SIAMO SICURI CHE PER UN MILITARE LA SOSPENSIONE DEL PROCESSO CON MESSA ALLA PROVA (EX ART. 168 BIS C.P.) SIA SEMPRE UNA SCELTA VINCENTE?

La richiesta di sospensione del procedimento penale con messa alla prova è la scelta giusta da fare per un militare? Beh, dipende … ecco perché tale richiesta deve essere sempre avanzata in modo cosciente ed informato dato che, in alcuni casi, potrebbe addirittura risultare più appropriato difendersi in giudizio puntando all’assoluzione!

Facciamo però un veloce passo indietro e iniziamo a vedere in cosa consista la messa alla prova. Ebbene, in estrema sintesi, l’articolo 168 bis [1] del codice penale prevede al riguardo che “nei procedimenti per reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, nonché per i delitti indicati dal comma 2 dell’articolo 550 del codice di procedura penale, l’imputato, anche su proposta del pubblico ministero, può chiedere la sospensione del processo [2] con messa alla prova […]”. Per chi si avvale del beneficio della messa alla prova, questa:

  • comporta “la prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato” (articolo 168 bis del codice penale);
  • viene subordinata alla prestazione di lavoro di pubblica utilità che “consiste in una prestazione non retribuita, affidata tenendo conto anche delle specifiche professionalità ed attitudini lavorative dell’imputato, di durata non inferiore a dieci giorni, anche non continuativi, in favore della collettività, da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le aziende sanitarie o presso enti o organizzazioni, anche internazionali, che operano in Italia, di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato” (articolo 168 bis del codice penale);
  • non può essere concessa più di una volta ed è preclusa a delinquenti abituali, professionali e per tendenza (articolo 168 bis del codice penale);
  • qualora si concluda con esito positivo, “estingue il reato per cui si procede” senza però pregiudicare l’eventuale “applicazione delle sanzioni amministrative accessorie, ove previste dalla legge[3] (articolo 168 ter del codice penale). Ovviamente se la prova da esito negativo, il reato non si estingue affatto ed il procedimento riprende esattamente dal punto in cui era stato sospeso.

Fatta questa doverosa premessa, immaginate di aver superato positivamente la prova, di poter vedere finalmente estinto il reato commesso e, conseguentemente, di esser tornati al lavoro. Fantastico, tutto sommato è stato semplice! Ma non avete dimenticato nulla? Mi spiego meglio: avete considerato i risvolti disciplinari della questione? Avete insomma capito che non è ancora finita? Ebbene sì, anche se il reato è estinto ciò non incide minimamente sui possibili profili disciplinari della vicenda (per approfondire leggi qui!): il vostro Comando dovrà infatti procedere d’ufficio all’esame del giudicato penale (che è un obbligo e non una facoltà – per approfondire leggi qui!). Non è infatti scritto da nessuna parte che i fatti oggetto dell’accertamento penale debbano necessariamente coincidere con quelli oggetto dell’azione disciplinare. L’ho evidenziato in neretto perché troppo spesso tale aspetto viene inspiegabilmente tralasciato … eppure l’esame del giudicato penale è una certezza anche in caso di esito positivo della messa alla prova che, dunque, va richiesta tenendo bene in considerazione il rischio (tutt’altro che trascurabile) che il tutto possa concludersi con l’irrogazione nei vostri confronti di una sanzione disciplinare di stato (per approfondire leggi qui!). Vi consiglio quindi di non avere remore nell’approfondire la questione con il vostro Avvocato di fiducia, sia dal punto di vista penale che (soprattutto) da quello disciplinare … sono convinto che ne beneficerà tutta la vostra strategia difensiva.

Tanto detto non mi resta che salutarvi, ad maiora!

TCGC

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[1]: art. 168 bis del codice penale – Sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato:“nei procedimenti per reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, nonché per i delitti indicati dal comma 2 dell’articolo 550 del codice di procedura penale, l’imputato, anche su proposta del pubblico ministero, può chiedere la sospensione del processo con messa alla prova.

La messa alla prova comporta la prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato. Comporta altresì l’affidamento dell’imputato al servizio sociale, per lo svolgimento di un programma che può implicare, tra l’altro, attività di volontariato di rilievo sociale, ovvero l’osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali.

La concessione della messa alla prova è inoltre subordinata alla prestazione di lavoro di pubblica utilità. Il lavoro di pubblica utilità consiste in una prestazione non retribuita, affidata tenendo conto anche delle specifiche professionalità ed attitudini lavorative dell’imputato, di durata non inferiore a dieci giorni, anche non continuativi, in favore della collettività, da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le aziende sanitarie o presso enti o organizzazioni, anche internazionali, che operano in Italia, di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato. La prestazione è svolta con modalità che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute dell’imputato e la sua durata giornaliera non può superare le otto ore.

La sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato non può essere concessa più di una volta.

La sospensione del procedimento con messa alla prova non si applica nei casi previsti dagli articoli 102, 103, 104, 105 e 108”.

[2]: art. 464 quater del codice di procedura penale – Sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato: “[…] 5. Il procedimento non può essere sospeso per un periodo:

a) superiore a due anni quando si procede per reati per i quali è prevista una pena detentiva, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria;

b) superiore a un anno quando si procede per reati per i quali è prevista la sola pena pecuniaria […]”.

[3]: ciò significa che se, ad esempio, un soggetto viene perseguito per il reato di guida in stato di ebbrezza, anche se la prova si conclude con esito positivo con conseguente estinzione del reato, permangono comunque le sanzioni amministrative della sospensione o revoca della patente.

QUAL È LA PROCEDURA PER INFLIGGERE LA CONSEGNA DI RIGORE? COME SI SVOLGE CIOÈ IL C.D. “PROCESSINO” DI RIGORE?

Stimolato da una chiacchierata avuta proprio stamani con una collega, ho capito che dovevo scrivere un post su come si svolge praticamente il cosiddetto “processino” di rigore … ed eccomi qui! Beh, che dire, come sappiamo la consegna di rigore è la sanzione disciplinare di corpo più “tagliente” (per approfondire leggi qui!) che può essere inflitta:

Mi concentrerò ora sulle modalità pratiche di svolgimento del “processino” di rigore per come è stato minuziosamente disegnato all’articolo 1399 del COM [2] (per i più curiosi, ho postato integralmente tale articolo in nota!). Ebbene, tale “processino” si svolge secondo le seguenti sei fasi, delle quali solo le prime quattro avvengono necessariamente alla simultanea presenza di Comandante di corpo, incolpato, difensore, eventuali testimoni e Commissione di disciplina al completo [3]:

  • Fase 1:“contestazione da parte del comandante di corpo o di ente degli addebiti”, durante la quale il Comandante di corpo “apre le danze”, contestando verbalmente all’incolpato la mancanza da cui è scaturito il procedimento disciplinare (il Comandante di corpo rilegge sostanzialmente a voce la “contestazione degli addebiti” – per approfondire leggi qui!);
  • Fase 2:“esposizione da parte dell’incolpato delle giustificazioni in merito ai fatti addebitatigli”, ovvero momento clou in cui il militare incolpato si difende verbalmente dalle accuse mossegli, di solito utilizzando le medesime argomentazioni utilizzate nelle eventuali memorie difensive scritte e depositate prima del “processino” stesso (secondo la tempistica datagli in sede di contestazione degli addebiti – per approfondire leggi qui!);
  • Fase 3 (eventuale):“eventuale audizione di testimoni ed esibizione di documenti”;
  • Fase 4:“intervento del militare difensore”, durante la quale in cui il militare difensore cerca di alleggerire la posizione dell’incolpato, difendendolo appunto (per approfondire leggi qui!);
  • Fase 5: il Comandante di corpo, quindi, “congedati gli eventuali testimoni, l’incolpato e il difensore, sentita la commissione [di disciplina], la invita a ritirarsi per formulare il parere di competenza” che, vi ricordo, non è assolutamente vincolante né in termini di qualità della sanzione da irrogare (consegna di rigore o, eventualmente, altra sanzione di corpo meno grave) né, tantomeno, in termini di quantità della sanzione stessa (numero di giorni, ma ovviamente questo vale solo per la consegna “semplice” o di rigore). Preciso al riguardo che non è scritto da nessuna parte che un procedimento disciplinare avviato per infliggere la consegna di rigore debba necessariamente concludersi con l’effettiva irrogazione di una consegna di rigore: il Comandante di corpo, sulla base di quanto emerge durante il “processino”, rimane difatti libero di optare per una sanzione disciplinare di corpo più mite (consegna semplice, rimprovero o richiamo) o di non infliggerne alcuna [4];
  • Fase 6: terminati tutti gli adempimenti, “il comandante di corpo fa redigere e firma apposito verbale nel quale, oltre alla motivazione della decisione e al parere della commissione, sono precisate le generalità dei componenti della commissione e del militare difensore” (articolo 1399, nono comma, del COM).

Tenete infine a mente che “il comandante di corpo o di ente deve rendere nota la propria decisione possibilmente entro lo stesso giorno. La decisione è comunicata senza ritardo all’interessato anche quando non sono applicate sanzioni” (articolo 1399, ottavo comma, del COM) anche se, nella pratica, tale decisione viene di solito comunicata verbalmente a incolpato e difensore direttamente dal Comandante di corpo alla fine della seduta, per essere poi formalizzata per iscritto in un momento successivo.

Tutto qui … il film si svolge grossomodo come ve l’ho appena riassunto, non mi resta quindi che salutarvi … buona visione e ad maiora!

TCGC

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[1]: infatti, ai sensi dell’articolo 1362, settimo comma, del COM, “con la consegna di rigore possono, inoltre, essere puniti: a) fatti previsti come reato, per i quali il comandante di corpo non ritenga di richiedere il procedimento penale, ai sensi dell’articolo 260 c.p.m.p. [codice penale militare di pace]; b) fatti che hanno determinato un giudizio penale a seguito del quale è stato instaurato un procedimento disciplinare”.

[2]: articolo 1399 del COM – Procedure per infliggere la consegna di rigore:

1. Dopo aver provveduto agli adempimenti indicati nell’articolo 1400, il comandante di corpo o di ente convoca l’incolpato, il difensore e la commissione.

2. Il procedimento si svolge, quindi, come segue: a) contestazione da parte del comandante di corpo o di ente degli addebiti; b) esposizione da parte dell’incolpato delle giustificazioni in merito ai fatti addebitatigli; c) eventuale audizione di testimoni ed esibizione di documenti; d) intervento del militare difensore

3. Il comandante, congedati gli eventuali testimoni, l’incolpato e il difensore, sentita la commissione, la invita a ritirarsi per formulare il parere di competenza. Se non vi è accordo tra i componenti della commissione, il parere è espresso a maggioranza.

4. I componenti la commissione sono tenuti al segreto sulle opinioni espresse nel proprio ambito.

5. Il parere è reso noto verbalmente al comandante di corpo o di ente entro il tempo massimo di due ore.

6. Il parere non è vincolante.

7. Il comandante di corpo o di ente deve rendere nota la propria decisione possibilmente entro lo stesso giorno. La decisione è comunicata senza ritardo all’interessato anche quando non sono applicate sanzioni.

8. Quando previsto, la comunicazione è effettuata anche per iscritto.

9. Successivamente alla seduta, il comandante di corpo fa redigere e firma apposito verbale nel quale, oltre alla motivazione della decisione e al parere della commissione, sono precisate le generalità dei componenti della commissione e del militare difensore”.

[3]: che, ai sensi dell’articolo 1400 del COM “è composta da tre militari, di cui due di grado superiore e un pari grado del militare che ha commesso la mancanza”.

[4]: ai sensi dell’articolo 751, secondo comma, del TUOM, il Comandante di corpo sarà invece vincolato a tenere conto, “nell’irrogazione della consegna di rigore, della gravità del fatto, della recidività, delle circostanze in cui è stata commessa l’infrazione e del danno che ne è derivato al servizio e all’Amministrazione”.

IL MILITARE PUÒ ESSERE PUNITO DUE VOLTE PER LA STESSA MANCANZA? ESISTE CIOÈ IL “NE BIS IN IDEM” NEL DIRITTO DISCIPLINARE MILITARE?

Argomento che può apparire banale ad alcuni ma che, vi assicuro, banale non è affatto perché regna la confusione più totale in materia. Iniziamo col dire che con la locuzione latina “ne bis in idem” (= non due volte sulla stessa cosa) si identifica un principio giuridico che è presente nella (quasi) totalità degli ordinamenti giuridici esistenti, incluso quello militare (per approfondire leggi qui!). In via di estrema sintesi sulla base di tale principio è vietato sottoporre a giudizio, per più di una volta, uno stesso individuo per il medesimo fatto … mi spiego meglio … un giudice (o per quanto ci riguarda, un Comandante militare nell’esercizio del potere disciplinare) non può pronunciarsi due volte su una medesima vicenda e questo avviene:

  • da un lato, a garanzia della certezza del diritto (che mira a creare situazioni stabili e definite), anche al fine di evitare possibili contrasti tra decisioni, nonché lo spreco di risorse che deriva dalla ripetizione (inutile) di attività processuali/procedurali;
  • dall’altro, per scongiurare il rischio di poter essere esposti ad una “persecuzione” teoricamente illimitata da parte dell’autorità che ha il potere di giudicare e sanzionare.

Come è semplice intuire, tale principio opera soprattutto a livello processuale penale [1] ma, per quanto di interesse, sappiate che trova applicazione anche nell’ambito del diritto disciplinare militare: l’articolo 1371 del Decreto legislativo n. 66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare(cosiddetto COM) stabilisce infatti che “fatto salvo quanto previsto dagli articoli 1365 [2] e 1366 [3], medesimo fatto non può essere punito più di una volta con sanzioni di differente specie [4]”. Ciò significa che il potere disciplinare militare è “one shot”, cioè si consuma perché una volta esercitato (… e non è necessario che sia stata per forza adottata una sanzione disciplinare! [5]) non si può più (ri)esercitare! La conseguenza più evidente di tale principio è che se un soggetto viene punito con una sanzione disciplinare di corpo, poi non può essere nuovamente punito per i medesimi fatti [6] con una sanzione disciplinare di stato (per approfondire leggi qui!). A dire il vero, anche se non è espressamente previsto dal COM, tale principio opera anche tra sanzioni della stessa “specie” (cioè tra più sanzioni disciplinari di corpo o tra più sanzioni disciplinari di stato – per approfondire leggi qui!) e questo si ricava dalla ratio che sottende al principio del “ne bis in idem” nonché, implicitamente, anche dall’articolo 1365 del COM nella parte in cui prevede espressamente che “ogni militare può presentare, in qualunque tempo, istanza scritta tendente a ottenere il riesame della sanzione disciplinare inflittagli, se sopravvengono nuove prove tali da far ritenere applicabile una sanzione minore o dichiarare il proscioglimento dall’addebito […][7] … detto altrimenti un provvedimento disciplinare può essere riaperto esclusivamente nel caso in cui vengano addotte nuove prove, tali da rendere opportuna l’adozione di una sanzione disciplinare minore, se non addirittura il proscioglimento del militare dall’addebito (per approfondire leggi qui!).

Ci sarebbe molto altro da dire, ma ritengo sia meglio fermarmi qui.

Ad maiora!

TCGC

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[1]: articolo 649 del codice di procedura penale – Divieto di un secondo giudizio:“1. L’imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale divenuti irrevocabili non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze, salvo quanto disposto dagli articoli 69 comma 2 e 345. 2. Se ciò nonostante viene di nuovo iniziato procedimento penale, il giudice in ogni stato e grado del processo pronuncia sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, enunciandone la causa nel dispositivo”.

[2]: per quanto riguarda l’“istanza di riesame delle sanzioni disciplinari di corpo” (per approfondire leggi qui!).

