quindi anche in caso di cessazione senza diritto a pensione).

Dato che l’assegno speciale è riservato ai soli Ufficiali dell’Esercito o dell’Arma dei Carabinieri ed è destinato a scomparire nel medio periodo [2], mi concentrerò brevemente sull’indennità supplementare il cui importo è dato, per i periodi:

Un paio di precisazioni:

  • l’indennità supplementare è reversibile in favore dei superstiti (articolo 1914, comma 5, del COM);
  • l’iscrizione alla Cassa di Previdenza delle Forze Armate avviene d’ufficio (articolo 1913, comma 1, del COM), all’atto dell’immissione in servizio permanente (per i soli graduati delle Forze Armate a far data dal 01.02.2023) e comporta un contributo obbligatorio a carico degli iscritti (articolo 1916, comma 1, del COM);
  • se all’atto del congedo non si sono maturati i 6 anni di iscrizione minimi previsti per l’erogazione dell’indennità, vengono restituiti all’iscritto i contributi obbligatori versati (articolo 1917 del COM);
  • il diritto all’indennità supplementare è garantito anche in caso di transito [5] tra ruoli diversi (articolo 1917 bis del COM).

Penso di avervi sufficientemente stimolato per continuare ad approfondire l’argomento con il vostro avvocato o commercialista di fiducia. Mi fermo qui … ad maiora!

TCGC

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[1]: art. 2262 quinques del COM – Disposizioni transitorie in materia di soppressione dell’assegno speciale per gli ufficiali dell’Esercito italiano e dell’Arma dei carabinieri:“1. Al personale che, alla data del 31 dicembre 2022, è percettore dell’assegno speciale di cui all’articolo 1915 è riconosciuto il diritto di optare, in sostituzione dello stesso, per una maggiorazione dell’indennità supplementare di cui all’articolo 1914, calcolata moltiplicando il 60 per cento dell’importo annuo dell’assegno speciale in godimento per i coefficienti corrispondenti al sesso e all’età dell’avente diritto di cui alla tavola di mortalità elaborata dall’Istituto nazionale di statistica, riferita alla popolazione italiana residente per l’anno 2019, e calcolata al 1° dicembre dell’anno nel quale è esercitata l’opzione. 2. Al personale che, alla data del 31 dicembre 2022, è cessato dal servizio con diritto a pensione, ma non è ancora percettore dell’assegno speciale di cui all’articolo 1915, è riconosciuto il diritto di optare tra lo stesso assegno speciale e una maggiorazione dell’indennità supplementare di cui all’articolo 1914, calcolata moltiplicando il 50 per cento dell’importo annuo dell’assegno speciale previsto per il grado rivestito all’atto della cessazione dal servizio alla data del 31 dicembre 2022, per i seguenti fattori: a) il coefficiente di cui alla tavola di mortalità dell’Istituto nazionale di statistica, riferita alla popolazione italiana residente per l’anno 2019, corrispondente al sesso e all’età dell’avente diritto, indicato al 1° dicembre dell’anno in cui l’interessato compirà un’età pari a quella posseduta al congedo aumentata di otto anni e comunque non inferiore a sessantacinque; b) l’anzianità contributiva al fondo previdenziale di cui all’articolo 1913, comma 1, lettera a), posseduta al 31 dicembre 2022, con un massimo di quaranta anni, rapportata a 40. L’eventuale anzianità maturata in altri fondi non è considerata utile al calcolo della maggiorazione. 3. Al personale in servizio al 31 dicembre 2022, in luogo dell’assegno speciale di cui all’articolo 1915, è riconosciuta una maggiorazione dell’indennità supplementare di cui all’articolo 1914, calcolata ai sensi del comma 2. 4. Il diritto alle opzioni di cui ai commi 1 e 2 è esercitato entro il mese di settembre di ogni anno ed è irrevocabile. La maggiorazione dell’indennità supplementare di cui all’articolo 1914 è liquidata e corrisposta agli interessati entro il 31 dicembre dell’anno nel quale il diritto di opzione è esercitato. Le maggiorazioni dell’indennità supplementare, di cui ai commi 1, 2 e 3, sono reversibili”.

[2] ai sensi dell’art. 1915, comma 2 bis, del COM, l’assegno speciale “non spetta [difatti più] agli ufficiali iscritti al relativo fondo previdenziale in data successiva al 1° gennaio 2023”.

