Un mio Comandante, nel sottolineare “crisi” della disciplina militare, una volta mi disse:“caro, ormai ordina chi capita ed esegue chi vuole!”. Credo che però non sia proprio ancora così, quantomeno a livello giuridico: la disciplina è infatti connaturata all’esistenza stessa di ogni organizzazione gerarchica, poiché mira a preservarne l’ordine interno, il rispetto dell’autorità e l’obbedienza, ovverosia concetti che, in ambito militare, sono veri e propri valori da tutelare e proteggere. La disciplina militare va ben oltre la semplice tutela della figura e dell’autorità del superiore di grado: essa rappresenta infatti la vera e propria “spina dorsale” di ogni unità combattente, attraverso la quale è possibile raggiungere quell’efficienza e quella rapidità di azione cui deve naturalmente tendere lo strumento militare (per approfondire leggi qui!). In tal senso, il Decreto legislativo n. 66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare” (cosiddetto COM) che definisce:
– la disciplina militare come “[…] l’osservanza consapevole delle norme attinenti allo stato di militare in relazione ai compiti istituzionali delle Forze armate e alle esigenze che ne derivano […]” (articolo 1346 [1] del COM);
– l’obbedienza come l’“[…] esecuzione pronta, rispettosa e leale degli ordini attinenti al servizio e alla disciplina, in conformità al giuramento prestato” (articolo 1347 [2] del COM).
La disciplina viene tutelata dall’ordinamento giuridico militare (per approfondire leggi qui!) in via crescente in relazione al livello di dannosità che la relativa violazione può comportare per il corretto funzionamento dell’apparato militare: ecco perché può essere sanzionata con una semplice sanzione disciplinare di corpo (per approfondire leggi qui!), ovvero con una sanzione penale vera e propria com’è, appunto, quella prevista dall’articolo 173 del codice penale militare di pace (CPMP).Tralasciando per ora i profili disciplinari della questione, andiamo a vedere cosa prevede la legge penale militare in tema di disobbedienza. Ebbene, l’articolo 173 del CPMP stabilisce al riguardo che “il militare, che rifiuta, omette o ritarda di obbedire a un ordine attinente al servizio o alla disciplina, intimatogli da un superiore, è punito con la reclusione militare fino a un anno […]” [3]. Appare evidente che tale reato tutela il rapporto gerarchico e la sua tipica manifestazione, cioè l’ordine dato dal superiore all’inferiore di grado (da non confondere con la consegna [4] – per approfondire leggi qui!).Tenete bene a mente che affinché possa integrarsi il reato di disobbedienza:
– è necessaria l’esistenza di un rapporto di subordinazione, cioè di una relazione disciplinare giuridicamente rilevante tra superiore e inferiore di grado. Non è difatti sufficiente la mera differenza di grado, serve invece che si verifichi almeno una delle condizioni previste dall’articolo 1350 del COM:“le disposizioni in materia di disciplina militare, si applicano nei confronti dei militari che si trovino in una delle seguenti condizioni:
- svolgono attività di servizio;
- sono in luoghi militari o comunque destinati al servizio;
- indossano l’uniforme;
- si qualificano, in relazione ai compiti di servizio, come militari o si rivolgono ad altri militari in divisa o che si qualificano come tali”;