[3]: per quanto riguarda il “ricorso gerarchico avverso le sanzioni disciplinari di corpo” (per approfondire leggi qui!).

[4]: cioè sanzioni disciplinari di corpo e sanzioni disciplinari di stato (per approfondire leggi qui!).

[5]: basta solo che un procedimento disciplinare sia stato regolarmente aperto e poi concluso, anche senza l’adozione di alcuna sanzione disciplinare! Ovviamente, la cosa non vale per i procedimenti disciplinari annullati per vizi procedurali eccetera.

[6]: ovviamente perché possa operare il principio del “ne bis in idem” i fatti oggetto del procedimento disciplinare devono essere gli stessi e tale identità, secondo costante giurisprudenza, deve essere “misurata” attraverso quello che emerge dalla “contestazione degli addebiti” che cristallizza il fatto contestato all’incolpato in modo da consentirgli anche di potersi adeguatamente difendere. Sulla base di ciò, sarà nuovo un procedimento disciplinare in cui si contestano all’incolpato fatti nuovi e quindi diversi e ulteriori rispetto a quelli contestati nel precedente procedimento disciplinare.

[7]: l’articolo 1365 del COM riprende i contenuti dell’articolo 121 del D.P.R. n. 3 del 1957 “Testo Unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato”, cioè una norma di riferimento per tutto il pubblico impiego e, sulla base della quale si riconosceva l’operatività del principio del “ne bis in idem” in ambito disciplinare militare prima dell’approvazione del COM, che prevede proprio che il procedimento disciplinare possa essere riaperto se vengano addotte “nuove prove tali da far ritenere che sia applicabile una sanzione minore o possa essere dichiarato il proscioglimento dall’addebito”.

IL RICORSO GERARCHICO CONTRO LE SANZIONI DISCIPLINARI MILITARI DI CORPO

Il ricorso gerarchico è il principale rimedio amministrativo impugnatorio [1] esperibile, per vizi di merito e di legittimità (per approfondire leggi qui!), contro le sanzioni disciplinari di corpo [2] (per approfondire, leggi qui!) e per queste soltanto [3]! Il ricorso gerarchico viene disciplinato in linea generale dal D.P.R. n. 1199 del 1971 titolato “Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi” (vi ho postato in nota gli articoli di interesse [4]) dove viene sancito, tra l’altro, che:

  • deve essere presentato all’organo sovraordinato di quello che ha emesso il provvedimento disciplinare di corpo impugnato nel termine di trenta giorni dalla data della notificazione o della comunicazione in via amministrativa dell’atto impugnato, ovvero da quando l’interessato ne abbia avuto piena conoscenza;
  • si intende respinto a tutti gli effetti […] decorso il termine di novanta giorni dalla data di presentazione […] senza che l’organo adito abbia comunicato la decisione.

Tanto premesso, sappiate che il Decreto legislativo n. 66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare(cosiddetto COM) dedica alcuni articoli al ricorso gerarchico avverso le sanzioni disciplinari di corpo e, in particolare:

  • l’articolo 1363 del COM:“ L’organo sovraordinato di cui all’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199, è rappresentato dall’organo gerarchicamente superiore a quello che ha emesso il provvedimento. 2. Avverso le sanzioni disciplinari di corpo non è ammesso ricorso giurisdizionale o ricorso straordinario al Presidente della Repubblica se prima non è stato esperito ricorso gerarchico o sono trascorsi novanta giorni dalla data di presentazione del ricorso. 3. È comunque in facoltà del militare presentare, secondo le modalità stabilite dal presente codice, istanze tendenti a ottenere il riesame di sanzioni disciplinari di corpo (per approfondire leggi qui!)”;
  • l’articolo 1366 del COM:“il superiore, per il cui tramite va proposto il ricorso gerarchico, deve inoltrarlo sollecitamente senza pareri o commenti all’autorità gerarchica immediatamente superiore a quella che ha inflitto la sanzione di corpo”.

Tanto detto, ritengo doveroso fare qualche rapidissimo chiarimento:

  • cosa significa esattamente “[…] non è ammesso ricorso giurisdizionale o ricorso straordinario al Presidente della Repubblica se prima non è stato esperito ricorso gerarchico” di cui all’articolo 1363 del COM? Detto altrimenti, se vengo punito e voglio impugnare la sanzione disciplinare di corpo innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale (per intenderci il TAR – per approfondire leggi qui!) o al Presidente della Repubblica (nel ricorso straordinario), devo per forza prima presentare un ricorso gerarchico? Beh, dopo un lunghissimo dibattito giurisprudenziale, il Consiglio di Stato è arrivato a ricostruire la questione proprio in questi termini. Quindi se presento direttamente un ricorso al TAR o al Presidente della Repubblica (senza cioè aver prima presentato un ricorso gerarchico), questo verrà con ogni probabilità dichiarato inammissibile [5].
  • l’organo competente a decidere sul ricorso è l’“organo sovraordinato di quello che ha emesso il provvedimento disciplinare di corpo impugnato” che non coincide necessariamente con il Comandante di corpo. Spesso accade effettivamente così, ma non necessariamente: ecco perché è competente a decidere il provvedimento disciplinare emesso dal Comandante di compagnia il Comandante di battaglione e non quello di reggimento (che di solito è anche Comandante di corpo) [6];
  • sebbene l’articolo 6 del D.P.R. 1199 del 1971 preveda che “decorso il termine di novanta giorni dalla data di presentazione del ricorso senza che l’organo adito abbia comunicato la decisione, il ricorso si intende respinto a tutti gli effetti”, i giudici non sembrano considerarla una ipotesi di rigetto tacito ma solo, come abbiamo appena visto poco sopra, una condizione per poter presentare ricorso giurisdizionale al TAR o straordinario al Presidente della Repubblica. Infatti, anche scaduto il termine di 90 giorni, l’Autorità militare competente conserva il potere di decidere sul ricorso e tale decisione rimane valida al 100%, anche se presa in ritardo;
  • anche se non è scritto da nessuna parte, si ritiene che la decisione sul ricorso gerarchico non possa peggiorare la situazione del ricorrente (cosiddetta reformatio in peius). Se l’Autorità che decide il ricorso dovesse cioè riformare il provvedimento disciplinare, non “dovreste” (il condizionale qui è d’obbligo!) in linea teorica di rischiare di vedervi aumentare la sanzione;
  • prescindendo dalle decisioni di accoglimento o di rigetto (che sono di per sé di facile comprensione), sappiate che l’Autorità competente potrà dichiarare il vostro ricorso “irricevibile” (se lo avete presentato, ad esempio, dopo i 30 giorni previsti), “inammissibile” (se, ad esempio, non lo avete presentato voi ma altra persona che non era legittimata a proporlo, come potrebbe essere un vostro commilitone) o “improcedibile” (nel caso in cui, ad esempio, erano state rilevate delle irregolarità che non avete regolarizzato nel termine stabilito) [7].

Un’ultimissima cosa prima di concludere: anche se per la presentazione di un ricorso gerarchico non è necessaria l’assistenza di un Avvocato, non affidatevi ai consigli di un collega “praticone” ma fatevi invece una sana chiacchierata con il vostro legale di fiducia. Peraltro, considerato che nel ricorso al TAR o straordinario al presidente della Repubblica vengono di solito dichiarati inammissibili i motivi che non siano stati previamente proposti in sede gerarchica, il ricorso gerarchico va scritto bene! Se siete quindi decisi a impugnare una punizione e volete andare fino in fondo, vi consiglio di farvi aiutare da un Avvocato anche nella stesura del ricorso gerarchico, ricordando sempre che “… se pensate che rivolgersi a un Avvocato serio costi troppi soldi, non avete idea di quanto potrebbe costarvi caro farvi assistere da quello sbagliato!”pensateci sopra!

Ad maiora!

TCGC

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[1]: si definisce ricorso “amministrativo” proprio per distinguerlo da quello “giurisdizionale” che si presenta invece al Tribunale Amministrativo Regionale, ovverosia al Giudice amministrativo che, a differenza di un organo amministrativo come è il Comandante, è terzo e imparziale rispetto alle parti nonché, proprio in quanto organo giudiziario, indipendente dal potere esecutivo ed inamovibile.

[2]: ad eccezione del “richiamo” che, consistendo in un mero ammonimento verbale, viene tradizionalmente considerato non impugnabile con ricorso gerarchico per la mancanza del cosiddetto interesse a ricorrere: il richiamo, difatti, non comportando di norma né la privazione della libertà personale né, tantomeno, la trascrizione sul fascicolo personale del militare, non determina a carico di quest’ultimo alcuna lesione della relativa posizione giuridica soggettiva. Inoltre, essendo una sanzione di solito solo orale capite che è difficile da impugnare. A dire il vero, mi capitò una volta di vedere un ricorso gerarchico avverso un richiamo … in tale eccezionale circostanza, però, il richiamo in questione era stato “verbalizzato” nel resoconto di un colloquio … era stato insomma messo per iscritto!

[3]: per impugnare una sanzione disciplinare di stato si può difatti solo presentare ricorso giurisdizionale al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) o straordinario al Presidente della Repubblica. Non esiste cioè alcuna possibilità di presentare ricorso gerarchico avverso le sanzioni disciplinari di stato (per approfondire leggi qui!).

[4]: D.P.R. n. 1199 del 1971 “Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi”:

  • Art. 1 – Ricorso:Contro gli atti amministrativi non definitivi è ammesso ricorso in unica istanza all’organo sovraordinato, per motivi di legittimità e di merito; da parte di chi vi abbia interesse. Contro gli atti amministrativi dei Ministri, di enti pubblici o di organi collegiali è ammesso ricorso da parte di chi vi abbia interesse nei casi, nei limiti e con le modalità previsti dalla legge o dagli ordinamenti dei singoli enti. La comunicazione degli atti soggetti a ricorso ai sensi del presente articolo deve recare l’indicazione del termine e dell’organo cui il ricorso deve essere presentato”.
  • Art. 2 – Termine / Presentazione:Il ricorso deve essere proposto nel termine di trenta giorni dalla data della notificazione o della comunicazione in via amministrativa dell’atto impugnato o da quando l’interessato ne abbia avuto piena conoscenza. Il ricorso è presentato all’organo indicato nella comunicazione o a quello che ha emanato l’atto impugnato, direttamente o mediante notificazione o mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Nel primo caso, l’ufficio ne rilascia ricevuta. Quando il ricorso è inviato a mezzo posta, la data di spedizione vale quale data di presentazione. I ricorsi rivolti, nel termine prescritto, a organi diversi da quello competente, ma appartenenti alla medesima amministrazione, non sono soggetti a dichiarazione di irricevibilità e i ricorsi stessi sono trasmessi d’ufficio all’organo competente”.
  • Art. 3 – Sospensione dell’esecuzione:D’ufficio o su domanda del ricorrente, proposta nello stesso ricorso o in successiva istanza da presentarsi nei modi previsti dall’art. 2, secondo comma, l’organo decidente può sospendere per gravi motivi l’esecuzione dell’atto impugnato”.
  • Art. 4 – Istruttoria: L’organo decidente, qualora non vi abbia già provveduto il ricorrente, comunica il ricorso agli altri soggetti direttamente interessati ed individuabili sulla base dell’atto impugnato. Entro venti giorni dalla comunicazione del ricorso gli interessati possono presentare all’organo cui è diretto deduzioni e documenti. L’organo decidente può disporre gli accertamenti che ritiene utili ai fini della decisione del ricorso”.
  • Art. 5 – Decisione:L’organo decidente, se riconosce che il ricorso non poteva essere proposto, lo dichiara inammissibile. Se ravvisa una irregolarità sanabile, assegna al ricorrente un termine per la regolarizzazione e, se questi non vi provvede, dichiara il ricorso improcedibile. Se riconosce infondato il ricorso, lo respinge. Se lo accoglie per incompetenza, annulla l’atto e rimette l’affare all’organo competente. Se lo accoglie per altri motivi di legittimità o per motivi di merito, annulla o riforma l’atto salvo, ove occorra, il rinvio dell’affare all’organo che lo ha emanato. La decisione deve essere motivata e deve essere emessa e comunicata all’organo o all’ente che ha emanato l’atto impugnato, al ricorrente e agli altri interessati, ai quali sia stato comunicato il ricorso, in via amministrativa o mediante notificazione o mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento”.
  • Art. 6 – Silenzio:Decorso il termine di novanta giorni dalla data di presentazione del ricorso senza che l’organo adito abbia comunicato la decisione, il ricorso si intende respinto a tutti gli effetti, e contro il provvedimento impugnato è esperibile il ricorso all’autorità giurisdizionale competente, o quello straordinario al Presidente della Repubblica”.

[5]: in tal senso il Consiglio di Stato nella sentenza n. 880 del 2018.

[6]: Ovviamente nel caso di compagnia autonoma che magari dipenda direttamente dal Comandante di reggimento, l’Autorità militare competente a decidere sul ricorso coinciderà con quest’ultimo!

[7]: in tal senso, anche l’articolo 35 del Decreto Legislativo n. 104 del 2010 “Codice del processo amministrativo” – Pronunce di rito:“1. Il giudice dichiara, anche d’ufficio, il ricorso:

  1. irricevibile se accerta la tardività della notificazione o del deposito;
  2. inammissibile quando è carente l’interesse o sussistono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito;
  3. improcedibile quando nel corso del giudizio sopravviene il difetto di interesse delle parti alla decisione, o non sia stato integrato il contraddittorio nel termine assegnato, ovvero sopravvengono altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito […]”. 

L’ANNULLAMENTO D’UFFICIO E IL RIESAME DELLE SANZIONI DISCIPLINARI MILITARI

Mi è stato recentemente chiesto da un collega di chiarire i rimedi non impugnatori contro le sanzioni disciplinari [1] (per approfondire, leggi qui!), ovverosia l’istanza di riesame e l’annullamento d’ufficio. L’argomento può apparire banale ma, vi assicuro, banale non è affatto perché regna la confusione più profonda in materia. Proviamo quindi a vedere a grandi linee in cosa consistono …

1. IL RIESAME DELLE SANZIONI DISCIPLINARI DI CORPO [2]

L’articolo 1365 del “Codice dell’ordinamento militare(cosiddetto COM), titolato proprio “Istanza di riesame delle sanzioni disciplinari di corpo” prevede al riguardo che:“1. Ogni militare può presentare, in qualunque tempo, istanza scritta tendente a ottenere il riesame della sanzione disciplinare inflittagli, se sopravvengono nuove prove tali da far ritenere applicabile una sanzione minore o dichiarare il proscioglimento dall’addebito. 2. L’istanza di riesame non sospende l’esecuzione della sanzione né i termini per la proposizione dei ricorsi avverso il provvedimento disciplinare previsti dall’articolo 1366. 3. L’istanza deve essere diretta, in via gerarchica, alla stessa autorità che ha emesso il provvedimento. 4. Avverso la decisione sull’istanza di riesame emanata dall’autorità adita ai sensi del comma 3, il militare può proporre ricorso gerarchico ai sensi dell’articolo 1366 (per approfondire leggi qui!).