[3]: o frazioni di anno. L’art. 1914, comma 2 ter, del COM – Indennità supplementare, prevede infatti che:“le frazioni di anno sono calcolate in mesi e le frazioni di mesi con numero di giorni non inferiore a quindici sono arrotondate per eccesso. Conseguentemente, le aliquote percentuali di cui ai commi 2 e 2-bis sono ridotte in Dodicesimi”.

[4]: art. 1914, comma 2 bis, del COM – Indennità supplementare: “[…] Per i periodi di contribuzione successivi al 31 dicembre 2022, l’indennità di cui al comma 1 è liquidata in base alle aliquote percentuali di seguito riportate dell’ultimo stipendio annuo lordo, comprensivo della tredicesima mensilità, considerato in ragione dell’80 per cento, moltiplicate per gli anni di iscrizione al fondo maturati a decorrere dal 1° gennaio 2023:

a) 2 per cento per gli iscritti ai fondi previdenziali di cui all’articolo 1913, comma 1, lettere a), c), g) e g-bis);

b) 2,5 per cento per gli iscritti ai fondi previdenziali di cui all’articolo 1913, comma 1, lettere b), d) e f);

c) 3 per cento per gli iscritti al fondo previdenziale di cui all’articolo 1913, comma 1, lettera e) […]”.

[5]: art. 1913, comma 3 ter, del COM – Fondi previdenziali integrativi: “[…] Il personale militare impiegato a tempo indeterminato, ai sensi della legge 3 agosto 2007, n. 124 [cioè in uno degli organismi facenti parte del Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica], che rientra nel ruolo di provenienza è iscritto al relativo fondo di previdenza se, in ragione degli anni di servizio residui, può maturare il diritto all’indennità supplementare ai sensi dell’articolo 1914 del presente codice. Il computo degli anni di iscrizione al fondo decorre dalla data di reiscrizione nei ruoli di provenienza”.

LE PRIME 10 COSE CHE BISOGNA FARE DOPO LA MORTE DI UN GENITORE

È purtroppo successo: abbiamo perso una persona molto importante, è morto papà (sto solo ipotizzando frugando nel mio passato … ovviamente la cosa vale anche se è stata mamma ad andarsene). Siamo stati lontani e impegnati … forse crediamo di non aver fatto quanto avremmo dovuto o voluto, di aver commesso molti errori. Non importa, è arrivata l’ora di tornare a casa; il fatto che non ci sentiamo capaci, che viviamo una sensazione di impotenza mista a confusione ci sta, è normale! Dobbiamo quindi lasciare quello che stiamo facendo per dedicarci a chi è rimasto, “accollandoci” le primissime necessarie incombenze.

Ovviamente, avvenimenti del genere ci toccano inesorabilmente nell’intimo della nostra anima: l’importante è osservare senza giudizio quello che ci accade dentro … non dimentichiamo che siamo esseri umani! A volte pensiamo di voler fare tanto per lenire le sofferenze di chi, come noi, sta elaborando il lutto, quando in realtà basta davvero poco, bisogna agire con semplicità. In queste circostanze non è tanto la parola che fa il suo effetto, poiché il processo di morte è un passaggio alla vita stessa che non si può spiegare: è un sentire interno che ognuno vive a proprio modo, con dolore e rassegnazione altalenante … con non accettazione per la maggior parte delle persone. Non c’è scelta giusta o sbagliata: “l’essere con l’altro” … anche semplicemente in ascolto … è già tanto!

Rimettiamo ora i piedi per terra perché inizia la salita, c’è molto da fare … e dobbiamo farlo in prima persona! Il peso è tutto sulle nostre spalle e perciò dobbiamo tranquillizzarci il più possibile. Prendiamo quindi un bel respiro e restiamo semplicemente in ascolto, vicino a chi è rimasto a soffrire come semplice presenza; l’energia si manifesta così e arriva al cuore più di una parola. Facciamo ordine nella nostra mente … siete pronti?

Piccolo inciso, spesso sentiremo parlare di “de cuius” … beh … tale termine viene comunemente utilizzato in ambito legale e testamentario per riferirsi alla persona deceduta di cui si discute o della quale si sta trattando il testamento o l’eredità.