– l’ordine che deve essere eseguito è solo quello “attinente al servizio o alla disciplina” (articolo 173 del CPMP). In tale contesto, dato che “gli ordini devono, conformemente alle norme in vigore, attenere alla disciplina, riguardare le modalità di svolgimento del servizio e non eccedere i compiti di istituto” (articolo 1349 del COM), ogni militare mantiene il potere di controllarne la legittimità: l’obbedienza non è infatti cieca o assoluta [5]! L’articolo 729 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 “Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare” (cosiddetto TUOM) prevede al riguardo che “il militare al quale è impartito un ordine che non ritiene conforme alle norme in vigore deve, con spirito di leale e fattiva partecipazione, farlo presente a chi lo ha impartito dichiarandone le ragioni, ed è tenuto a eseguirlo se l’ordine è confermato”.Questo è sostanzialmente il nocciolo della questione, ma prima di concludere è doveroso un breve accenno ai rapporti tra articolo 729 del TUOM (o articolo 751, comma 1, let. a, n. 22 del TUOM per la consegna di rigore – per approfondire leggi qui!) e l’articolo 173 del CPMP … detto altrimenti, come facciamo a distinguere la disobbedienza “penale” da quella che presenta invece meri risvolti disciplinari? La questione è tutt’altro che banale perché, in tema di disobbedienza, non è assolutamente agevole individuare il confine tra l’ambito penale e quello disciplinare. Proviamo a fare un paio di considerazioni che possano magari farci orientare meglio:
1. ai sensi dell’articolo 729 del TUOM “il militare deve eseguire gli ordini ricevuti con prontezza, senso di responsabilità ed esattezza, nei limiti stabiliti dal codice e dal regolamento, nonché osservando scrupolosamente le specifiche consegne e le disposizioni di servizio”. Potrà quindi essere punito con una sanzione disciplinare di corpo (diversa dalla consegna di rigore) il militare che, ad esempio, esegue l’ordine:
– senza la necessaria prontezza, lasciando cioè passare un eccessivo lasso di tempo nella relativa attuazione;
– dimostrando mancanza di senso di responsabilità, come potrebbe essere in caso di esecuzione pigra, svogliata o indolente;
– in modo inesatto, vale a dire non adottando le cautele essenziali al corretto adempimento di quanto dovuto;
2. ai sensi dell’articolo 751, comma 1, let. a, n. 22 del TUOM è sanzionabile con la consegna di rigore (per approfondire leggi qui!) il militare che manifesta “negligenza o imprudenza o ritardo nell’esecuzione di un ordine o nell’espletamento di un servizio secondo le modalità prescritte”. Appare evidente che le parole “negligenza”, “imprudenza” o “ritardo” usate all’articolo 751 del TUOM presentano, rispetto a quelle utilizzate all’articolo 729 del TUOM di cui al precedente punto 1., un disvalore maggiore nel comportamento tenuto dal militare e, conseguentemente, comportano un aggravamento della risposta sanzionatoria;
3. anche se senza “prontezza, senso di responsabilità ed esattezza” ovvero con “negligenza o imprudenza o ritardo” l’ordine, fino a questo punto, dovrebbe essere stato sostanzialmente eseguito, senza alcuna particolare lesione al corretto funzionamento della macchina militare nel perseguimento dei propri fini istituzionali. Conseguentemente, in tali casi, la risposta penale potrebbe essere eccessiva, risultando quindi sufficiente quella disciplinare.So benissimo che, anche con le considerazioni che precedono, il confine tra penale e disciplinare resta ancora molto incerto e scivoloso (basti pensare al “ritardo” che può essere sanzionato sia con la consegna di rigore che con la sanzione penale). La qualificazione giuridica dei fatti, soprattutto quando si è in presenza di reati che presentano deficit in termini di “tassatività”, non può però essere fatta in astratto ma deve essere necessariamente effettuata in concreto … caso per caso … avuto conto di tutte le circostanze. Il diritto non è la matematica: non è infatti detto che 1 + 1 sia uguale a 2, anzi 1 + 1 spesso non fa 2 proprio per niente. Al contrario, è necessario che si proceda ad interpretare il fatto, si arrivi a qualificarlo giuridicamente in modo da individuare la disciplina applicabile al caso concreto, cosa che nel nostro caso significa capire se il militare debba essere sottoposto a procedimento disciplinare di corpo oppure portato a processo per disobbedienza.