L’articolo non presenta particolari problemi interpretativi, mi limiterò quindi a evidenziare che:

  • per “nuove prove” devono prendersi in considerazione sia quelle emerse dopo la conclusione del procedimento, sia quelle preesistenti ma non prese in considerazione in sede disciplinare. Per quanto precede sarà inammissibile una mera richiesta di valutare nuovamente la condotta del militare che è già stata sanzionata disciplinarmente e che, quindi, non presenta alcun elemento di novità. Ovviamente, sarà onere di chi chiede il riesame quello di acquisire (ed allegare) le nuove prove affinché vengano valutate dall’Autorità militare competente;
  • l’eventuale apertura del procedimento di riesame non sospende né l’esecuzione della sanzione né, tantomeno, i termini per presentare ricorso gerarchico (per approfondire leggi qui!). Il riesame mira quindi a fare in modo che l’Autorità che ha emanato il provvedimento disciplinare (ri)eserciti la propria potestà sanzionatoria;
  • dalla lettura dell’articolo 1365 del COM appare evidente l’intento di perseguire una giustizia sostanziale senza pregiudicare la situazione dell’istante (cosiddetta reformatio in peius). Se l’Autorità che decide il riesame dovesse cioè riformare il provvedimento disciplinare, non rischiate quindi di vedervi aumentare la sanzione disciplinare di cui avete chiesto il riesame. Ciò nonostante, non dimenticate che avverso la decisione è sempre possibile proporre ricorso gerarchico (per approfondire leggi qui!);
  • l’istanza di riesame non è soggetta a termini di decadenza e può essere quindi presentata in qualunque tempo.

2. L’ANNULLAMENTO D’UFFICIO

L’articolo 1372 del COM, titolato “Annullamento d’ufficio del procedimento disciplinare”, prevede che “è consentito l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio degli atti del procedimento disciplinare riconosciuti illegittimi dall’amministrazione militare, nei limiti sanciti dall’articolo 21 nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241”. Ciò significa che è quindi possibile procedere ad un annullamento d’ufficio [3][4]:

  • se sussistono ragioni di pubblico interesse;
  • solo in un termine ragionevole;
  • avendo tenuto conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati;
  • allorquando il provvedimento sia stato “adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza”.

Beh … che dire … come avete visto tale rimedio riproduce sostanzialmente quanto previsto dalla legge n. 241 del 1990: siamo quindi nel campo dell’“autotutela” amministrativa che viene effettuata d’iniziativa dall’Amministrazione della Difesa, senza che sia quindi necessario alcun impulso da parte del militare destinatario del precedente provvedimento disciplinare. Inoltre, alla luce dell’esplicito il riferimento all’“amministrazione militare” presente nell’articolo 1372 del COM, è competente ad agire in autotutela non solo l’Autorità militare che ha sanzionato disciplinarmente il militare, ma anche le Autorità militari superiori.

Credo che non ci sia molto altro da dire senza appesantire troppo il discorso, non mi resta quindi che salutarvi … ad maiora!

TCGC

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[1]: ad eccezione del “richiamo” che, consistendo in un mero ammonimento verbale, viene tradizionalmente considerato non impugnabile con ricorso gerarchico per la mancanza del cosiddetto interesse a ricorrere: il richiamo, difatti, non comportando di norma né la privazione della libertà personale né, tantomeno, la trascrizione sul fascicolo personale del militare, non determina a carico di quest’ultimo alcuna lesione della relativa posizione giuridica soggettiva. Inoltre, essendo una sanzione di solito solo orale capite che è molto difficile da impugnare. A dire il vero, mi capitò una volta di vedere un ricorso gerarchico avverso un richiamo … in tale eccezionale circostanza, però, il richiamo in questione era stato “verbalizzato” nel resoconto di un colloquio … era stato insomma messo per iscritto!

[2]: per approfondire le sanzioni disciplinari di corpo leggi qui!

[3]: art. 21 octies della legge n. 241 del 1990 – Annullabilità del provvedimento: “È annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza. 2. Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. La disposizione di cui al secondo periodo non si applica al provvedimento adottato in violazione dell’articolo 10-bis”.

[4]: art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990 – Annullamento d’ufficio:“1. Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a dodici mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell’articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all’adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo. 2. È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole. 2-bis. I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di dodici mesi di cui al comma 1, fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445”.

L’USO DI STUPEFACENTI DA PARTE DEL MILITARE: POSSIBILI PROFILI DISCIPLINARI

Un collega mi ha chiesto chiarimenti in merito alle conseguenze disciplinari cui va incontro il militare che faccia uso di droga. Premesso che parlerò solo di uso e non di spaccio, traffico o produzione di sostanze stupefacenti, perché in tal caso l’interessato ha già un Avvocato che lo assiste a cui lascio volentieri la sgradevole incombenza!

Ebbene, a prescindere dai risvolti medico legali (eventuale sospensione dal servizio per convalescenza eccetera) e amministrativi (sospensione della patente militare, comunicazione al Prefetto [1] [2], affidamento al SERD o SERT [3] dell’ASL, sospensione/revoca del NOS, possibile trasferimento per “incompatibilità ambientale” eccetera) sappiate che l’Amministrazione della Difesa non è assolutamente “tenera” con chi fa uso di droghe, fermo restando l’avvio del soggetto ad un percorso di recupero [4].

Tanto premesso, nel caso in cui:

  • non siate in servizio permanente, è altamente presumibile che possiate cessare dalla vostra ferma (o rafferma) [5] e dire praticamente addio alla vostra carriera militare [6];
  • siate invece in servizio permanente, è quasi sicuro che verrete sottoposti ad un procedimento militare di stato (per approfondire leggi qui!), rischiando tra l’altro di poter esser rimossi dal grado per grave mancanza disciplinare. Non potete che concordare con me sul fatto che il militare non può far uso di sostanze stupefacenti, avuto conto della “delicatezza” del compito che è chiamato a svolgere che presuppone, tra l’altro, l’uso di armi, la guida di veicoli (molto costosi come può essere un aereo, un elicottero o un carro armato, ma pensiamo pure … e soprattutto direi … a chi da “allegrotto” si mette alla guida di un mezzo pieno di colleghi!), la trattazione di documenti classificati eccetera.

Cercherò ora di dare una risposta a una domanda cruciale: sulla base di quale normativa il militare che fa uso di droghe viene sanzionato disciplinarmente, eventualmente anche con il congedo?

Beh … premesso che l’ordinamento giuridico militare (per approfondire leggi qui!) considera l’uso di droga sostanzialmente incompatibile con il possesso dello status militare … la risposta ad ogni dubbio è come al solito contenuta nel Codice dell’ordinamento militare (decreto legislativo n. 66 del 2010 – cosiddetto COM) e, soprattutto, nel Testo Unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare (decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 – cosiddetto TUOM). Difatti, il militare che fa uso di droghe viola, tra l’altro:

  • i doveri attinenti al giuramento:“1. Con il giuramento di cui all’articolo 621, comma 6, del codice il militare di ogni grado s’impegna solennemente a operare per l’assolvimento dei compiti istituzionali delle Forze armate con assoluta fedeltà alle istituzioni repubblicane, con disciplina e onore, con senso di responsabilità e consapevole partecipazione, senza risparmio di energie fisiche, morali e intellettuali affrontando, se necessario, anche il rischio di sacrificare la vita. 2. L’assoluta fedeltà alle istituzioni repubblicane è il fondamento dei doveri del militare” (articolo del 712 TUOM);
  • i doveri attinenti al grado:“1. Il grado corrisponde alla posizione che il militare occupa nella scala gerarchica. 2. Egli deve astenersi, anche fuori servizio, da comportamenti che possono comunque condizionare l’esercizio delle sue funzioni, ledere il prestigio dell’istituzione cui appartiene e pregiudicare l’estraneità delle Forze armate come tali alle competizioni politiche, fatto salvo quanto stabilito dall’articolo 1483 del codice. 3. Il militare investito di un grado deve essere di esempio nel compimento dei doveri, poiché l’esempio agevola l’azione e suscita lo spirito di emulazione” (articolo 713 del TUOM);
  • il senso di responsabilità:“1. Il senso di responsabilità consiste nella convinzione della necessità di adempiere integralmente ai doveri che derivano dalla condizione di militare per la realizzazione dei fini istituzionali delle Forze armate” (articolo 717 del TUOM);
  • i doveri in materia di formazione militare:“1. Il militare ha il dovere di conservare e migliorare le proprie conoscenze e le capacità psicofisiche […] per poter disimpegnare con competenza ed efficacia l’incarico ricevuto e per far appropriato uso delle armi e dei mezzi affidatigli […]” (articolo 718 del TUOM);
  • le norme di contegno del militare:“ Il militare deve in ogni circostanza tenere condotta esemplare a salvaguardia del prestigio delle Forze armate. 2. Egli ha il dovere di improntare il proprio contegno al rispetto delle norme che regolano la civile convivenza. In particolare deve: a) astenersi dal compiere azioni e dal pronunciare imprecazioni, parole e discorsi non confacenti alla dignità e al decoro; b) prestare soccorso a chiunque versi in pericolo o abbisogni di aiuto; c) consegnare prontamente al superiore o alle autorità competenti denaro o cosa che ha trovato o che gli sono pervenuti per errore; d) astenersi dagli eccessi nell’uso di bevande alcoliche ed evitare l’uso di sostanze che possono alterare l’equilibrio psichico; e) rispettare le religioni, i ministri del culto, le cose e i simboli sacri e astenersi, nei luoghi dedicati al culto, da azioni che possono costituire offesa al senso religioso dei partecipanti […]” (articolo 732 del TUOM).

Sappiate infine che i Giudici amministrativi (TAR e Consiglio di Stato – per approfondire leggi qui!), chiamati a giudicare sulla correttezza delle sanzioni disciplinari di corpo e di stato (per approfondire leggi qui!) comminate ai militari colpevoli di aver fatto uso di droghe, hanno sostanzialmente approcciato alla problematica in due modi:

  • in un primo, che possiamo definire “duro”, ritenendo corretto comminare al militare una sanzione disciplinare di stato, ma sempre nel rispetto dei cosiddetti principi di proporzionalità e di ragionevolezza. Detto altrimenti, alcuni Giudici amministrativi hanno ritenuto che l’uso meramente “occasionale” di droga non costituisca, di per sé, presupposto sufficiente per l’adozione della sanzione disciplinare di stato della perdita del grado per rimozione (cioè il congedamento ed il conseguente licenziamento!);
  • in un secondo modo, “durissimo” direi, considerando sempre legittima la sanzione disciplinare di stato della perdita del grado per rimozione … quindi anche in caso di mera occasionalità nell’uso di sostanze stupefacenti.

Un’ultima cosa prima di concludere, se durante il servizio (o ancora peggio, durante lo svolgimento di un servizio regolato da consegna – per approfondire leggi qui!) siete colti in stato di ubriachezza, sapete bene che avete commesso il reato di “ubriachezza in servizio” di cui all’articolo 139 [7] del codice penale militare di pace (CPMP). La cosa che però molto spesso viene sottovalutata è che tale articolo si conclude con le seguenti parole “[…] le stesse disposizioni si applicano, quando la capacità di prestare il servizio sia esclusa o menomata dall’azione di sostanze stupefacenti”. Ecco quindi che il reato di ubriachezza in servizio si realizza anche nel caso in cui il militare, durante il servizio, venga trovato positivo al drug-test! Tenetelo bene a mente e, soprattutto, evitate “leggerezze” che possono costarvi molto molto caro … ovviamente, essendo il reato militare di ubriachezza in servizio normalmente punibile con la pena della reclusione militare non superiore nel massimo a sei mesi (quantomeno nell’ipotesi base di cui al primo comma), affinché possa dar vita ad un procedimento penale è necessaria la richiesta del Comandante di corpo (per approfondire leggi qui!).

Detto ciò, non mi resta che salutarvi … ad maiora!

TCGC

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[1]: art. 75 del D.P.R. 309 del 1990Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza” – Condotte integranti illeciti amministrativi:“1. Chiunque, per farne uso personale, illecitamente importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque detiene sostanze stupefacenti o psicotrope è sottoposto […] a una o più delle seguenti sanzioni amministrative: a) sospensione della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori o divieto di conseguirli per un periodo fino a tre anni ; b) sospensione della licenza di porto d’armi o divieto di conseguirla; c) sospensione del passaporto e di ogni altro documento equipollente o divieto di conseguirli; d) sospensione del permesso di soggiorno per motivi di turismo o divieto di conseguirlo se cittadino extracomunitario […]”.

[2]: art. 1064 del TUOM – Disciplina:“1. In relazione alla rilevante finalità di interesse pubblico di gestione del rapporto di impiego o di servizio, ai sensi dell’articolo 112 del decreto n. 196, il trattamento dei dati sensibili e giudiziari, in materia di disciplina del personale militare, avviene nell’ambito dei seguenti procedimenti e attività: a) procedimento disciplinare per l’irrogazione di una sanzione disciplinare di corpo; b) cessazione degli effetti delle sanzioni disciplinari di corpo; c) controllo di legittimità in materia di sanzioni disciplinari di corpo; d) esame di provvedimenti giurisdizionale a fini disciplinari; e) procedimenti per l’applicazione delle sanzioni disciplinari di stato; f) reintegrazione nel grado a seguito di perdita del grado quale sanzione di stato; g) applicazione, cessazione degli effetti e revoca di misure disciplinari precauzionali; h) trattazione delle istanze per conferire con le autorità centrali e periferiche; i) comunicazione al prefetto dei casi di tossicodipendenza. 2. In relazione alla rilevante finalità di interesse pubblico di gestione del rapporto di lavoro, ai sensi dell’articolo 112 del decreto n. 196, il trattamento dei dati sensibili e giudiziari, in materia di disciplina del personale civile della Difesa, avviene esclusivamente nell’ambito dei procedimenti disciplinari. 3. Il trattamento dei dati sensibili e giudiziari è effettuato ai sensi dei libri IV e V del codice e della normativa sul rapporto di lavoro del personale civile. 4. I tipi di dati trattati in relazioni a quanto indicato nei commi 1 e 2 sono i seguenti: a) stato di salute: 1) patologie attuali; 2) patologie pregresse; 3) terapie in corso; b) dati di carattere giudiziario. 5. Le particolari forme di elaborazione dei dati, per le finalità di seguito indicate, sono le seguenti: a) comunicazione al Prefetto ai fini dell’applicazione delle sanzioni amministrative previste dall’articolo 75, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di tossicodipendenza; b) comunicazione prevista dall’articolo 929 del codice di sottoporsi agli accertamenti sanitari”.

[3]: il SERvizio per le Dipendenze e il SERvizio per le Tossicodipendenze sono servizi pubblici del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

[4]: art. 202 del COM – Centri di formazione e di informazione in materia di tossicodipendenze, alcoldipendenze e uso di sostanze dopanti:“1. Il Ministero della difesa promuove: a) corsi formativi di psicologia e sociologia per tutti gli ufficiali medici e per gli allievi delle scuole infermieri, nonché per ufficiali e sottufficiali di arma finalizzati ad addestrare personale esperto preposto alla tutela della salute fisica e psichica dei giovani alle armi; b) sessioni di studio sulla psicologia di gruppo e su temi specifici di sociologia; c) seminari sul disadattamento giovanile, sulle tossicodipendenze, le alcoldipendenze e l’uso di sostanze dopanti, da svolgersi periodicamente per la continua formazione e aggiornamento dei quadri permanenti. 2. Il Ministero della difesa: a) organizza presso accademie, scuole militari, scuole di sanità militare, comandi ed enti militari, corsi di informazione sui danni derivanti dall’uso di sostanze stupefacenti, psicotrope, alcoliche, tabacco e sostanze dopanti, inserendoli nel più ampio contesto dell’azione di educazione civica e sanitaria che è svolta nei confronti dei giovani arruolati e dei militari di leva, in caso di ripristino della stessa; b) da’ informazioni complessive sul fenomeno criminoso del traffico di sostanze stupefacenti, psicotrope e dopanti; tali informazioni sono attuate anche mediante periodiche campagne basate su conferenze di ufficiali medici al personale militare, con il supporto di mezzi audiovisivi e opuscoli”;

art. 203 del COM – Azione di prevenzione e accertamenti sanitari:“Il Ministero della difesa tramite i consultori e i servizi di psicologia delle Forze armate svolge azione di prevenzione contro le tossicodipendenze, le alcoldipendenze e l’uso di sostanze dopanti. 2. In occasione delle operazioni di arruolamento dei volontari e di selezione per la leva, in caso di ripristino della stessa, se è individuato un caso di tossicodipendenza, tossicofilia, alcoldipendenza o doping, l’autorità militare, che presiede alla visita medica e alle prove psicoattitudinali, dispone l’invio dell’interessato all’ospedale militare per gli opportuni accertamenti. 3. Analogamente provvede l’autorità sanitaria militare nel corso delle visite mediche previste dall’articolo 929”;

art. 204 del COM – Rapporti con le strutture socio-sanitarie civili: “1. I rapporti di collaborazione tra struttura sanitaria militare e strutture sanitarie civili impegnate nel settore delle tossicodipendenze, alcoldipendenze e contrasto dell’uso di sostanze dopanti, sono volti ad assicurare, in ogni caso, la continuità dell’assistenza e a favorire il recupero socio-sanitario dell’interessato. 2. I dati statistici relativi all’andamento del fenomeno della tossicodipendenza, alcoldipendenza e uso di sostanze dopanti, rilevati nell’ambito militare, sono trasmessi ogni dodici mesi ai Ministeri della salute e dell’interno”.