Tanto premesso, iniziamo a metterci all’opera e rimbocchiamoci le maniche: bisogna innanzitutto comunicare a chi deve sapere che il nostro papà (o la nostra mamma ovviamente) non c’è più. Della cosa deve esserne sicuramente informato:

  1. Il Comando militare di appartenenza [1] (per approfondire leggi qui!) al quale dobbiamo chiedere immediatamente di fruire della licenza “per gravi motivi” che ci permette di assentarci per 10 giorni calendariali (N.B.: tale licenza non è differibile per esigenze di servizio!). Non dimentichiamo però che trattandosi di una licenza straordinaria compresa nel tetto annuo dei 45 giorni, se ho già beneficiato nello stesso anno solare di tutti i 45 giorni di licenza straordinaria spettanti in astratto (ad esempio per congedo parentale), non potrò più usufruirne perché altrimenti sforerei il tetto massimo dei 45 giorni che ci è imposto dalla normativa militare (Difficile? Non tanto dai … ma se vuoi approfondire leggi qui!);
  2. L’Ente previdenziale di riferimento di papà, chi gli pagava la pensione insomma (INPS, Casse di previdenza eccetera), sempre che papà non lavorasse ancora perché in tal caso va comunicato tutto anche al suo datore di lavoro. Esser rapidi, peraltro, vi eviterà di dover restituire eventuali prestazioni liquidate ma non dovute. Dovremmo anche pensare che mamma, o qualche altro familiare, potrebbe aver diritto alla pensione di reversibilità di papà (per la quale va presentata una specifica istanza – per approfondire leggi qui!);
  3. L’Agenzia delle Entrate. Entro 12 mesi dal decesso deve difatti essere presentata la dichiarazione di successione [2]. Trattandosi di una procedura complessa, è assolutamente consigliabile rivolgersi ad un professionista (meglio se notaio, avvocato o commercialista), specialmente se papà ha lasciato testamento (per approfondire leggi qui);
  4. Banche, Poste e Istituti di Credito. Sappiate che lo sblocco dei conti di papà potrà però avvenire solo dopo aver ultimato l’iter burocratico della successione, di cui al precedente punto 3;
  5. I Fornitori di Luce, Gas e Acqua per chiudere le utenze domestiche intestate a papà o, eventualmente, procedere alla relativa voltura. Una cosa simile avviene anche per l’abbonamento alla RAI, sempre che papà avesse un televisore e quindi pagasse il canone;
  6. Il Pubblico Registro Automobilistico (PRA) per quanto riguarda il passaggio di proprietà per successione di auto, moto eccetera (NB: i veicoli iscritti al PRA non vanno inseriti nella dichiarazione di successione);
  7. Gli Istituti assicurativi con cui papà aveva eventualmente stipulato polizze per auto, moto, casa, infortunio, vita eccetera;
  8. I Carabinieri competenti per territorio se papà deteneva armi;
  9. Il Comune dove papà aveva la proprietà di immobili per regolarizzare, ad esempio, il pagamento delle tasse locali come l’IMU, la tassa sui rifiuti eccetera. Non è detto che se papà fosse esente e non pagasse nulla (ad esempio per esenzione IMU prima casa), la cosa valga anche per gli eredi … anzi normalmente succede proprio il contrario;
  10. Eventuali società con cui papà intratteneva eventuali rapporti commerciali che si sviluppano nel tempo come accade, ad esempio, per le carte di debito o credito (quando non collegate al conto corrente) o per abbonamenti vari come payTV, istituti di sicurezza eccetera.

Un paio di consigli prima di concludere:

  • rintracciamo e custodiamo subito i documenti di papà … ivi incluso il testamento (se esistente) … prima che si perdano o che, magari, qualcuno possa addirittura riuscire ad approfittarsi della situazione;
  • affidiamoci da subito ad un professionista (meglio se notaio, avvocato o commercialista) che abbia la nostra fiducia. Dal decesso di papà scaturiscono infatti molti ulteriori adempimenti legali o fiscali che vanno regolarizzati il prima possibile: gli eredi, ad esempio … ed è solo un esempio … devono provvedere alla dichiarazione dei redditi del defunto; nell’anno successivo al decesso è poi possibile ottenere la detrazione IRPEF per le spese sostenute, come quelle funerarie eccetera.

Questi, ovviamente, sono solo alcuni suggerimenti molto, ma molto generali … ogni situazione è diversa e non dovete quindi temere di farvi aiutare nell’affrontarla!

