POSSONO ESSERVI RIVOLTE DOMANDE “PERSONALI” DURANTE UN COLLOQUIO DI LAVORO? … E DOPO, UNA VOLTA ASSUNTI?

Una lettrice mi ha chiesto se nel corso di un colloquio di lavoro possano essere fatte domande “personali” … mi riferisco a quelle domande che hanno poco a che vedere con il lavoro per cui si concorre. Io aggiungerei … e successivamente? … una volta che magari si viene assunti, come funziona? Si possono fare? … e il lavoratore deve per forza dare una risposta?

Insomma, vi può essere chiesto in fase di assunzione (o anche successivamente), ad esempio, se siete fidanzati o sposati, se avete o volete avere dei figli, se professate una determinata religione o avete un determinato orientamento politico eccetera? Beh, la risposta è molto semplice e come potete ben immaginare è no! Non vi possono essere rivolte domande del genere, né prima né dopo l’assunzione! … e la cosa vale ovviamente anche per i militari! Sebbene sia vietato, a chi però non è mai capitato di rispondere a domande “personali” del reclutatore, del capo ufficio o del proprio comandante? Ovviamente, a prescindere da quelle non “maliziose”, fatte quindi solo per conoscervi meglio, i datori di lavoro (e mi sto riferendo anche alla Pubblica Amministrazione), cercano sempre di capire chi si metteranno (o che hanno) in casa, in modo da prevedere/prevenire futuri possibili “problemi” e mantenere quindi sempre il pieno controllo della situazione. È tutto molto logico, si è sempre fatto così e probabilmente si continuerà ancora a farlo per molto tempo, ma tutto ciò non toglie il fatto che comportamenti del genere siano vietati dalla legge! Che fare allora: rispondere oppure no? Beh, la questione è molto personale: dipende infatti da voi e dal tipo di domanda che vi viene rivolta. In quest’ambito non esiste infatti alcuna risposta giusta (o sbagliata) in assoluto, dovete pertanto fare ciò che vi sembra più adeguato alle circostanze, valutando con equilibrio caso per caso … arrivando anche a rifiutarsi di rispondere o a tacere, se lo ritenete necessario!

Passando al versante “legale” della questione, sappiate che il divieto di fare domande “personali” al lavoratore discende dalla vigente normativa sul “divieto di discriminazione” … le domande “personali” rappresentano infatti un “indizio” che dalla vostra risposta potrebbe ad esempio derivare (o meno) l’assunzione o il reclutamento, l’attribuzione di un dato incarico, la possibilità di ottenere un trasferimento eccetera … detto altrimenti, sono un indicatore del fatto che potreste essere in qualche modo oggetto di discriminazione, diretta o indiretta che sia! L’unica cosa veramente complicata è riuscire a dimostrarlo … probatio diabolica

In linea generale, quanto ci serve per inquadrare giuridicamente il problema è presente all’:

  • articolo 2 del Decreto Legislativo n. 215 del 2003 sulla parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica che vieta “qualsiasi discriminazione diretta o indiretta a causa della razza o dell’origine etnica. Tale principio comporta che non sia praticata alcuna discriminazione diretta o indiretta, così come di seguito definite: a) discriminazione diretta quando, per la razza o l’origine etnica, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in situazione analoga; b) discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri possono mettere le persone di una determinata razza od origine etnica in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone […]”;
  • articolo 2 del Decreto Legislativo n. 216 del 2003 sulla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro che vieta inoltre “qualsiasi discriminazione diretta o indiretta a causa della religione, delle convinzioni personali, degli handicap, dell’età o dell’orientamento sessuale. Tale principio comporta che non sia praticata alcuna discriminazione diretta o indiretta, così come di seguito definite: a) discriminazione diretta quando, per religione, per convinzioni personali, per handicap, per età o per orientamento sessuale, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga; b) discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri possono mettere le persone che professano una determinata religione o ideologia di altra natura, le persone portatrici di handicap, le persone di una particolare età o di un orientamento sessuale in una situazione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone […]”;
  • articolo 27 del Decreto Legislativo n. 198 del 2006 “Codice delle pari opportunità tra uomo e donna che prevede infine che:1. È vietata qualsiasi discriminazione per quanto riguarda l’accesso al lavoro, in forma subordinata, autonoma o in qualsiasi altra forma, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione, nonché la promozione, indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività, a tutti i livelli della gerarchia professionale, anche per quanto riguarda la creazione, la fornitura di attrezzature o l’ampliamento di un’impresa o l’avvio o l’ampliamento di ogni altra forma di attività autonoma. 2. La discriminazione di cui al comma 1 è vietata anche se attuata: a) attraverso il riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza, nonché di maternità o paternità, anche adottive; b) in modo indiretto, attraverso meccanismi di preselezione ovvero a mezzo stampa o con qualsiasi altra forma pubblicitaria che indichi come requisito professionale l’appartenenza all’uno o all’altro sesso […]”.

Tanto detto, sappiate che le tre disposizioni che avete appena letto valgono anche per i militari … e fin dalla fase del reclutamento! Il Decreto legislativo n. 66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare(cosiddetto COM) stabilisce infatti:

  • all’articolo 637, titolato proprio “Divieto di discriminazione”, che “fatto salvo il possesso dei requisiti generali e speciali previsti dal presente codice, è vietata in sede di reclutamento ogni forma di discriminazione, secondo quanto disposto dall’articolo 1468”;
  • al successivo articolo 1468, “Discriminazioni e molestie”, che:“1. È vietata nei confronti dei militari ogni forma di discriminazione diretta o indiretta, di molestia anche sessuale, secondo quanto disposto dai decreti legislativi 9 luglio 2003, n. 215, 9 luglio 2003, n. 216 e 11 aprile 2006, n. 198 [cioè proprio le disposizioni citate poco sopra!]. 2. Nei confronti dei militari, in sede di attribuzione di incarico, di assegnazioni o di trasferimento a comandi, a enti, a reparti, ad armi o a specializzazioni, sono vietate le discriminazioni per motivi politici, ideologici, religiosi, razziali, etnici, per l’orientamento sessuale o per la differenza di genere”.

Penso che se siete arrivati a leggere fin qui avete ormai acquisito le conoscenze sufficienti per decidere autonomamente come comportarvi, valutando anche l’opportunità di agire d’astuzia mettendo (o meno) in campo “contromisure”a tutela della vostra privacy … non mi resta quindi che salutarvi, ad maiora! 

TCGC

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