[5]: in tal senso l’art. 957 del COM, titolato “Casi di proscioglimento dalla ferma o dalla rafferma”, che prevede espressamente al secondo comma che “[…] il proscioglimento per esito positivo degli accertamenti diagnostici per l’abuso di alcool, per l’uso, anche saltuario od occasionale, di sostanze stupefacenti, nonché per l’utilizzo di sostanze psicotrope a scopo non terapeutico, è disposto sulla base della documentazione attestante gli accertamenti diagnostici effettuati”.

[6]: ricordiamo peraltro che un requisito per il reclutamento è proprio l’“esito negativo agli accertamenti diagnostici per l’abuso di alcool, per l’uso, anche saltuario od occasionale, di sostanze stupefacenti, nonché’ per l’utilizzo di sostanze psicotrope a scopo non terapeutico(art. 635 del COM – per approfondire leggi qui!).

[7]: art. 139 CPMP:“Il militare, che, in servizio, ovvero dopo di essere stato comandato per il servizio, è colto in stato di ubriachezza, volontaria o colposa, tale da escludere o menomare la sua capacità di prestarlo, è punito con la reclusione militare fino a sei mesi. Se il fatto è commesso dal comandante del reparto o da un militare preposto al servizio o capo di posto, la pena è della reclusione militare fino a un anno. Le stesse disposizioni si applicano, quando la capacità di prestare il servizio sia esclusa o menomata dall’azione di sostanze stupefacenti”.

L’ESAME DEL GIUDICATO PENALE

Argomento evergreen che merita un breve approfondimento … beh, iniziamo col dire che con l’esame del giudicato penale l’Amministrazione militare controlla (“esamina”, appunto!) il provvedimento giudiziario finale di un procedimento penale relativo a un dipendente (cioè il “giudicato” – per approfondire leggi qui!) per verificare la compatibilità dei fatti emersi in sede penale con l’ordinamento giuridico militare (per approfondire leggi qui!). Detto altrimenti, viene analizzata la sentenza che vede coinvolto il militare dipendente per verificare se sussistano i presupposti necessari all’avvio di un procedimento disciplinare nei relativi confronti (di stato o di corpo non importa – per approfondire leggi qui!) … fermo restando che il codice di procedura penale (c.p.p.) obbliga l’Amministrazione militare a prender “per buona” la ricostruzione dei fatti che emerge dalla sentenza, senza alcuna possibilità di discostarvisi. Difatti, l’articolo 653 c.p.p. prevede espressamente che:

  • la sentenza penale irrevocabile di assoluzione[…] ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale ovvero che l’imputato non lo ha commesso”;
  • la sentenza penale irrevocabile di condanna “[…] ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso”.

Due sono gli attori principali che entrano in gioco nel corso dell’esame del giudicato penale: il Comandante di corpo del militare e l’Autorità competente [1] a disporre l’inchiesta formale disciplinare (per approfondire leggi qui!). Ebbene il Comandante di corpo, acquisita la sentenza la trasmetterà, corredata da un proprio parere, al Vertice d’Area/Alto Comando competente a definire la posizione disciplinare del militare, anche nel caso in cui ritenga di adottare nei relativi confronti una mera sanzione disciplinare di corpo (che è e rimane una sua prerogativa!) ovvero di non adottarne alcuna. Sarà poi l’Autorità superiore competente (quella cioè che può disporre l’inchiesta formale disciplinare – per approfondire leggi qui!) a definire la questione:

Ovviamente, la questione è molto molto più complicata di come ve l’ho appena riepilogata ma, visto il taglio pratico che ho deciso di dare anche a questo post, è meglio che mi fermi qui!

Prima di concludere voglio però lasciarvi con un doveroso spunto di riflessione: abbiamo parlato di sentenze di condanna e di assoluzione, nonché del valore che gli viene dato dall’articolo 653 c.p.p., ma nella realtà delle cose un procedimento penale può concludersi in moltissimi altri modi [2], anche ben prima che si formi un giudicato di condanna o di assoluzione “secca” [3] (per approfondire leggi qui!). Quanto detto per evidenziare come nulla escluda che quanto emerge dagli atti processuali (da tutti gli atti processuali … per intenderci, anche dalla mera imputazione in un procedimento penale poi archiviato!) possa avere una qualche rilevanza disciplinare. L’esercizio dell’azione disciplinare è difatti precluso all’Amministrazione militare solo in presenza di un’assoluzione “piena” (cioè quella che si ha con le formule assolutorie “perché il fatto non sussiste” o “perché l’imputato non lo ha commesso”) e, solo in questo caso, l’Autorità competente a ordinare l’inchiesta formale disciplinare ne dovrà prendere atto definendo obbligatoriamente la posizione disciplinare del militare con l’archiviazione.

Quanto precede per farvi capire che se si sta conducendo un esame del giudicato penale su una sentenza che vi vede coinvolti, non dovete affidarvi ad internet! Al contrario, fatevi una bella chiacchierata con il vostro Avvocato di fiducia … magari proprio quello che vi ha assistito in giudizio e che dovrebbe meglio di tutti conoscere la vostra situazione processuale. Mi raccomando, prestate sempre la massima attenzione a quello che vi succede intorno, senza mai abbassare la guardia … le conseguenze di un esame del giudicato penale gestito male posso difatti essere devastanti sia dal punto di vista umano che da quello professionale! Vi saluto, ad maiora!

TCGC

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[1]: art. 1378 del Decreto legislativo n. 66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare” (cosiddetto COM):“1. La decisione di sottoporre un militare a inchiesta formale spetta alle seguenti autorità:

a) al Ministro della difesa se si tratti di: 1) ufficiali generali o colonnelli o gradi corrispondenti; 2) ufficiali o sottufficiali assegnati a enti, comandi e reparti di altra Forza armata; 3) militari corresponsabili appartenenti alla stessa Forza armata, ma dipendenti da autorità diverse; 4) militari corresponsabili appartenenti a Forze armate diverse, anche quando ricorre l ‘ipotesi di connessione tra i fatti a loro ascritti;

b) al Capo di stato maggiore della difesa, nell’area di competenza, nei confronti del personale militare dipendente;

c) al Segretario generale della difesa, se militare, nei confronti del personale militare dipendente dell’area tecnico-amministrativa e tecnico-industriale;

d) ai Capi di stato maggiore, sul personale militare in servizio presso reparti e uffici dei rispettivi stati maggiori e organismi centrali di Forza armata;

e) al Comandante generale dell’Arma dei carabinieri: 1) per gli ufficiali dell’Arma dei carabinieri; 2) per gli altri militari dell’Arma, se non provvedono le autorità di cui alle lettere h) e i);

f) ai rispettivi comandanti di Forza armata, di livello gerarchico pari a generale di corpo d’armata o gradi corrispondenti, per gli ufficiali, i sottufficiali e i volontari in servizio dell’Esercito italiano e dell’Aeronautica militare, nonché agli alti comandanti della Marina militare, per gli ufficiali, i sottufficiali e i volontari in servizio della Marina militare; ai comandanti territoriali di livello gerarchico pari a generale di corpo d’armata e gradi corrispondenti competenti in ragione del luogo di residenza dell’interessato se in congedo;

g) al comandante militare competente a provvedere per il sottufficiale o per il militare di truppa più elevato in grado o più anziano, se vi è corresponsabilità tra sottufficiali o i militari di truppa della stessa Forza armata dipendenti da comandanti militari diversi o residenti in territori di competenza di diversi comandanti militari territoriali, tra quelli sopra considerati;

h) ai rispettivi comandanti di vertice, di livello gerarchico pari a generale di corpo d’armata, per gli ispettori e i sovrintendenti dell’Arma dei carabinieri in servizio, o in caso diverso o in mancanza di tale dipendenza, ai comandanti territoriali di livello gerarchico pari a generale di corpo d’armata competenti in ragione del luogo di residenza dell’interessato;

i) ai rispettivi comandanti di corpo per gli appuntati e carabinieri in servizio, o in caso diverso o in mancanza di tale dipendenza, al comandante territoriale di corpo competente in ragione del luogo di residenza dell’interessato. In caso di corresponsabilità tra più appuntati e carabinieri provvede il comandante di corpo del più elevato in grado o del più anziano. In caso di corresponsabilità con militari di altre Forze armate si provvede ai sensi della lettera g)”.

[2]: mi riferisco, ad esempio, alle sentenze di proscioglimento per non doversi procedere, perché l’azione penale non doveva essere iniziata o non doveva essere proseguita per difetto di una condizione di procedibilità, per estinzione del reato, perché l’imputato non è punibile per particolare tenuità del fatto eccetera … e la lista è molto molto lunga!

[3]: come, ad esempio, in caso di archiviazione per infondatezza della notizia di reato, per la mancanza di una condizione di procedibilità eccetera.

IL MILITARE IN CONGEDO È SOTTOPOSTO ALLA DISCIPLINA MILITARE?

Il militare in congedo è sottoposto alla disciplina militare? Insomma  … può esser in qualche modo punito? Sembrerà strano ad alcuni ma la risposta è sì! Infatti il personale militare in congedo, conservando lo status militare ed il grado posseduto, pur non avendo più alcun obbligo di servizio è pur sempre tenuto ad una condotta compatibile con la dignità, il decoro e l’onore del grado rivestito. Ecco quindi perché, nel caso violi tali doveri comportamentali, può subire l’irrogazione di (sole [1] ) sanzioni disciplinari di stato (per approfondire leggi qui!) quali, ai sensi dell’art. 1357 del Decreto legislativo n. 66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare” (cosiddetto COM):

  • la sospensione dalle funzioni del grado per un periodo che va da uno a 12 mesi, con conseguente detrazione di anzianità (per approfondire leggi qui!);
  • la perdita del grado per rimozione, allorquando le violazioni alla disciplina commesse siano talmente gravi da rendere inconciliabile la permanenza del soggetto nell’ambito della compagine militare … e questo a prescindere dal fatto che sia o meno in servizio!

Come si procede? Beh … il procedimento di irrogazione di una sanzione disciplinare di stato (per approfondire leggi qui!) ad un militare in congedo, oltre a poter essere ordinato direttamente dal Ministro della Difesa (articolo 1377 del COM), può essere disposto anche dai “comandanti territoriali di livello gerarchico pari a generale di corpo d’armata e gradi corrispondenti competenti in ragione del luogo di residenza dell’interessato se in congedo” (articolo 1378 del COM) … poi, per il resto, si svolge grossomodo come quello previsto per il personale in servizio, con la nomina di un ufficiale inquirente, lo svolgimento di una inchiesta formale (per approfondire leggi qui!) eccetera … 

Tutto qui, non c’è molto altro da dire … ad maiora!

TCGC

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[1]: non è infatti prevista la possibilità di irrogare al militare in congedo sanzioni disciplinari di corpo.

 

SEI APPENA STATO NOMINATO “UFFICIALE INQUIRENTE”? HAI IDEA IN COSA CONSISTA L’INCARICO CHE SEI APPENA STATO CHIAMATO A RICOPRIRE?

Sei appena stato nominato “Ufficiale inquirente” e non hai la minima idea di cosa significhi? Beh … si tratta di un incarico complesso che può però dare molte soddisfazioni, basta non perdersi d’animo ed approcciare la questione con serietà e buon senso … vedrete che andrete alla grande!

Ebbene, iniziamo col dire che l’Ufficiale inquirente è colui che svolge un’inchiesta, cioè un’istruttoria … detto altrimenti approfondisce i fatti, li esamina e li analizza. Ecco, quindi, che vi è stato chiesto sostanzialmente di fare chiarezza su una questione in modo da preparare il lavoro a chi dovrà poi prendere una decisione che, di solito (ma non sempre), coincide con l’Autorità militare che vi ha conferito l’incarico!

Esistono differenti tipi di inchiesta che perseguono differenti finalità e che, conseguentemente, attribuiscono all’Ufficiale inquirente diversi poteri e prerogative. In ogni modo, a prescindere dal tipo di inchiesta affidataci, il succo della questione non cambia di molto: il compito dell’Ufficiale inquirente rimane quello di istruire una questione, ricostruire i fatti e lumeggiare una situazione … ovverosia approfondire, analizzare, esaminare e andare in fondo al problema!

Per facilitarvi la comprensione, ho dedicato uno specifico post ad ognuna delle principali inchieste militari e, in particolare:

Nella speranza di esser riuscito ad offrirvi qualche elemento di informazione in più, non mi resta che augurarvi buon lavoro e … ad maiora!

TCGC

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IL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE MILITARE DI STATO

Il procedimento disciplinare di stato (per approfondire leggi qui!) viene “attivato” a seguito:

  • di un giudizio penale [1] (è quindi necessario, in questo caso, che ci sia una sentenza o decreto penale a carico del militare e, badate bene, non necessariamente di condanna!);
  • di una grave mancanza disciplinare [2].

Tanto premesso sappiate che, ai sensi dell’articolo 1176 del Decreto legislativo n. 66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare” (cosiddetto COM), il procedimento disciplinare di stato[…] inizia con l’inchiesta formale [per approfondire leggi qui!], che comporta la contestazione degli addebiti”. Tale inchiesta, ai sensi del successivo articolo 1377 del COM, consiste poi nel “complesso degli atti diretti all’accertamento di una infrazione disciplinare per la quale il militare può essere passibile di una delle sanzioni indicate all’articolo 1357”, cioè di una sanzione disciplinare di stato! Una volta che si è conclusa l’inchiesta formale (per approfondire leggi qui!) e sulla base delle relative risultanze, ai sensi del citato articolo 1377 del COM, l’Autorità che l’ha disposta propone al Ministro (nella sostanza alla Direzione Generale per il Personale Militare che ha la delega del Ministro della Difesa per l’irrogazione delle sanzioni disciplinari di stato a carico della stragrande maggioranza del personale dell’Esercito, della Marina, dell’Aeronautica e dell’Arma dei Carabinieri) di definire la posizione del militare inquisito:

  • senza sanzioni di stato;
  • con la sanzione di stato della sospensione disciplinare dall’impiego (o della “sospensione disciplinare dalle funzioni del grado” per il solo personale in congedo).

Conseguentemente, il procedimento si conclude con l’irrogazione di una sanzione disciplinare di stato ovvero con il proscioglimento del militare inquisito da ogni addebito disciplinare [3].