Una precisazione finale è d’obbligo: avvocatomilitare.com persegue finalità meramente divulgative e, conseguentemente, l’approccio dato è necessariamente molto sintetico, non tale cioè da garantire una completa disamina sull’argomento. Ecco perché mi permetto di ribadire ancora una volta quanto sia necessario farsi seguire da un notaio, un avvocato o un commercialista di fiducia: non abbiate paura di informarvi e di approfondire bene la vostra situazione, soprattutto se si parla di eredità … evitate cioè il rischio di commettere errori che potrebbero costarvi caro. Parafrasando una frase ricorrente su avvocatomilitare.com … se pensate che rivolgersi a un professionista costi troppi soldi, non avete idea di quanto potrebbe costarvi caro provare a fare tutto da soli … pensateci sopra! Ad maiora!

In ricordo di Roberto e Giuseppe che con i loro consigli ci hanno aiutato ad essere quello che siamo

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[1]: il decesso ha peraltro molteplici conseguenze amministrative: pensiamo ad esempio al caso di fruizione dei benefici della legge n. 104 del 1992 per accudire il de cuius, al Nulla Osta di Sicurezza (cosiddetto NOS) in fase di rilascio eccetera.

[2]: la vigente normativa prevede una imposta sulle successioni ereditarie con aliquote che variano dal 4% per il coniuge e i parenti in linea retta (es. genitori e figli) al 6% per i partenti sino al 4° grado per arrivare all’8% per gli altri soggetti. Vi è comunque una franchigia che varia a seconda dell’erede ed è, ad esempio, di 1.000.000 euro per il coniuge e gli eredi in linea retta, che si eleva a 1.500.000 nel caso in cui l’erede sia portatore di handicap.

LA PENSIONE DI REVERSIBILITÀ

Cos’è la pensione di reversibilità? Beh, iniziamo col dire che è un tipo di pensione che viene data a determinate categorie di persone (in genere marito, moglie e/o figli) in caso di morte del lavoratore o del pensionato (di solito coniuge o genitore). È un beneficio previdenziale calcolato essenzialmente sulla base dei contributi versati dal defunto che corrisponde, in linea di principio, ad una percentuale della pensione che questi stava percependo o che avrebbe potuto percepire.

La pensione di reversibilità è stata introdotta in Italia dall’articolo 13 del Regio Decreto-Legge 14 aprile 1939, n. 636 titolato “Modificazioni delle disposizioni sulle assicurazioni obbligatorie per l’invalidità e la vecchiaia, per la tubercolosi e per la disoccupazione involontaria e sostituzione dell’assicurazione per la maternità con l’assicurazione obbligatoria per la nuzialità e la natalità”. Da allora, molte sono state le leggi, i decreti, le circolari INPS che l’hanno aggiornata, modificata, trasformata o riformulata.

In estrema sintesi e senza alcuna pretesa di completezza, hanno diritto ad ottenere la pensione di reversibilità i coniugi (in taluni casi anche se separati o divorziati), gli uniti civilmente del defunto (per approfondire leggi qui!) nonché, entro certi limiti, i figli, i conviventi di fatto, i genitori, i fratelli, le sorelle eccetera.

Andiamo ora al sodo: a quanto ammonta l’assegno? Beh … iniziamo col dire che l’art. 1, comma 41, della legge 8 agosto 1995, n. 335 “Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare” (cosiddetta legge Dini) prevede al riguardo che “la disciplina del trattamento pensionistico a favore dei superstiti di assicurato e pensionato vigente nell’ambito del regime dell’assicurazione generale obbligatoria è estesa a tutte le forme esclusive o sostitutive di detto regime. In caso di presenza di soli figli di minori età, studenti, ovvero inabili, l’aliquota percentuale della pensione è elevata al 70 per cento limitatamente alle pensioni ai superstiti aventi decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge. Gli importi dei trattamenti pensionistici ai superstiti sono cumulabili con i redditi del beneficiario, nei limiti di cui all’allegata tabella F. Il trattamento derivante dal cumulo dei redditi di cui al presente comma con la pensione ai superstiti ridotta non può essere comunque inferiore a quello che spetterebbe allo stesso soggetto qualora il reddito risultasse pari al limite massimo delle fasce immediatamente precedenti quella nella quale il reddito posseduto si colloca. I limiti di cumulabilità non si applicano qualora il beneficiario faccia parte di un nucleo familiare con figli di minore età, studenti ovvero inabili, individuati secondo la disciplina di cui al primo periodo del presente comma. Sono fatti salvi i trattamenti previdenziali più favorevoli in godimento alla data di entrata in vigore della presente legge con riassorbimento sui futuri miglioramenti”.

