LA DICHIARAZIONE DI LESIONE TRAUMATICA (DLT) DEL MEDICO MILITARE

Un collega mi scrive per sapere cosa sia esattamente la Dichiarazione di Lesione Traumatica del medico militare (la cosiddetta DLT) e, soprattutto, in che rapporto stia con il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio (per approfondire leggi qui!).

Iniziamo subito con lo sfatare un mito ricorrente: se vi è stata rilasciata una DLT non significa che vi sia stata riconosciuta la dipendenza da causa di servizio! Cerco di spiegarmi meglio … pensate alla DLT e alla causa di servizio come a due binari del treno … è vero, vanno verso la stessa direzione ma non si incontrano mai. Ciò significa che anche se normalmente le due cose vanno di pari passo, al militare può essere rilasciata una DLT senza che poi gli venga riconosciuta la causa di servizio (e viceversa).

Tanto premesso, vediamo rapidamente di rispondere alle seguenti domande:

COS’È E COME È FATTA UNA DICHIARAZIONE DI LESIONE TRAUMATICA?

La DLT è una certificazione medica tipicamente militare che redige il medico militare che abbia visitato o soccorso un militare (a dire il vero alcuni sostengono che possa essere rilasciata anche a un civile, perché no?) che abbia subito una lesione traumatica e che viene sottoscritta dal medico militare, dall’infortunato e, se presenti, da uno o più testimoni. In tale certificazione il medico militare:

  • verbalizza le modalità in cui si è verificato l’infortunio, nonché le relative circostanze di tempo e luogo, per come sono gli state rappresentate dall’infortunato (e/o dal/dai testimone/i presenti all’accaduto);
  • effettua un esame obiettivo della lesione traumatica;
  • emette una diagnosi, una prognosi e, qualora necessario, prescrive una terapia,

pronunciandosi anche sulla verosimiglianza o meno della lesione rilevata con le circostanze di tempo, modo e luogo rappresentate dall’infortunato (e/o dal/dai testimone/i).

A COSA SERVE UNA DICHIARAZIONE DI LESIONE TRAUMATICA?

La funzione principale della DLT è quella di “fotografare” gli eventi verificatisi in modo da facilitare la ricostruzione di un determinato accadimento infortunistico ai fini dell’adozione dei provvedimenti più opportuni [1] sia a tutela dell’infortunato che dell’Amministrazione della Difesa. Tale “fotografia” degli eventi permette infatti al Comandante militare responsabile, tra l’altro, di:

  • implementare, in qualità di Datore di Lavoro, gli accorgimenti necessari a scongiurare il rischio che tali eventi infortunistici si ripetano, aumentando la sicurezza sui luoghi di lavoro, modificando il Documento di Valutazione dei Rischi (il cosiddetto DVR) eccetera;
  • esercitare, qualora ricorrano i presupposti, le proprie prerogative in materia di Polizia Giudiziaria Militare (per approfondire leggi qui!);
  • poter adeguatamente redigere i rapporti informativi necessari al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, dello status di vittima del dovere (e soggetti equiparati) eccetera;
  • adottare specifici provvedimenti amministrativi come, ad esempio la concessione della licenza di convalescenza all’infortunato, l’invio di quest’ultimo a visita dal medico competente per valutare il mantenimento dell’idoneità alla mansione specifica eccetera.

Ritenendo di aver sufficientemente chiarito i punti fondamentali della questione, non mi resta che salutarvi … ad maiora!

TCGC

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[1] e questo anche a posteriori come, ad esempio, al fine del riconoscimento della causa di servizio (per approfondire leggi qui!) quando non vi sia stato ricovero in ospedale oppure quando la domanda di riconoscimento venga presentata molto tempo dopo l’infortunio.

L’EQUO INDENNIZZO

L’equo indennizzo è quel particolare beneficio economico che spetta, una tantum, al personale che abbia riportato una infermità o una lesione riconosciuta dipendente da causa di servizio (clicca qui per approfondire) e ascrivibile alle Tabelle annesse al D.P.R. n. 834 del 1981 (clicca qui per approfondire). Il procedimento di concessione dell’equo indennizzo che, come il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio è regolato dal D.P.R. n. 461 del 2001, si avvia con una domanda dell’interessato che può anche “essere successiva o contestuale alla domanda di riconoscimento di causa di servizio ovvero può essere prodotta nel corso del procedimento di riconoscimento di causa di servizio, entro il termine di dieci giorni dalla ricezione della comunicazione” di trasmissione della domanda di riconoscimento della causa di servizio al Comitato di verifica per le cause di servizio (articolo 2 del D.P.R. n. 461 del 2001 – per approfondire leggi qui!).

Come viene quantificato? L’ammontare dell’equo indennizzo viene calcolato tenendo in considerazione lo stipendio tabellare e la categoria della menomazione riconosciuta dipendente da causa di servizio (di cui alle Tabelle annesse al D.P.R. n. 834 del 1981). Tale ammontare, inoltre, viene “ridotto del 25% se l’impiegato ha superato i cinquanta anni di età e del 50% se ha superato il sessantesimo anno” (articolo 49 del D.P.R. 686 del 1957).

Entro 5 anni dalla notifica del provvedimento di riconoscimento è possibile fare, per una sola volta, la cosiddetta domanda di “aggravamento”: in tal senso, l’articolo 14 del D.P.R. 461 del 2001 stabilisce infatti che “entro cinque anni dalla data di comunicazione del provvedimento […], il dipendente, in caso di aggravamento della menomazione della integrità fisica, psichica o sensoriale per la quale è stato concesso l’equo indennizzo, può per una sola volta chiedere all’Amministrazione la revisione dell’equo indennizzo già concesso”.

Alcuni problemi nascono in caso di cumulo tra equo indennizzo e:

  • la pensione privilegiata (clicca qui per approfondire). Il divieto di cumulo in questo caso viene previsto esplicitamente dal D.P.R. 686 del 1957 che stabilisce infatti che “l’equo indennizzo […], è ridotto della metà se l’impiegato consegua anche la pensione privilegiata” (articolo 50);
  • il risarcimento del danno ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile. Dato che l’equo indennizzo è cosa differente dal risarcimento del danno, la giurisprudenza ne ha riconosciuto la cumulabilità con il risarcimento del danno previsto dal codice civile sempre che, naturalmente, ne ricorrano i presupposti di legge;
  • il trattamento assicurativo a carico dello Stato o di altra Pubblica Amministrazione. In tal caso il divieto di cumulo è stato previsto esplicitamente dal D.P.R. 686 del 1957 che stabilisce infatti che deve essere “dedotto dall’equo indennizzo quanto eventualmente percepito dall’impiegato in virtù di assicurazione a carico dello Stato o di altra pubblica Amministrazione” (articolo 50).

TCGC

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