Nel caso in cui l’Autorità che ha ordinato l’inchiesta formale disciplinare ritenga però che il militare inquisito possa essere passibile della sanzione di stato espulsiva della perdita del grado per rimozione (o della “cessazione dalla ferma o dalla rafferma” per il personale non in servizio permanente), ne ordina il deferimento a una Commissione di disciplina. Quest’ultima è un organo collegiale, formato ad hoc di volta in volta per ogni diverso procedimento disciplinare di stato, con una composizione che varia in relazione al grado del militare inquisito [4] e che, ai sensi dell’articolo 1388 del COM, effettua un’ulteriore istruttoria [5] finalizzata però esclusivamente a valutare l’opportunità che il militare inquisito possa o meno continuare a vestire il proprio grado militare. Insomma, trova sostanzialmente la risposta alla seguente domanda:“il militare inquisito è meritevole di conservare il grado?” (ovvero, per il personale non in servizio permanente, di permanere in ferma o in rafferma?).

Gli atti della Commissione di disciplina vengono infine inviati al Ministro (nella sostanza alla Direzione Generale per il Personale Militare che ha la delega del Ministro della Difesa per l’irrogazione delle sanzioni disciplinari di stato a carico della stragrande maggioranza del personale dell’Esercito, della Marina, dell’Aeronautica e dell’Arma dei Carabinieri) che nella normalità dei casi conclude il procedimento con l’irrogazione di una sanzione disciplinare di stato ovvero con il proscioglimento del militare inquisito da ogni addebito disciplinare [6].

Se siete arrivati a leggere fino a questo punto, credo che abbiate inquadrato l’argomento in modo sufficientemente chiaro … non mi resta quindi che salutarvi, ad maiora!

TCGC

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[1]: l’inchiesta formale a seguito di giudizio penale deve essere “attivata” entro 90 giorni dalla data in cui l’Amministrazione della Difesa ha avuto conoscenza integrale della sentenza irrevocabile, del decreto penale di condanna o del provvedimento di archiviazione e deve concludersi entro 270 giorni totali (a far data sempre dalla data di conoscenza della sentenza irrevocabile, del decreto penale o del provvedimento di archiviazione da parte dell’Amministrazione).

[2]: l’inchiesta formale per grave mancanza disciplinare deve essere “attivata” entro 60 giorni dalla conclusione degli accertamenti preliminari (da effettuarsi entro 180 giorni dalla conoscenza del fatto da parte dell’Amministrazione). Fate bene attenzione al fatto che tale procedimento si estingue entro 90 giorni dall’ultimo atto di procedura senza che nessuna ulteriore attività sia stata compiuta.

[3]: nella pratica, accade spesso che contestualmente al proscioglimento del militare inquisito da ogni addebito disciplinare, gli atti vengano comunque trasmessi al relativo Comandante di corpo “per le valutazioni di competenza” … detto altrimenti, affinché questi proceda al vaglio disciplinare dei fatti finalizzato all’eventuale adozione di un provvedimento disciplinare di corpo.

[4]: art. 1380 COM – Composizione delle commissioni di disciplina:“1. La commissione di disciplina è formata di volta in volta, in relazione al grado rivestito dal giudicando, dall’autorità che ha disposto l’inchiesta formale. 2. Quando l’inchiesta formale è disposta dal Ministro della difesa, la commissione di disciplina è formata da uno dei comandanti militari indicati dall’articolo 1378, designato dal Ministro stesso; se il giudicando è ufficiale generale o colonnello alla composizione della commissione provvede il Ministro della difesa […]”.

art. 1381 COM – Commissioni di disciplina per gli ufficiali generali, colonnelli e gradi corrispondenti:“1. La commissione di disciplina per i generali o colonnelli, e gradi corrispondenti, si compone di cinque ufficiali generali o di grado corrispondente, della stessa Forza armata cui il giudicando appartiene, tutti in servizio permanente e di grado superiore a quello rivestito dal giudicando medesimo, o anche di sola anzianità superiore se trattisi di generale di corpo d’armata o ufficiale di grado corrispondente […]”.

art. 1382 COM – Commissioni di disciplina per gli altri ufficiali:“1. La commissione di disciplina per gli ufficiali da sottotenente a tenente colonnello, o gradi corrispondenti, si compone di cinque ufficiali della stessa Forza armata cui appartiene il giudicando, tutti in servizio permanente e di grado superiore a quello rivestito dal giudicando medesimo […]”.

art. 1383 COM – Commissioni di disciplina per i sottufficiali, i graduati e i militari di truppa:“1. La commissione di disciplina per i giudizi a carico di uno o più sottufficiali o volontari di una stessa Forza armata si compone di tre ufficiali in servizio permanente, dei quali almeno due ufficiali superiori e l’altro di grado non inferiore a capitano o corrispondente, tutti della Forza armata cui il giudicando o i giudicandi appartengono […]”.

art. 1384 COM – Commissioni di disciplina per gli appuntati e carabinieri:“1. La commissione di disciplina per gli appuntati e carabinieri si compone di un ufficiale superiore dell’Arma dei carabinieri, presidente, e di due capitani dell’Arma stessa in servizio”.

art. 1385 COM – Commissioni di disciplina per militari appartenenti a diverse Forze armate:

1. Per la formazione della commissione di disciplina a carico di più militari appartenenti a Forze armate diverse, il presidente è tratto dalla Forza armata cui appartiene il più elevato in grado o più anziano.

2.Per la scelta degli altri quattro membri:

a) se il numero dei giudicandi è di due, tre membri sono tratti dalla Forza armata cui appartiene il meno elevato in grado o meno anziano e un membro è tratto dalla Forza armata cui appartiene il presidente;

b) se il numero dei giudicandi è superiore a due, ed essi appartengano a due Forze armate, tre membri sono tratti dalla Forza armata cui appartiene il giudicando meno elevato in grado o meno anziano e uno è tratto dalla Forza armata cui appartiene il presidente. Nel caso che il più elevato in grado o più anziano e il meno elevato in grado o meno anziano appartengano alla stessa Forza armata, per la scelta dei membri sarà considerato meno elevato in grado il giudicando di minor grado o di minore anzianità appartenente alla Forza armata diversa da quella cui appartiene il presidente;

c) se il numero dei giudicandi è superiore a due ed essi appartengano a tre Forze armate, sono tratti due membri da ciascuna delle due Forze armate diverse da quella cui appartiene il presidente;

d) se i giudicandi appartengono a più di tre Forze armate si prevedono due componenti per Forza armata e il membro della stessa Forza armata del presidente deve essere l’ufficiale meno elevato in grado o meno anziano”.

[5]: art. 1388 COM – Procedimento davanti alla commissione di disciplina:

1. Aperta la seduta, il presidente richiama l’attenzione dei membri della commissione sull’importanza dei giudizi che sono chiamati a esprimere; avvisa, inoltre, che devono astenersi, nel chiedere chiarimenti, dal fare apprezzamenti.

2. Fa introdurre quindi il militare, se presente, e:

a) legge l’ordine di convocazione;

b) legge le dichiarazioni scritte dell’avvenuto esame, la parte propria e degli altri membri, degli atti dell’inchiesta formale;

c) fa leggere dal segretario la relazione riepilogativa;

d) chiede se i membri della commissione o il giudicando e l’ufficiale difensore desiderano che sia letto qualsiasi atto dell’inchiesta e, se lo ritiene necessario, ne autorizza la lettura.

3. Il presidente e i membri della commissione previa autorizzazione del presidente possono chiedere al militare chiarimenti sui fatti a lui addebitati.

4. Il giudicando può presentare una memoria, preparata in precedenza e firmata, contenente la sua difesa e può produrre eventuali nuovi documenti. Se non intende valersi di dette facoltà ne rilascia dichiarazione scritta.

5. La memoria e i documenti sono letti da uno dei componenti della commissione e allegati agli atti.

6. Il giudicando, se presente, è ammesso a esporre, anche a mezzo dell’ufficiale difensore, le ragioni a difesa.

7. Il presidente chiede al giudicando, se presente, se ha altro da aggiungere.

8. Udite le ragioni a difesa ed esaminati gli eventuali nuovi documenti, il presidente fa ritirare il militare.

9. La commissione, se ritiene di non poter esprimere, il proprio giudizio senza un supplemento di istruttoria, sospende il procedimento e restituisce gli atti all’autorità che ha ordinato la convocazione, precisando i punti sui quali giudica necessarie nuove indagini.

10. Non verificandosi l’ipotesi di cui al comma 9, il presidente mette alternativamente ai voti i seguenti quesiti:

a) «Il [… militare inquisito …] è meritevole di conservare il grado?»;

b) «Il [… militare inquisito …] è meritevole di permanere in ferma (o in rafferma)?»;

11. La votazione si svolge con modalità tali da garantire la segretezza del voto di ciascun membro. Il giudizio della commissione è espresso a maggioranza assoluta e non è motivato.

12. Il segretario compila subito il verbale della seduta col giudizio della commissione; il verbale è letto e firmato dai componenti della commissione.

13. Il presidente scioglie la commissione e trasmette gli atti direttamente al Ministero della difesa.

14. I componenti della commissione sono vincolati al segreto di ufficio”.

[6]: nella pratica, accade spesso che contestualmente al proscioglimento del militare inquisito da ogni addebito disciplinare, gli atti vengano comunque trasmessi al relativo Comandante di corpo “per le valutazioni di competenza” … detto altrimenti affinché questi proceda al vaglio disciplinare dei fatti finalizzato all’eventuale adozione di un provvedimento disciplinare di corpo.

L’INCHIESTA FORMALE DISCIPLINARE MILITARE

L’inchiesta formale disciplinare è quella fase del procedimento disciplinare di stato (per approfondire leggi qui!) che, ai sensi dell’articolo 1377 del Decreto legislativo n. 66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare” (cosiddetto COM), consiste nel “complesso degli atti diretti all’accertamento di una infrazione disciplinare per la quale il militare può essere passibile di una delle sanzioni indicate all’articolo 1357”, cioè di una sanzione disciplinare di stato appunto! Visto quindi che l’inchiesta formale disciplinare altro non è se non un’istruttoria finalizzata alla raccolta di tutti gli elementi necessari all’accertamento dei fatti che costituiscono la mancanza disciplinare attribuita al militare inquisito e per la quale può essere irrogata allo stesso una sanzione disciplinare di stato, tenete da subito ben presente che non può essere disposta da qualunque superiore ma, al contrario, esclusivamente:

  • dal Ministro della difesa, per tutti i militari [1];
  • da altre Autorità militari, specificamente individuate in ragione della relativa competenza sul militare inquisito [2].

Semplificando al massimo – non me ne vogliano i colleghi giuristi ma questo post non è stato scritto per loro! – possiamo dire che l’inchiesta formale disciplinare, al pari di ogni procedimento amministrativo regolato dalla legge n. 241 del 1990 “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo […]”, consta di 3 diverse fasi:

1. AVVIO

In questa fase l’Autorità competente ad ordinare l’inchiesta formale nomina un Ufficiale inquirente che, per prima cosa, contesta al militare inquisito il fatto o i fatti per i quali si ipotizza la relativa responsabilità disciplinare (la cosiddetta “contestazione degli addebiti” [3]).

2. ISTRUTTORIA

In questa fase l’Ufficiale inquirente:

  • convoca il militare inquisito per prendere visione dei documenti agli atti dell’inchiesta ed essere ascoltato in merito ai fatti che gli sono stati contestati, fissando un termine entro il quale quest’ultimo può presentare eventuali memorie difensive o giustificazioni, sollecitare ulteriori indagini o accertamenti, richiedere l’audizione di personale eccetera;
  • compila una “relazione riepilogativa della quale fa prendere visione al militare inquisito, fissando un ulteriore termine per fargli presentare eventuali ulteriori memorie/deduzioni difensive finali.

3. CONCLUSIONE

In tale ultima fase l’Ufficiale inquirente redige e trasmette una relazione finale” all’Autorità che ha disposto l’inchiesta e con ciò conclude l’inchiesta formale (non il procedimento disciplinare di stato che invece prosegue – per approfondire leggi qui!). Preciso che:

  • l’Ufficiale inquirente è tenuto a redigere tale “relazione finalesenza esprimere alcun giudizio: deve infatti limitarsi a chiarire se l’addebito è fondato, parzialmente fondato o infondato, senza formulare proposte o aggiungere altro;
  • ai sensi dell’articolo 1050 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 “Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare” (cosiddetto TUOM), la “relazione finale” non è ostensibile al militare inquisito o al relativo difensore fino al termine del procedimento … detto altrimenti non può essere visionata o acquisita prima dell’emanazione del provvedimento finale;
  • durante tutta l’inchiesta formale il militare inquisito è assistito da un “militare difensore” nonché, in aggiunta a questi (badate bene … ho scritto “in aggiunta a …” e nonal posto del …”) e a proprie spese, anche da un Avvocato del libero foro [4]. Ritengo necessario evidenziare che tale Avvocato assume la medesima posizione procedurale del “militare difensore” e ciò significa che non può patrocinare alcuna causa … mi spiego meglio … non può fare alcuna arringa difensiva o contrattare con l’Ufficiale inquirente alcunchè … anche perchè, come abbiamo visto, l’Ufficiale inquirente non ha alcun potere decisionale!

Se siete arrivati a leggere fino a questo punto, credo che abbiate inquadrato l’argomento in modo sufficientemente chiaro … non mi resta quindi che salutarvi, ad maiora!

TCGC

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[1]: infatti, ai sensi dell’art. 1377 COM “[…] il Ministro della difesa può, in ogni caso e nei confronti di qualsiasi militare, ordinare direttamente una inchiesta formale”.

[2]: art. 1378 COM:“1. La decisione di sottoporre un militare a inchiesta formale spetta alle seguenti autorità:

a) al Ministro della difesa se si tratti di: 1) ufficiali generali o colonnelli o gradi corrispondenti; 2) ufficiali o sottufficiali assegnati a enti, comandi e reparti di altra Forza armata; 3) militari corresponsabili appartenenti alla stessa Forza armata, ma dipendenti da autorità diverse; 4) militari corresponsabili appartenenti a Forze armate diverse, anche quando ricorre l ‘ipotesi di connessione tra i fatti a loro ascritti;

b) al Capo di stato maggiore della difesa, nell’area di competenza, nei confronti del personale militare dipendente;

c) al Segretario generale della difesa, se militare, nei confronti del personale militare dipendente dell’area tecnico-amministrativa e tecnico-industriale;

d) ai Capi di stato maggiore, sul personale militare in servizio presso reparti e uffici dei rispettivi stati maggiori e organismi centrali di Forza armata;

e) al Comandante generale dell’Arma dei carabinieri: 1) per gli ufficiali dell’Arma dei carabinieri; 2) per gli altri militari dell’Arma, se non provvedono le autorità di cui alle lettere h) e i);

f) ai rispettivi comandanti di Forza armata, di livello gerarchico pari a generale di corpo d’armata o gradi corrispondenti, per gli ufficiali, i sottufficiali e i volontari in servizio dell’Esercito italiano e dell’Aeronautica militare, nonché agli alti comandanti della Marina militare, per gli ufficiali, i sottufficiali e i volontari in servizio della Marina militare; ai comandanti territoriali di livello gerarchico pari a generale di corpo d’armata e gradi corrispondenti competenti in ragione del luogo di residenza dell’interessato se in congedo;

g) al comandante militare competente a provvedere per il sottufficiale o per il militare di truppa più elevato in grado o più anziano, se vi è corresponsabilità tra sottufficiali o i militari di truppa della stessa Forza armata dipendenti da comandanti militari diversi o residenti in territori di competenza di diversi comandanti militari territoriali, tra quelli sopra considerati;

h) ai rispettivi comandanti di vertice, di livello gerarchico pari a generale di corpo d’armata, per gli ispettori e i sovrintendenti dell’Arma dei carabinieri in servizio, o in caso diverso o in mancanza di tale dipendenza, ai comandanti territoriali di livello gerarchico pari a generale di corpo d’armata competenti in ragione del luogo di residenza dell’interessato;

i) ai rispettivi comandanti di corpo per gli appuntati e carabinieri in servizio, o in caso diverso o in mancanza di tale dipendenza, al comandante territoriale di corpo competente in ragione del luogo di residenza dell’interessato. In caso di corresponsabilità tra più appuntati e carabinieri provvede il comandante di corpo del più elevato in grado o del più anziano. In caso di corresponsabilità con militari di altre Forze armate si provvede ai sensi della lettera g)”.