Tutto chiaro? Meglio che mi fermi qui, vero? Volevo solo farvi capire che si tratta di una materia complessa e che non dovete avere paura di farvi aiutare nell’approcciarla! Fino ad oggi avete fatto tutt’altro … con il dovuto rispetto per ognuno di voi, non è il momento di iniziare ad occuparvi di cose che esulano dalle vostre competenze, non abbiate quindi remore a rivolgervi a un professionista che sa cosa fare: notaio, avvocato o commercialista non importa, basta che si occupi della materia ed abbia guadagnato la vostra fiducia!

Una piccola precisazione prima di chiudere: avvocatomilitare.com persegue finalità meramente divulgative e, conseguentemente, l’approccio seguito non è tale da poter garantire una completa disamina sull’argomento. Ecco perché mi permetto di darvi un solo consiglio: prendete seriamente in considerazione l’idea di sentire un professionista di fiducia: non abbiate timore nell’informarvi e nell’approfondire bene la vostra situazione prima di fare sciocchezze … evitate cioè di commettere errori che potrebbero costare caro a voi o ad un vostro familiare! Parafrasando una frase ricorrente su avvocatomilitare.com … se pensate che rivolgersi a un professionista costi troppi soldi, non avete idea di quanto potrebbe costarvi caro provare a fare tutto da soli … pensateci sopra!

Ad maiora!

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LA PENSIONE PRIVILEGIATA

La pensione privilegiata [1]:

  • viene riconosciuta ai dipendenti pubblici che hanno subito lesioni fisiche o infermità riconosciute dipendenti da causa di servizio (clicca qui per approfondire) ed ha, quindi, natura sostanzialmente risarcitoria (in senso molto generale);
  • oggi non spetta più al personale civile dello Stato ed è quindi riservata esclusivamente al “personale appartenente al comparto sicurezza, difesa (cioè al personale delle Forze di Polizia e delle Forze Armate), vigili del fuoco e soccorso pubblico” (art. 6 del decreto legge 201 del 2011 convertito dalla legge 214 del 2011) in ragione del “più elevato livello di rischio ordinariamente connesso al servizio svolto nei comparti indicati e, per altro verso, alla mancanza di una specifica tutela assicurativa contro gli infortuni per le infermità contratte dai dipendenti di tali settori [2]”;
  • garantisce un trattamento pensionistico speciale (di “privilegio” appunto!) e, per tanto, presuppone la cessazione del rapporto d’impiego … cioè bisogna essere “in pensione” per poterne beneficiare: infatti, decorre normalmente [3]dalla data di cessazione dal servizio” (art. 191 del D.P.R. n. 1092 del 1973).

Tanto detto, al militare con infermità o lesioni dipendenti da causa di servizio (a prescindere dall’idoneità o meno al servizio e, quindi, all’eventuale transito nei ruoli civili dell’A.D.) spetta quindi:

  1. la pensione privilegiata qualora l’infermità o la lesione dipendente da causa di servizio sia ascrivibile alla Tabella A (annessa al D.P.R. n. 915 del 1978 [4]) e non suscettibile di miglioramento (art. 67 del D.P.R. n. 1092 del 1973 e art. 4 della legge n. 9 del 1980);
  2. un assegno rinnovabile, uguale alla pensione, qualora l’infermità o la lesione dipendente da causa di servizio sia ascrivibile alla Tabella A (annessa al D.P.R. n. 915 del 1978) e, al contempo, suscettibile di miglioramento. Tale assegno, spetta per un periodo che va dai due ai sei anni (quattro a decorrere dal 1 gennaio 1979 ai sensi dell’art. 5 della legge n. 9 del 1980) in relazione al tempo necessario al miglioramento (art. 68 del D.P.R. n. 1092 del 1973, artt. 4 e 5 della legge n. 9 del 1980). Alla scadenza di tale periodo si aprono poi tre possibilità: Infatti se le infermità o le lesioni: (a.) risultano ancora gravi al punto da continuare ad essere ascrivibili a Tabella A e non più suscettibili di miglioramento, spetta la pensione privilegiata; (b.) diventano invece ascrivibili a Tabella B annessa al D.P.R. n. 915 del 1978 (ricordiamo che prima erano state ritenute ascrivibili a Tabella A, ovverosia alla tabella che elenca le infermità e lesioni più gravi), spetta un’indennità una tantum (si rimanda al successivo punto 3 per i dettagli); (c.) non sono più ascrivibili a Tabella A o B non spetta più nulla;
  3. un’indennità una tantum, cioè una volta soltanto, qualora l’infermità o la lesione dipendente da causa di servizio sia ascrivibile alla Tabella B annessa al D.P.R. n. 915 del 1978 (art. 69 del D.P.R. n. 1092 del 1973 e art. 4 della legge n. 9 del 1980).