Prima di concludere penso sia opportuno chiarire un’ultima cosa. Da alcune e-mail mi sono infatti accorto che serpeggia tra alcuni di voi una stranissima convinzione. Lo dico chiaro: non è necessario che l’ordine venga ribadito dal superiore di grado perché si possa parlare di disobbedienza! Mi spiego meglio, se ad esempio ci viene impartito un ordine e, dopo aver chiesto al superiore di grado che lo ha impartito di rivederlo perché non lo riteniamo “conforme alle norme in vigore” (articolo 729 del TUOM), decidiamo autonomamente di non eseguirlo, ci sono gli estremi per essere denunciati per disobbedienza. Certo è che, in assenza di conferma, il vostro eventuale Avvocato avrebbe qualche cartuccia in più da sparare in vostra difesa:
– sostenendo che tale “conferma” era necessaria, avendo voi evidenziato profili di illegittimità dell’ordine che avrebbero dovuto ragionevolmente portare il superiore a rivedere la propria decisione originaria;
– argomentando che, essendo la disobbedienza un reato doloso – e, cioè, intenzionale –, l’incertezza creatasi a seguito della mancata “conferma” dell’ordine vi ha portato a disobbedire colposamente (mancando cioè di dolo, cioè dell’intenzione di disobbedire), ed ecco che il reato cadrebbe perché la disobbedienza non è punibile a titolo di colpa;
– arrivando a dimostrare che, dalla valutazione complessiva dei fatti, non emerge alcuna chiara coscienza e volontà di disobbedire o di contrapporsi al superiore che ha impartito l’ordine,
eccetera, eccetera, eccetera … ma … come abbiamo detto poco sopra ogni caso giuridico è a sé e come tale va trattato, perché in diritto non esiste alcuna equazione che possa risolvere il problema una volta per tutte.
Ci sarebbe molto altro da dire, ma preferisco fermarmi qui … ad maiora!
TCGC
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[1]: art. 1346 del COM – Disciplina militare:“1. La disciplina del militare è l’osservanza consapevole delle norme attinenti allo stato di militare in relazione ai compiti istituzionali delle Forze armate e alle esigenze che ne derivano. Essa è regola fondamentale per i cittadini alle armi in quanto costituisce il principale fattore di coesione e di efficienza. 2. Per il conseguimento e il mantenimento della disciplina sono determinate le posizioni reciproche del superiore e dell’inferiore, le loro funzioni, i loro compiti e le loro responsabilità. Da ciò discendono il principio di gerarchia e quindi il rapporto di subordinazione e il dovere dell’obbedienza. 3. Il militare osserva con senso di responsabilità e consapevole partecipazione tutte le norme attinenti alla disciplina e ai rapporti gerarchici. Nella disciplina tutti sono uguali di fronte al dovere e al pericolo”.
[2]: art. 1347 del COM – Obbedienza:“1. L’obbedienza consiste nella esecuzione pronta, rispettosa e leale degli ordini attinenti al servizio e alla disciplina, in conformità al giuramento prestato. 2. Il dovere dell’obbedienza è assoluto, salvo i limiti posti dall’articolo 1349, comma 2 e dall’articolo 729 del regolamento”.
[3]: art. 173 del CPMP – Nozione del reato e circostanza aggravante:“Il militare, che rifiuta, omette o ritarda di obbedire a un ordine attinente al servizio o alla disciplina, intimatogli da un superiore, è punito con la reclusione militare fino a un anno. Se il fatto è commesso in servizio, ovvero a bordo di una nave o di un aeromobile, la reclusione militare è da sei mesi a un anno; e può estendersi fino a cinque anni, se il fatto è commesso in occasione d’incendio o epidemia o in altra circostanza di grave pericolo”.
[4]: la consegna viene peraltro tutelata differentemente. Essendo un “servizio dentro il servizio”, caratterizzato dall’inserimento del militare in un turno con precise prescrizioni, i reati contro la consegna vengono collocati nel codice penale militare di pace tra i “reati contro il servizio militare” mentre la disobbedienza, al contrario, è collocata tra i “reati contro la disciplina militare” (per approfondire leggi qui!).
[5]: anzi, esiste addirittura un dovere di disobbedienza e di immediata informazione dei superiori che scatta in presenza di un ordine “manifestamente rivolto contro le istituzioni dello Stato o la cui esecuzione costituisce comunque manifestamente reato”, cioè di un ordine eversivo o criminoso (articoli 729 del TUOM e 1349 del COM).