[3]: e questo perché, ai sensi dell’art. 1370 COM, “nessuna sanzione disciplinare può essere inflitta senza contestazione degli addebiti e senza che sono state acquisite e vagliate le giustificazioni addotte dal militare interessato […]”.

[4]: art. 1370 del COM:“[…] 2. Il militare inquisito è assistito da un difensore da lui scelto fra militari in servizio, anche non appartenenti al medesimo ente o Forza armata nella quale egli presta servizio o, in mancanza, designato d’ufficio. Il difensore designato d’ufficio non può rifiutarsi salvo sussista un legittimo impedimento. Un militare non può esercitare l’ufficio di difensore più di sei volte in dodici mesi. […] 3-bis. Nei procedimenti disciplinari di stato il militare inquisito, in aggiunta al difensore […] può farsi assistere, a sue spese, anche da un avvocato del libero foro”.

LE INCHIESTE MILITARI PER EVENTI DI PARTICOLARE GRAVITÀ O RISONANZA: L’INCHIESTA SOMMARIA E L’INCHIESTA FORMALE

Con le inchieste sommarie e le inchieste formali vengono accertate le cause che hanno determinato eventi di particolare gravità o risonanza in modo che l’Amministrazione possa adottare le contromisure idonee ad evitare il ripetersi di tali accadimenti e sanzionare gli eventuali responsabili. In tal senso, l’articolo 530 del Decreto legislativo n. 66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare” (cosiddetto COM) che prevede infatti che “il Ministero della difesa dispone le inchieste sommarie e formali volte ad accertare le cause soggettive e oggettive che hanno determinato eventi di particolare gravità o risonanza nell’ambito dell’Amministrazione della difesa, allo scopo di valutare l’opportunità di adottare le misure correttive di carattere organizzativo o tecnico necessarie a evitare il ripetersi degli eventi dannosi e di dare l’avvio ai procedimenti rivolti a individuare eventuali responsabilità penali, disciplinari, amministrative, in merito alla causazione dell’evento”.

Tanto premesso, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 “Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare(cosiddetto TUOM) chiarisce alcuni aspetti fondamentali della questione e, in particolare:

1. la differenza tra inchiesta sommaria e inchiesta formale, rilevando che “si intendono per:

  • inchieste sommarie quelle disposte nell’immediatezza dell’evento e condotte secondo modalità semplificate, anche allo scopo di evitare la dispersione degli elementi utili per gli eventuali ulteriori accertamenti [1];
  • inchieste formali quelle disposte quando la gravità dell’evento richiede nell’immediato un approfondito esame, ovvero sia necessario, sulla base dei risultati dell’inchiesta sommaria, esperire indagini più articolate e complesse, al fine di accertare le cause dell’evento” (articolo 552 TUOM);

2. la nozione di evento di particolare gravità o risonanza, chiarendo che tali sono da considerarsi:

  • gli avvenimenti dannosi che interessano personale, mezzi o beni del Ministero della difesa, quali, a titolo esemplificativo, incidenti e infortuni rilevanti connessi all’impiego operativo, all’attività addestrativa e comunque al servizio, furti, smarrimenti o danneggiamenti di materiali e apparati particolarmente delicati e importanti, come a esempio armi e munizionamenti, ed eventi relativi alla situazione sanitaria nei reparti;
  • gli accadimenti che potrebbero avere riflessi negativi sull’opinione pubblica per la loro delicatezza o per il numero di persone coinvolte;
  • i sinistri marittimi, intesi come qualsiasi evento dannoso accaduto, in navigazione o in porto, a unità navali appartenenti all’Amministrazione della difesa o a persone o beni a bordo (articolo 553 TUOM) [2] ”.

A) L’INCHIESTA SOMMARIA

Ai sensi dell’articolo 557 del TUOM, l’Autorità competente ad ordinare l’inchiesta sommaria [3]nomina, entro quindici giorni dal ricevimento della notizia dell’evento, un ufficiale inquirente per l’esecuzione dell’inchiesta”. Il successivo articolo 559 del TUOM ci chiarisce poi a cosa consista tale inchiesta, ovverosia:“a) nell’acquisizione della relazione del comandante di corpo, ovvero del titolare del comando, ente, unità o ufficio interessati all’evento; b) nella raccolta di tutte le notizie relative all’evento quali: località, data, ora, circostanze, generalità del personale coinvolto, beni della difesa interessati dall’evento, dinamica e probabili cause, provvedimenti adottati, eventuali interventi dell’autorità giudiziaria, documenti o altri mezzi di prova, nonché ogni altro elemento di informazione utile; c) nella raccolta di dichiarazioni testimoniali di personale militare e civile della Difesa, nonché di persone estranee all’Amministrazione della difesa in grado di fornire notizie utili ai fini dell’inchiesta, le cui attestazioni sono verbalizzate a cura dell’ufficiale inquirente e sottoscritte dal dichiarante; d) nella compilazione di un rapporto riassuntivo dell’evento, recante i risultati delle indagini e le considerazioni sulle cause dell’evento”. Tale “rapporto riassuntivo dell’evento” deve essere inviato, entro 90 giorni, all’Autorità che ha ordinato l’esecuzione dell’inchiesta sommaria che a sua volta lo trasmetterà nei successivi 30 giorni, corredato di un proprio motivato parere e l’indicazione degli eventuali provvedimenti adottati, allo Stato Maggiore della Difesa, al Segretariato Generale della Difesa, allo Stato Maggiore di Forza Armata ovvero al Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri a seconda dell’area di appartenenza dell’Ente coinvolto nell’evento negativo (articolo 560 [4] TUOM).

B) L’INCHIESTA FORMALE

Ai sensi dell’articolo 561 del TUOM, successivamente all’inchiesta sommaria (ovvero a volte anche a prescindere da questa), può essere disposta una inchiesta formale qualora [5]:

  • dall’inchiesta sommaria non siano emerse le cause dell’evento;
  • si sia verificato un evento grave o gravissimo che abbia determinato la morte, lesioni gravi o gravissime a persone ovvero la perdita o il grave danneggiamento di beni di rilevante valore o particolare importanza [6] ;
  • venga ritenuto opportuno procedere ad una inchiesta formale in ragione della rilevanza degli eventi (e questo, quindi, anche in assenza di una preventiva inchiesta sommaria!).

A differenza di quanto avviene per le inchieste sommarie, l’inchiesta formale non viene eseguita da un singolo Ufficiale inquirente, bensì da una Commissione d’inchiesta formale che, ai sensi dell’articolo 563 del TUOM:

  • è costituita da “a) un presidente di grado superiore o, se pari grado, più anziano del comandante di corpo o titolare del comando, ente, unità o ufficio presso cui si è verificato l’evento; b) due o quattro membri di grado superiore o, se pari grado, più anziani del comandante di corpo o del titolare del comando, ente, unità o ufficio presso cui si è verificato l’evento, di cui uno con funzioni di segretario”;
  • ha facoltà di avvalersi, qualora ritenuto utile ai fini dell’inchiesta, di personale appartenente all’Amministrazione della difesa, ovvero di consulenti tecnici esterni […]”;
  • procede: a) all’esame degli atti dell’inchiesta sommaria, ove precedentemente effettuata; b) all’esecuzione di accertamenti, rilievi e sopralluoghi, qualora necessari anche esterni rispetto all’ente o al reparto presso cui si è verificato l’evento; c) all’acquisizione di eventuali ulteriori documenti e dichiarazioni testimoniali di personale militare e civile della Difesa, nonché di persone estranee all’Amministrazione della difesa; d) all’esame delle relazioni dei consulenti, qualora nominati; e) all’effettuazione di ogni altra attività ritenuta utile ai fini dell’inchiesta”;
  • conclude i propri lavori con “con un rapporto finale, corredato di tutta la documentazione acquisita agli atti, contenente: a) una circostanziata ricostruzione dell’evento; b) deduzioni, considerazioni di ordine giuridico e tecnico; motivazioni; c) il parere chiaro ed esplicito sulle cause che hanno provocato l’evento; d) data e sottoscrizione di tutti i componenti della commissione”.

Infine, ai sensi del successivo articolo 564 [7] del TUOM, entro 120 giorni la Commissione “rimette all’autorità che ha ordinato l’inchiesta gli atti conclusivi dell’inchiesta formale, la quale adotta, entro 180 giorni (badate bene … decorrenti dal momento in cui l’inchiesta formale è stata disposta), “con decisione motivata, i provvedimenti ritenuti necessari”.

Se siete arrivati a leggere fino a questo punto, credo che abbiate inquadrato l’argomento in modo sufficientemente chiaro … non mi resta quindi che salutarvi, ad maiora!

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[1]: per quanto attiene specificamente alle inchieste sommarie, l’articolo 555 TUOM stabilisce inoltre che, nell’immediatezza dell’evento, “i comandanti di corpo, i titolari di comandi, enti, unità o uffici nel cui ambito si è verificato l’evento di particolare gravità o risonanza, provvedono a:

a) impedire la dispersione o alterazione di cose, documenti e in genere di tutti gli elementi utili per i successivi adempimenti;

b) dare tempestiva comunicazione dell’evento, attraverso la linea gerarchica, all’autorità competente a disporre l’inchiesta sommaria, ai sensi dell’articolo 556, comma 1, nonché allo Stato maggiore della difesa, per gli eventi occorsi nell’area tecnico-operativa, o al Segretariato generale della difesa, per gli eventi verificatisi nell’area tecnico-amministrativa e tecnico-industriale;

c) redigere una relazione tecnica, recante l’indicazione delle circostanze in cui si è verificato l’evento, della dinamica di svolgimento dei fatti, dei provvedimenti adottati, nonché le eventuali valutazioni, trasmettendola, entro cinque giorni, all’autorità competente a disporre l’inchiesta sommaria, di cui alla lettera b), per la medesima via gerarchica, ovvero entro dieci giorni per gli eventi verificatisi nel corso di operazioni all’estero;

d) inoltrare, se l’evento si è verificato nell’ambito di operazioni o esercitazioni internazionali, multinazionali o NATO a carattere interforze, la comunicazione di cui alla lettera b) anche allo Stato maggiore della Forza armata o al Comando generale dell’Arma di carabinieri a cui appartengono il personale, i beni o i mezzi coinvolti”.

[2]: non sono considerati eventi di particolare gravità e risonanzagli incidenti automobilistici, nei quali sono rimasti coinvolti automezzi isolati e che non hanno comportato gravi lesioni fisiche o perdite di vite umane” (art. 530, comma 3, del COM).

[3]: ai sensi dell’articolo 556 del TUOM, sono competenti ad ordinare l’inchiesta sommaria:

a) il Capo di stato maggiore della difesa quando: 1) gli eventi sono avvenuti nell’ambito di enti e organismi, in Italia o all’estero, dipendenti direttamente dalla predetta autorità o dal Sottocapo di stato maggiore della difesa o dal Comandante del Comando operativo di vertice interforze; 2) gli eventi sono avvenuti nell’ambito di operazioni, missioni o esercitazioni per le quali tale autorità esercita o ha delegato le funzioni di comando e controllo;

b) il Segretario generale della difesa, quando gli eventi sono avvenuti nell’ambito del Segretariato generale;

c) i superiori gerarchici del comando, ente, unità e ufficio coinvolti nell’evento, il cui livello ordinativo è individuato, in via generale, con decreto del Ministro della difesa, in base all’assetto organizzativo delle aree tecnico-operativa, tecnico-amministrativa e tecnico-industriale del Ministero della difesa, nonché alla capacità ad acquisire, con la necessaria tempestività, gli elementi necessari per valutare l’opportunità di disporre l’inchiesta sommaria e ad adottare o proporre le misure correttive, sulla base dei risultati dell’indagine, fermo restando quanto disposto dal codice della navigazione in materia di sinistri marittimi […]” (art. 556 del TUOM).

[4]: art. 560 del TUOM – Invio degli atti dell’inchiesta sommaria:

1. Gli atti dell’inchiesta sommaria sono inviati, al più presto e comunque entro novanta giorni dalla data in cui è stata disposta, all’autorità che ne ha ordinato l’esecuzione e da questa trasmessi, nei successivi trenta giorni, con motivato parere e con l’indicazione degli eventuali provvedimenti adottati, allo Stato maggiore della difesa, al Segretariato generale della difesa, agli Stati maggiori di Forza armata, ovvero al Comando generale dell’Arma dei carabinieri, in relazione all’area di appartenenza del Comando, ente, unità o ufficio presso i quali si è verificato l’evento.

2. Lo Stato maggiore della difesa, il Segretariato generale, gli Stati maggiori di Forza armata e il Comando generale dell’Arma dei carabinieri, ricevuti gli atti dell’inchiesta sommaria, procedono al loro esame da concludersi, con decisione motivata dell’autorità di vertice dei predetti organismi, entro centocinquanta giorni dalla data in cui essa è stata disposta. Tale autorità di vertice può ordinare, se ritenuto necessario, l’esecuzione di ulteriori indagini, i cui risultati sono valutati entro i successivi trenta giorni.

3. Una sintetica scheda informativa sugli esiti dell’inchiesta sommaria è inviata, senza ritardo, a cura dei citati Stati maggiori o del Segretariato generale o del Comando generale dell’Arma dei carabinieri, al Ministro della difesa. Gli Stati maggiori di Forza armata e il Comando generale dell’Arma dei carabinieri informano, altresì, degli esiti dell’inchiesta lo Stato maggiore della difesa”.

[5]: art. 561 del TUOM – Autorità competenti a ordinare l’inchiesta formale:

1. Sulla base delle risultanze dell’inchiesta sommaria, il Capo di stato maggiore della difesa, il Segretario generale della difesa, i Capi di stato maggiore di Forza armata e, per l’Arma dei carabinieri, il Comandante generale, se lo ritengono necessario ai fini dell’accertamento delle cause dell’evento, dispongono con provvedimento motivato la nomina della commissione d’inchiesta formale.

2. L’inchiesta formale è sempre disposta nel caso di evento grave che abbia comportato la perdita di vite umane o lesioni gravi o gravissime a una o più persone, ovvero perdite o grave danneggiamento di beni di rilevante valore o di particolare importanza, salvo il caso in cui appaia evidente, dall’esito dell’inchiesta sommaria, che l’evento si è verificato in conseguenza di caso fortuito o di forza maggiore, ovvero che l’autorità competente a ordinare l’inchiesta formale abbia verificato che l’inchiesta sommaria svolta ha compiutamente esaurito ogni possibile accertamento.

3. L’inchiesta formale può essere disposta anche in mancanza di una precedente inchiesta sommaria, se le autorità di cui al comma 1, valutano opportuno, in relazione alla natura e alla gravità dei fatti da accertare, avvalersi della commissione di inchiesta formale. Tale facoltà può essere esercitata esclusivamente dal Capo di stato maggiore della difesa quando gli eventi sono avvenuti nell’ambito di operazioni, missioni o esercitazioni per le quali esercita o ha delegato le funzioni di comando e controllo.

4. L’autorità che dispone l’inchiesta fissa il termine, non superiore a centoventi giorni, per la conclusione dei lavori della commissione. Il termine di conclusione dell’inchiesta formale è di centottanta giorni, a decorrere dalla data in cui è disposta”.

[6]: tranne ovviamente nel caso in cui, a seguito dell’inchiesta sommaria, non risulti possibile esperire alcun ulteriore accertamento/verifica ovvero sia stato dimostrato che l’evento si è verificato per caso fortuito o forza maggiore.