A quanto ammontano grossomodo i benefici appena richiamati? Ebbene:

  • la pensione privilegiataè pari alla base pensionabile […] se le infermità o le lesioni sono ascrivibili alla prima categoria [della Tabella A annessa al D.P.R. n. 915 del 1978] ed è pari al 90, 80, 70, 60, 50, 40 o 30 per cento della base stessa in caso di ascrivibilità, rispettivamente, alla seconda, terza, quarta, quinta, sesta, settima o ottava categoria [della Tabella A annessa al D.P.R. n. 915 del 1978 …]. Le pensioni di settima e ottava categoria [della Tabella A annessa al D.P.R. n. 915 del 1978] sono aumentate rispettivamente dello 0,20 per cento e dello 0,70 per cento della base pensionabile per ogni anno di servizio utile nei riguardi dei militari che, senza aver maturato l’anzianità necessaria per il conseguimento della pensione normale, abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio effettivo […]. Qualora sia stata raggiunta l’anzianità indicata dal primo comma dell’art. 52 [cioè 15 anni di servizio], la pensione privilegiata è liquidata nella misura prevista per la pensione normale aumentata di un decimo, se più favorevole” (art. 67 del D.P.R. n. 1092 del 1973);
  • l’assegno rinnovabile è “di misura uguale alla pensione” (art. 68 del D.P.R. n. 1092 del 1973);
  • l’indennità una tantum viene infine liquidata “in misura pari a una o più annualità della pensione di ottava categoria, con un massimo di cinque annualità, secondo la gravità della menomazione fisica” (art. 69 del D.P.R. n. 1092 del 1973 e art. 4 della legge n. 9 del 1980).

Un’ultima cosa prima di concludere, quanto detto si applica a Ufficiali, Sottufficiali e Graduati … ai Volontari spetta invece la pensione privilegiata “tabellare”. Infatti, ai sensi dell’art. 67 del D.P.R. n. 1092 del 1973 “per i caporal maggiori, i caporali e i soldati, per i sottocapi e i comuni di I e II classe del C.E.M.M., per i primi avieri, gli allievi scelti e gli avieri [5] nonché per gli allievi carabinieri, allievi della guardia di finanza, allievi delle guardie di pubblica sicurezza, allievi agenti di custodia ed allievi delle guardie forestali dello Stato la misura della pensione privilegiata” viene stabilita da apposite tabelle (previste per le pensioni di guerra) e viene liquidata insieme all’indennità integrativa speciale .

Capisco benissimo che la materia sia molto ingarbugliata, ma spero quantomeno di avervi messo a disposizione dei riferimenti normativi utili da offrire al vostro avvocato o al vostro commercialista in caso di bisogno…

TCGC

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[1]: le norme citate nel post sono peraltro richiamate dal codice dell’ordinamento militare (artt. 1884-1894).

[2]: Corte costituzionale, sentenza n. 20 del 2018.

[3]: infatti, nella normalità dei casi si va in pensione e, se si ha una causa di servizio riconosciuta, spetta eventualmente la pensione privilegiata nei modi e nei termini che ho riepilogato nel post. Però, se alla cessazione dal servizio si ha un’infermità o una lesione di cui non abbiamo richiesto la dipendenza da causa di servizio, è bene fare subito domanda altrimenti si perde ogni diritto … infatti, ai sensi dell’art. 169 del D.P.R. n. 1092 del 1973, “la domanda di trattamento privilegiato non è ammessa se il dipendente abbia lasciato decorrere cinque anni dalla cessazione dal servizio senza chiedere accertamento della dipendenza delle infermità o delle lesioni contratte. Il termine è elevato a dieci anni qualora l’invalidità sia derivata da parkinsonismo”.

[4]: veramente, a fare i pignoli, dovrebbero esser prese in considerazione le tabelle allegate al D.P.R. n. 834 del 1981 che, ai sensi della legge n. 111 del 1984 (art. 1), hanno modificato quelle annesse al D.P.R. n. 915 del 1978 … ma dato che non voglio mettere troppa carne al fuoco e, soprattutto, che il codice dell’ordinamento militare continua a citare il vecchio D.P.R. n. 915 del 1978 (artt. 1889-1991), così farò anch’io!

[5]: grossomodo i gradi una volta posseduti dai militari di leva.