[7]: art. 564 del TUOM – Invio degli atti dell’inchiesta formale:

1. Nei termini di cui all’articolo 561, comma 4, la commissione rimette all’autorità che ha ordinato l’inchiesta gli atti conclusivi dell’inchiesta formale, la quale adotta, con decisione motivata, i provvedimenti ritenuti necessari.

2. Una dettagliata scheda informativa sugli esiti dell’inchiesta formale è inviata, senza ritardo, a cura degli Stati maggiori o del Segretariato generale o del Comando generale dell’Arma dei carabinieri, al Ministro della difesa. Gli Stati maggiori di Forza armata e il Comando generale dell’Arma dei carabinieri informano, altresì, degli esiti dell’inchiesta lo Stato maggiore della difesa”.

I RAPPORTI TRA IL PROCEDIMENTO PENALE E QUELLO DISCIPLINARE: IL RINVIO E LA SOSPENSIONE DEL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE MILITARE (LA C.D. PREGIUDIZIALE PENALE)

Si può aprire un procedimento disciplinare (per approfondire leggi qui!) nei confronti di un militare che è contemporaneamente sottoposto a procedimento penale? La risposta è si, quantomeno a partire dal 2015 [1]! L’articolo 1393 del Decreto legislativo n. 66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare(cosiddetto COM) stabilisce oggi infatti che “il procedimento disciplinare, che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l’autorità giudiziaria, è avviato, proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale. Per le infrazioni disciplinari di maggiore gravità, punibili con la consegna di rigore di cui all’articolo 1362 o con le sanzioni disciplinari di stato di cui all’articolo 1357, l’autorità competente, solo nei casi di particolare complessità dell’accertamento del fatto addebitato al militare, ovvero qualora, all’esito di accertamenti preliminari, non disponga di elementi conoscitivi sufficienti ai fini della valutazione disciplinare, promuove il procedimento disciplinare al termine di quello penale. Il procedimento disciplinare non è comunque promosso e se già iniziato è sospeso fino alla data in cui l’Amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale irrevocabili, che concludono il procedimento penale, ovvero del provvedimento di archiviazione, nel caso in cui riguardi atti e comportamenti del militare nello svolgimento delle proprie funzioni, in adempimento di obblighi e doveri di servizio […]”.

Per quanto precede, a differenza di quanto avveniva passato [2], la regola generale da seguire oggi è quindi che il procedimento disciplinare che abbia a oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l’Autorità giudiziaria, venga proseguito e concluso anche in pendenza di procedimento penale. È cioè venuta meno la cosiddetta “pregiudiziale [3] penale”!

Tale regola generale conosce, però, due rilevanti eccezioni che hanno come presupposto:

  1. le infrazioni di “maggiore gravità” (quelle che possono cioè teoricamente portare all’irrogazione di una sanzione di stato o della consegna di rigore – per approfondire leggi qui!) per le quali sia particolarmente complesso l’accertamento dei fatti e delle responsabilità ovvero quando l’Amministrazione versi nell’indisponibilità di elementi conoscitivi;
  2. gli atti e comportamenti compiuti dal militare nello svolgimento delle proprie funzioni, in adempimento di obblighi e doveri di servizio.

Da quanto detto sino ad ora emerge chiaramente che per le infrazioni di minore gravità (quelle cioè che possono in teoria portare all’irrogazione di una mera sanzione di corpo diversa dalla consegna di rigore) o per quelle estranee al rapporto di servizio, non è ammessa alcuna sospensione o rinvio del procedimento disciplinare!

La procedura da seguire è abbastanza semplice e, quantomeno per Esercito, Marina Militare e Aeronautica Militare, prevede che il Comandante di corpo che vuole rinviare o sospendere il procedimento disciplinare rediga una relazione sui fatti con proposta motivata di rinvio dell’esame disciplinare che trasmette all’Autorità competente ai sensi dell’art. 1378 COM [4] [5]. È poi quest’ultima che dispone il rinvio del procedimento disciplinare ovvero, se questo ha già avuto inizio, ne ordina la sospensione.

Un’ultima cosa prima di concludere e se poi il militare viene assolto? Beh, questi potrà proporre istanza di riapertura del procedimento disciplinare, entro il termine di decadenza di 6 mesi dall’irrevocabilità della pronuncia penale [6] e, a questo punto, l’Autorità competente a riaprire il procedimento disciplinare potrà, in relazione all’esito del giudizio penale, modificarne o confermarne l’atto conclusivo (cioè il provvedimento disciplinare).

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[1]: difatti la legge n. 124 del 7 agosto 2015 e, successivamente, il Decreto Legislativo n. 91 del 26 aprile 2016, riformando l’art. 1393 del COM, hanno modificato anche nell’Ordinamento militare il rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale.

[2]: il “vecchio” art. 1393 prevedeva difatti che: “se per il fatto addebitato al militare è stata esercitata azione penale […] il procedimento disciplinare non può essere promosso fino al termine di quello penale […] e, se già iniziato, deve essere sospeso”.

[3]: il termine “pregiudiziale” significa infatti, secondo il vocabolario Treccani, quella questione che deve essere trattata, esaminata, decisa prima di deliberare intorno a qualsiasi altra azione o decisione (per approfondire leggi qui!).

[4]: l’Autorità competente ai sensi dell’art. 1378 COM, quella cioè che ha il potere di rinviare o sospendere il procedimento, è quella competente a ordinare l’inchiesta formale che, per quanto di interesse, si identifica nella stragrande maggioranza dei casi nel Comandante “di Forza Armata, di livello gerarchico pari a generale di Corpo d’Armata o gradi corrispondenti”.

[5]: per gli appuntati e carabinieri in servizio le cose sono leggermente differenti. La competenza a rinviare/sospendere il procedimento disciplinare spetta difatti “ai rispettivi comandanti di corpo […], o in caso diverso o in mancanza di tale dipendenza, al comandante territoriale di corpo competente in ragione del luogo di residenza dell’interessato. In caso di corresponsabilità tra più appuntati e carabinieri provvede il comandante di corpo del più elevato in grado o del più anziano”.

[6]: art. 1393 COM:“[…] 2. Se il procedimento disciplinare, non sospeso, si conclude con l’irrogazione di una sanzione e, successivamente, il procedimento penale è definito con una sentenza irrevocabile di assoluzione che riconosce che il fatto addebitato al dipendente non sussiste o non costituisce illecito penale o che il militare non lo ha commesso, l’autorità competente, ad istanza di parte, da proporsi entro il termine di decadenza di sei mesi dall’irrevocabilità della pronuncia penale, riapre il procedimento disciplinare per modificarne o confermarne l’atto conclusivo in relazione all’esito del giudizio penale”. L’art. 1393 COM prevede, inoltre, che nel caso in cui “il procedimento disciplinare si conclude senza l’irrogazione di sanzioni e il processo penale con una sentenza irrevocabile di condanna, l’autorità competente riapre il procedimento disciplinare per valutare le determinazioni conclusive all’esito del giudizio penale. Il procedimento disciplinare è riaperto, altresì, se dalla sentenza irrevocabile di condanna risulta che il fatto addebitabile al dipendente in sede disciplinare può comportare la sanzione di stato della perdita del grado per rimozione, ovvero la cessazione dalla ferma o dalla rafferma, mentre è stata irrogata una diversa sanzione”.

LA RICHIESTA DI PROCEDIMENTO DEL COMANDANTE DI CORPO (ART. 260 CPMP)

L’articolo 260, 2 comma, del codice penale militare di pace (CPMP), prevede che “I reati [militari], per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione militare non superiore nel massimo a sei mesi, e quello preveduto dal n. 2 dell’articolo 171 sono puniti a richiesta del comandante del corpo o di altro ente superiore, da cui dipende il militare colpevole […]”. Vi starete ora domandando cosa significhi esattamente ciò che abbiamo appena letto … beh, l’articolo 260 CPMP ci dice sostanzialmente che per tutta una serie di reati militari lievi, quelli cioè puniti con pena “non superiore nel massimo a sei mesi”, il Comandante di corpo diventa sostanzialmente “arbitro” nel collocare (discrezionalmente) un fatto nell’area penale oppure in quella disciplinare … cioè, in altre parole, è lui che ha l’ultima parola nel decidere se un determinato fatto debba essere sanzionato (da lui stesso!) a livello disciplinare oppure dal giudice penale al termine di un processo vero e proprio.

La richiesta di procedimento funziona grossomodo così: il Comandante di corpo comunica al Procuratore militare che vuole procedere disciplinarmente oppure “richiede” che venga aperto un procedimento penale a carico del militare autore del fatto (tale “richiesta” svolge a grossomodo la stessa funzione della querela in ambito civile – per approfondire leggi qui!). Comandanti di corpo, mi rivolgo ora a voi, siate molto chiari con il Procuratore militare! L’articolo 260 CPMP è titolato “Richiesta di procedimento” … trattasi quindi di una semplice richiesta che fate al Procuratore militare … ecco perchè, senza troppi giri di parole, vi consiglio di scrivere una cosa tipo “ai sensi dell’articolo 260 CPMP richiedo (o non richiedo) il procedimento penale a carico di … per tutti i reati militari ravvisabili da codesta Procura Militare nel fatto e perseguibili a richiesta del Comandante di corpo … tutto qui, non dovete aggiungere altro! L’importante è essere chiari su quello che chiedete in modo da non lasciar alcun dubbio o poter essere in qualche modo fraintesi … e offrire facili “appigli” agli avvocati difensori che magari si stanno arrampicando sugli specchi! Semplice, vero? Ricordate che il termine per richiedere il procedimento è di un mese … che decorre dal giorno in cui avete avuto notizia del fatto che costituisce reato … superato il quale non è più possibile richiedere il procedimento e per il Procuratore militare si alza un muro invalicabile che si chiama “archiviazione” (per il cosiddetto difetto di una condizione di procedibilità [1]).

Mi sembra di avervi detto abbastanza … vi posto però alcuni doverosi chiarimenti prima di concludere:

  • nulla vieta che il Comandante di corpo richieda il procedimento penale ai sensi dell’articolo 260 CPMP contestualmente alla comunicazione della notizia di reato (per approfondire leggi qui!) anzi molto spesso viene fatto proprio così;
  • è bene procedere sempre e comunque alla comunicazione della notizia di reato, anche se non si ha alcuna intenzione di richiedere il procedimento penale. Tale comunicazione deve essere sempre effettuata perché il fatto, anche se lo si vorrebbe sanzionare solo disciplinarmente, integra comunque una fattispecie penale nella quale il Procuratore militare potrebbe intravedere ulteriori ipotesi di reato come, ad esempio, la violata consegna (articolo 120 CPMP) o altri reati che potrebbero far superare il limite dei 6 mesi e far quindi scattare il procedimento d’ufficio;
  • l’alternativa tra sanzione penale e sanzione disciplinare non è secca! Il Comandante di corpo che non richiede il procedimento penale non è poi obbligato a punire il militare autore del fatto: conserva infatti integro il proprio potere sanzionatorio [2] e, al termine del procedimento disciplinare, rimarrà conseguentemente libero di sanzionare oppure di non sanzionare affatto;
  • come mai esiste proprio nel diritto penale militare un istituto giuridico così particolare? La risposta è semplice: chi ha scritto il codice penale militare di pace, in considerazione della “specificità” del mondo militare e nell’ottica di preservare la preparazione, la forza e l’efficienza bellica (intesa in questo caso come disciplina e coesione interna dell’unità) ha ritenuto che una sanzione disciplinare potesse avere un maggiore effetto deterrente di una sentenza di condanna vera e propria (che magari arriva dopo anni) … ma tutto ciò solo per fatti lievi … da qui la ragione per cui la richiesta di procedimento sia riservata ai soli fatti puniti con pena “non superiore nel massimo a sei mesi”.

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[1]: infatti la richiesta di procedimento è tecnicamente una cosiddetta “condizione di procedibilità”, ovverosia un vero e proprio ostacolo all’esercizio della giurisdizione penale, grossomodo come avviene in ambito civile con la querela (per approfondire leggi qui!).

[2]: per dovere di completezza, vi ricordo che ai sensi dell’articolo 751 del Testo Unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare (TUOM – leggi qui!) sono sanzionabili con la consegna di rigore anche “i comportamenti indicati dall’articolo 1362, comma 7, del codice” dell’ordinamento militare, ovvero i “fatti previsti come reato, per i quali il comandante di corpo non ritenga di richiedere il procedimento penale, ai sensi dell’articolo 260 c.p.m.p.”.

IL DOVERE DI RISERBO SULLE QUESTIONI MILITARI

Il militare è soggetto a un generale dovere di riserbo sulle questioni militari? Iniziamo subito col dire che la risposta è si! … ma per comprendere bene i termini della questione vi lascio alla lettura integrale dell’articolo 722 del D.P.R. 90 del 2010 “Testo Unico regolamentare sull’ordinamento militare” (cosiddetto TUOM), titolato proprio “doveri attinenti alla tutela del segreto e al riserbo sulle questioni militari”, che stabilisce chiaramente che “il militare, oltre a osservare scrupolosamente le norme in materia di tutela del segreto, deve: a) acquisire e mantenere l’abitudine al riserbo su argomenti o notizie la cui divulgazione può recare pregiudizio alla sicurezza dello Stato, escludendo dalle conversazioni private, anche se hanno luogo con familiari, qualsiasi riferimento ai suddetti argomenti o notizie; b) evitare la divulgazione di notizie attinenti al servizio che, anche se insignificanti, possono costituire materiale informativo; c) riferire sollecitamente ai superiori ogni informazione di cui è venuto a conoscenza e che può interessare la sicurezza dello Stato e delle istituzioni repubblicane, o la salvaguardia delle armi, dei mezzi, dei materiali e delle installazioni militari”.

Dalla soggezione a tale dovere non si scappa nemmeno quando siamo fuori dal servizio: il comma 3 dell’articolo 1350 del D. Lgl. n. 66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare” (cosiddetto COM) – l’articolo che detta le condizioni di applicazione della disciplina militare per intenderci! – stabilisce infatti che “quando non ricorrono le suddette condizioni”, e cioè quando non si svolga attività di servizio, ci si trovi in luoghi militari o comunque destinati al servizio, si indossi l’uniforme, ci si qualifichi in relazione ai compiti di servizio militare o ci si rivolga ad altri militari in divisa o che si qualificano come tali, i militari sono comunque tenuti all’osservanza delle disposizioni del codice e del regolamento che concernono i doveri attinenti al giuramento prestato, al grado, alla tutela del segreto e al dovuto riserbo sulle questioni militari, in conformità alle vigenti disposizioni”.

uando non ricorrono le suddette condizioni, i militari sono comunque tenuti all’osservanza delle disposizioni del codice e del regolamento che concernono i doveri attinenti al giuramento prestato, al grado, alla tutela del segreto e al dovuto riserbo sulle questioni militari, in conformita’ alle vigenti disposizioni
Quando non ricorrono le suddette condizioni, i militari sono comunque tenuti all’osservanza delle disposizioni del codice e del regolamento che concernono i doveri attinenti al giuramento prestato, al grado, alla tutela del segreto e al dovuto riserbo sulle questioni militari, in conformita’ alle vigenti disposizioni
Quando non ricorrono le suddette condizioni, i militari sono comunque tenuti all’osservanza delle disposizioni del codice e del regolamento che concernono i doveri attinenti al giuramento prestato, al grado, alla tutela del segreto e al dovuto riserbo sulle questioni militari, in conformita’ alle vigenti disposizioni

Da quanto precede penso che abbiate elementi sufficienti per evitare il rischio di violare il generale obbligo di riserbo, con tutte le conseguenze disciplinari (se non addirittura penali – per approfondire clicca qui!) che la questione può ovviamente comportare.

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IL MILITARE DIFENSORE NELLA CONSEGNA DI RIGORE

Il militare difensore, ai sensi dell’articolo 1399 del D. Lgsl. n. 66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare” (cosiddetto COM), assiste il militare inquisito nel procedimento disciplinare di corpo per l’irrogazione della sanzione della consegna di rigore (clicca qui per approfondire), chiudendone la fase “dibattimentale”. Inoltre, ai sensi dell’articolo 1370 COM:

  • viene scelto dal militare inquisito “fra militari in servizio, anche non appartenenti al medesimo ente o Forza armata nella quale egli presta servizio o, in mancanza, designato d’ufficio”.
  • quando viene nominato d’ufficio “non può rifiutarsi salvo sussista un legittimo impedimento”;
  • non può esercitare l’ufficio di difensore più di sei volte in dodici mesi”;
  • non può essere di grado superiore a quello del presidente della commissione”;
  • non deve trovarsi in alcuna delle condizioni di cui all’articolo 1380, comma 3 [1]”;
  • è vincolato al segreto d’ufficio e non deve accettare alcun compenso per l’attività svolta”;
  • non è dispensato dai suoi normali obblighi di servizio, salvo che per il tempo necessario all’espletamento del mandato”;
  • non può essere punito per fatti che rientrano nell’espletamento del mandato”;
  • è ammesso a intervenire alle sedute della commissione di disciplina anche se l’incolpato non si presenta alla seduta, né fa constare di essere legittimamente impedito”.

Nulla di trascendentale, vero? … è stato tutto scritto nel Codice dell’ordinamento militare che, come di consueto, vi invito a sfogliare.

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[1]: Articolo 1380, comma 3, del Codice dell’Ordinamento militare:“[…] Non possono far parte della commissione di disciplina: a) gli ufficiali che sono Ministri o Sottosegretari di Stato in carica; b) il Capo di stato maggiore della difesa, i Capi e i Sottocapi di stato maggiore dell’Esercito italiano, della Marina militare e dell’Aeronautica militare, gli ufficiali generali o ammiragli addetti allo Stato maggiore della difesa, agli Stati maggiori dell’Esercito italiano, della Marina militare e dell’Aeronautica militare, il Comandante generale dell’Arma dei carabinieri; c) gli ufficiali addetti alla Presidenza della Repubblica; d) gli ufficiali che prestano servizio al Ministero della difesa in qualità di Segretario generale, Direttore generale, Capo di Gabinetto, e gli ufficiali addetti al Gabinetto del Ministro o alle segreterie del Ministro e dei Sottosegretari di Stato o alle dirette dipendenze dei Segretari generali; e) gli ((i militari)) frequentatori dei corsi presso gli istituti militari; f) i parenti e gli affini tra loro sino al terzo grado incluso; g) l’offeso o il danneggiato e i parenti o affini del giudicando, dell’offeso o danneggiato, sino al quarto grado incluso; h) i superiori gerarchici alle cui dipendenze il militare ha prestato servizio allorché ha commesso i fatti che hanno determinato il procedimento disciplinare, o alle cui dipendenze il giudicando si trova alla data di convocazione della commissione di disciplina, se non si tratta di generale di corpo d’armata e gradi corrispondenti; i) l’ufficiale che ha presentato rapporti o eseguito indagini sui fatti che hanno determinato il procedimento disciplinare o che per ufficio ha dato parere in merito o che per ufficio tratta questioni inerenti allo stato, all’avanzamento e alla disciplina del personale; l) gli ufficiali che in qualsiasi modo hanno avuto parte in un precedente giudizio penale o ((commissione)) di disciplina per lo stesso fatto ovvero sono stati sentiti come testimoni nella questione disciplinare di cui trattasi; m) l’ufficiale sottoposto a procedimento penale o a procedimento disciplinare di stato”.

FONDAMENTI DI DIRITTO DISCIPLINARE MILITARE

La disciplina (e quindi il diritto disciplinare) è connaturata all’esistenza stessa di ogni organizzazione gerarchica, poiché mira principalmente preservarne l’ordine interno, il rispetto dell’autorità e l’obbedienza ovverosia concetti che, in ambito militare, vengono elevati a veri e propri valori da tutelare e proteggere. La disciplina rappresenta infatti la “spina dorsale” di ogni unità combattente: solo con la disciplina è infatti possibile raggiungere quell’efficienza e quella rapidità di azione cui deve naturalmente tendere lo strumento militare. Fino agli anni ’60 del secolo scorso la materia veniva regolata da ogni Forza Armata in modo autonomo e, solo nel 1964, venne finalmente emanato [1] un regolamento disciplinare unico, cioè valido per tutti i militari. Tale primo esperimento “unitario”, che ha il pregio di aver dato inizio al processo di “democratizzazione” delle Forze Armate (nel senso di armonizzarne l’ordinamento con i principi della Costituzione repubblicana), venne comunque duramente criticato sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza (cioè dagli studiosi del diritto e dai giudici), soprattutto per l’approccio romantico “ottocentesco” con cui era stata trattata la condizione e l’etica militare: si sosteneva infatti che tale approccio poco si adattasse alla società dell’epoca e ai nuovi valori di cui era portatrice [2]! Le successive tappe di questo percorso, quelle che – per intenderci – hanno sostanzialmente ricondotto il diritto disciplinare militare nell’alveo dei principi costituzionali, “disegnandolo” per come è sostanzialmente oggi, sono:

  • l’approvazione della legge n. 382 del 1978 “Norme di principio sulla disciplina militare” che ha dettato in modo chiaro i principi fondamentali della materia;
  • l’emanazione del discendente “Regolamento di disciplina militare”, adottato con il Decreto del Presidente della Repubblica n. 545 del 1986.

Tali norme hanno il pregio di aver segnato, quantomeno per ciò che attiene al diritto disciplinare, il definitivo passaggio ad una concezione dell’ordinamento giuridico militare che entrasse finalmente a far parte del generale assetto costituzionale della Repubblica e le cui peculiarità trovassero la propria ratio e giustificazione nel particolare status posseduto dai suoi appartenenti (nella sezione “diritto costituzionale” troverete alcuni post che vi chiariranno meglio questi concetti fondamentali – leggi qui). Nonostante qualche inevitabile “aggiustamento”, tali norme sono confluite sostanzialmente intatte nel Codice dell’ordinamento militare (decreto legislativo n. 66 del 2010 – cosiddetto COM) e nel Testo Unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare (decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 – cosiddetto TUOM).

Tanto premesso, iniziamo col dire che, ai sensi dell’articolo 1346 del COM la disciplina del militareè l’osservanza consapevole delle norme attinenti allo stato di militare in relazione ai compiti istituzionali delle Forze armate e alle esigenze che ne derivano. Essa è regola fondamentale per i cittadini alle armi in quanto costituisce il principale fattore di coesione e di efficienza. […] Per il conseguimento e il mantenimento della disciplina sono determinate le posizioni reciproche del superiore e dell’inferiore, le loro funzioni, i loro compiti e le loro responsabilità. Da ciò discendono il principio di gerarchia e quindi il rapporto di subordinazione e il dovere dell’obbedienza. […] Il militare osserva con senso di responsabilità e consapevole partecipazione tutte le norme attinenti alla disciplina e ai rapporti gerarchici. Nella disciplina tutti sono uguali di fronte al dovere e al pericolo”. Il successivo articolo 1352 definisce l’illecito disciplinare come “ogni violazione dei doveri del servizio e della disciplina militare sanciti dal presente codice, dal regolamento, o conseguenti all’emanazione di un ordine” (articolo 1352 del COM) senza procedere ad alcuna “tipizzazione/standardizzazione” delle condotte censurabili, ad eccezione di quelle previste dall’articolo 751 del TUOM che, per intenderci, sono quelle condotte che possono essere punite con la consegna di rigore (sanzione disciplinare a cui ho dedicato uno specifico post leggi qui). Ed ecco la differenza con il reato: il codice penale descrive nel dettaglio il comportamento dell’autore, mentre le norme disciplinari danno solo indicazioni sommarie che dovranno essere di volta in volta adattate al caso dall’autorità militare competente; stessa cosa per le sanzioni (o pene) applicabili, specificamente predeterminate nel diritto penale, mentre solo elencate e descritte in linea generale nel diritto disciplinare. Conseguentemente, il Comandante che instaura un procedimento disciplinare ha, nella pratica, moltissima libertà nel rilevare e sanzionare disciplinarmente il comportamento del proprio dipendente e, di riflesso, che la nozione di “illecito disciplinare” è estremamente ampia e dai confini assai incerti. Come ogni altro potere, anche il potere disciplinare deve essere usato bene ed ecco che il codice ci da’ una mano in tale difficile compito: il superiore che vaglia “disciplinarmente” la condotta di un proprio subordinato, deve infatti tenere sempre ben presente che:

  • la condotta deve essersi sempre concretamente verificata. Deve oggettivarsi, ovverosia essersi necessariamente concretizzata in un comportamento materialmente percepibile;
  • l’articolo 1466 del COM prevede esplicitamente delle limitazioni all’applicabilità di sanzioni disciplinari. Tale articolo prevede infatti che “l’esercizio di un diritto ai sensi del presente codice [3] e del regolamento [4] esclude l’applicabilità di sanzioni disciplinari”; ciò che realmente conta sarà quindi la verifica delle effettive modalità con cui tali diritti sono stati di fatto esercitati dal militare (ho dedicato alla materia alcuni post nella sezione “diritto costituzionale” che vi consiglio di leggere! leggi qui);
  • ai sensi dell’articolo 1350 del COM “le disposizioni in materia di disciplina militare, si applicano [di solito] nei confronti dei militari che si trovino in una delle seguenti condizioni: a. svolgono attività di servizio; b. sono in luoghi militari o comunque destinati al servizio; c. indossano l’uniforme; si qualificano, in relazione ai compiti di servizio, come militari o si rivolgono ad altri militari in divisa o che si qualificano come tali”;
  • l’applicazione della sanzione deve essere effettuata con gradualità. Ciò significa che, in ossequio a quanto previsto dal successivo articolo 1355 del COM, le sanzioni vanno “commisurate al tipo di mancanza commessa e alla gravità della stessa” e che nel determinarne la specie e, eventualmente, la durata, “sono inoltre considerati i precedenti di servizio disciplinari, il grado, l’età, e l’anzianità di servizio del militare che ha mancato”. Conseguentemente, “vanno punite con maggior rigore le infrazioni: a. intenzionali; b. commesse in presenza di altri militari; c. commesse in concorso con altri militari; d. ricorrenti con carattere di recidività”. Inoltre, il citato articolo 1355 del COM disciplina altresì di concorso e di continuazione nell’infrazione disciplinare, infatti, precisa che: 1. “nel caso di concorso di più militari nella stessa infrazione disciplinare è inflitta una sanzione più severa al più elevato in grado o, a parità di grado, al più anziano”; 2. qualora dovesse “essere adottato un provvedimento disciplinare riguardante più trasgressioni commesse da un militare, anche in tempi diversi, è inflitta un’unica punizione in relazione alla più grave delle trasgressioni e al comportamento contrario alla disciplina rivelato complessivamente dalla condotta del militare stesso”;
  • il medesimo militare non può essere sanzionato più volte per la stessa mancanza [5] [6]: nel momento in cui il superiore sanziona disciplinarmente il proprio subordinato consuma il proprio potere disciplinare; non può cioè più usarlo per lo stesso motivo sullo stesso militare perché non lo ha più!

Assolutamente tassativa [7] è, invece, la tipologia di sanzioni disciplinari irrogabili che, ai sensi dell’articolo 1352 del COM, possono essere solo “sanzioni disciplinari di stato o sanzioni disciplinari di corpo”. I due tipi di sanzioni sono alternative e, quindi, una medesima mancanza non può essere contemporaneamente sanzionata con una sanzione di stato e una di corpo: o si applica una sanzione di stato o si applica una sanzione di corpo perché l’una esclude l’altra.

  • Le sanzioni disciplinari di stato sono quelle sanzioni volte a censurare gli illeciti disciplinari più gravi (commessi sia dal personale in servizio che da quello in congedo) ovvero quelli che vanno a pregiudicare interessi generali dello Stato o dell’amministrazione militare (ledendone, ad esempio, l’immagine e il prestigio) e, per tanto, vanno a pregiudicare il vincolo di fiducia che intercorre tra organizzazione militare e singolo militare. Tali sanzioni vanno conseguentemente a gravare direttamente sul rapporto d’impiego o di servizio del militare, incidendone lo status giuridico fino ad arrivare, nei casi più gravi, addirittura al provvedimento espulsivo della perdita del grado per rimozione che comporta l’iscrizione d’ufficio nei ruoli dei militari di truppa (senza alcun grado – articolo 861 del COM) e la cessazione del rapporto di impiego (articolo 923 del COM) … detto altrimenti il congedo con il grado di Soldato”! Ai sensi dell’articolo 1357 del COM, le sanzioni disciplinari di stato sono:“a. la sospensione disciplinare dall’impiego per un periodo da uno a dodici mesi [per il solo personale in servizio permanente effettivo]; b. la sospensione disciplinare dalle funzioni del grado per un periodo da uno a dodici mesi [per il solo personale in congedo]; c. la cessazione dalla ferma o dalla rafferma per grave mancanza disciplinare o grave inadempienza ai doveri del militare; d. la perdita del grado per rimozione [per tutto il personale, sia in servizio che in congedo]”.
  • Le sanzioni disciplinari di corpo sono, invece, quelle sanzioni previste per punire, in un ottica meramente educativa e correttiva, gli illeciti disciplinari meno gravi i cui effetti rimangono confinati all’interno dell’organizzazione militare (nel corpo”, appunto, da intendersi come aggregazione militare … ecco perchè, al contrario delle sanzioni disciplinari di stato, sono irrogabili esclsivamente al personale in servizio!) e che, ai sensi del successivo articolo 1358 del COM, “consistono nel richiamo, nel rimprovero, nella consegna e nella consegna di rigore”.

TCGC

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[1]: emanato il 31 ottobre 1964 con decreto del Presidente della Repubblica. Si precisa che tale articolato e le relative modalità di emanazione (il decreto del Presidente della Repubblica, appunto) rappresentavano emanazione diretta di quanto previsto sull’argomento dall’articolo 38 del codice penale militare di pace (CPMP): “Le violazioni dei doveri del servizio e della disciplina militare, non costituenti reato, sono prevedute dalla legge ovvero dai regolamenti militari approvati con decreto del Presidente della Repubblica, e sono punite con le sanzioni in essi stabilite”.

[2]: ricordiamoci che proprio durante gli anni sessanta, in piena guerra fredda, con la guerra del Vietnam in corso e la crisi mediorientale al culmine, si preparò culturalmente quel fermento di rinnovamento che portò alla diretta contestazione dell’Autorità di ogni genere (politica, militare e anche familiare), della società borghese con le aspre lotte studentesche, gli scioperi e le contestazioni pacifiste che, in Italia, si colorarono anche di terrorismo.

[3]: cioè il decreto legislativo n. 66 del 2010, codice dell’ordinamento militare.

[4]: ovvero il decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010, testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare.

[5]:art. 1371 del COM – Divieto di sostituzione delle sanzioni disciplinari: “fatto salvo quanto previsto dagli articoli 1365 e 1366 [ovvero in caso di ricorsi amministrativi], un medesimo fatto non può essere punito più di una volta con sanzioni di differente specie”.

[6]: il cosiddetto ne bis in idem disciplinare, chiara espressione di quello penale previsto all’articolo 649 del codice di procedura penale.

[7]: l’articolo 1353 del COM stabilisce infatti che “non possono essere inflitte sanzioni disciplinari diverse da quelle previste”.