In tutti i Paesi moderni esiste un principio, non scritto, in base al quale tutto ciò che non è vietato è permesso. Ebbene, iniziamo subito col dire che non esiste alcuna norma che vieti esplicitamente di fotografare o riprendere un pubblico funzionario nell’esercizio delle proprie funzioni (che sia cioè in servizio), a meno che la cosa non sia stata espressamente vietata dall’Autorità come può accadere, ad esempio, per motivate ragioni di sicurezza o di riservatezza [1]. Conseguentemente, possiamo quindi dire che – in linea generale – il personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia può quindi essere lecitamente fotografato e/o ripreso nell’esercizio delle proprie funzioni, mentre è cioè intento a controllare il territorio, condurre un pattugliamento, effettuare un posto di blocco eccetera. D’altronde, tali operazioni sono in fin dei conti attività amministrative che, anche se svolte fisicamente fuori da un ufficio pubblico, devono comunque essere effettuate in piena trasparenza [2]. Tale ricostruzione:
- è stata confermata, nel 2012, dal nostro Garante della privacy che “rispondendo ad un quesito del Ministero dell´interno relativo alla liceità dell´acquisizione e della diffusione in rete di immagini riprese da privati nel corso di controlli della polizia stradale, [ha confermato che] i funzionari pubblici e i pubblici ufficiali, compresi i rappresentanti delle forze di polizia impegnati in operazioni di controllo o presenti in manifestazioni o avvenimenti pubblici, possono essere fotografati e filmati, purché ciò non sia espressamente vietato dall´Autorità pubblica” [3];
- è sostanzialmente in linea con il codice della privacy (D.Lgs. n. 196/2003) e con il regolamento (Ue) 679/2016 sulla privacy (il cosiddetto GDPR cioè “General Data Protection Regulation”) che non vieta la cosa, fermo restando che per la diffusione delle immagini/video richiede [4], tra l’altro, il consenso del soggetto ripreso (articolo 6 let. a) ovvero, quantomeno, che l’immagine/video sia strumentale alla salvaguardia di interessi vitali (articolo 6 let. d) o all’esercizio di altra attività legittima (articolo 6 let. f) come può essere, ad esempio, l’attività giornalistica (anche quando svolta da comuni cittadini ma per scopi giornalistici [5]).
Appurato quindi che è in linea di principio lecito fotografare o riprendere un militare o un agente di Polizia in servizio, concentriamoci ora sull’aspetto realmente problematico della cosa: la diffusione e l’uso che viene fatto della foto o del video! Immagini e video sono, infatti, dati personali che, come tali, devono essere quindi gestiti … cioè “trattati” … soprattutto una volta che vengono pubblicati o caricati on-line. Ogni violazione del codice della privacy (cioè il D. Lgs. n. 196 del 2003 “Codice in materia di protezione dei dati personali”) rappresenta poi un illecito trattamento di dati personali, eventualità che comporta conseguenze sia tipo penale che civile. Infatti:
- l’autore delle foto o del video può essere chiamato a rispondere, tra l’altro, del reato di trattamento illecito di dati [6];
- l’agente o il militare ripreso può ottenere il risarcimento del danno subito per esser stato leso nella propria riservatezza ovvero per l’abuso che è stato fatto della propria immagine [7] [8] … peraltro, anche con la possibilità di chiedere all’Autorità giudiziaria di far cessare tale abuso (ovviamente solo se ancora in corso!).
Ma quando la diffusione di una foto o di un video che ritrae militari o agenti di polizia può dirsi lecita? Per rispondere a tale domanda bisogna indagare a fondo il motivo che spinge un soggetto a riprendere in foto o in video personale delle Forze Armate o delle Forze di Polizia in servizio, nonché il contesto in cui tale diffusione avviene. Motivo e contesto sono infatti i presupposti sulla base dei quali una diffusione può dirsi lecita o meno … infatti, se la foto o il video viene condiviso tra poche persone (ad esempio su un gruppo ristretto whatsapp) oppure allegato per ragioni di giustizia a un ricorso per una multa, non mi pare di intravvedere particolari problemi o criticità. Cosa diversa si verifica invece allorquando la fotografia o il video vengano invece pubblicati on-line (ad esempio su instagram o youtube) e visionati da migliaia (se non milioni) di persone … non avete idea di quanto le cose si complichino con la diffusione on-line! In tale contesto è facile intuire come un giornalista sia agevolato rispetto ad un comune cittadino nel dimostrare di aver legittimamente diffuso/pubblicato la foto o il video per il “diritto di cronaca [9]”.
Una precisazione prima di chiudere … non sussiste ovviamente alcun diritto di cronaca/interesse pubblico alla diffusione/pubblicazione di una foto o di un video che presenti commenti oltraggiosi (per approfondire leggi qui quello che ho scritto sull’oltraggio a pubblico ufficiale) oppure che travalichino i confini del diritto di cronaca, critica o satira [10].
TCGC
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[1]: a memoria mi viene in mente, ad esempio, il divieto generalizzato di fare riprese in udienza senza l’autorizzazione delle parti del processo e dei soggetti che vengono ripresi (es. testimoni, interpreti, periti, consulenti tecnici eccetera). Per quanto riguarda il dibattimento penale, inoltre, l’articolo 147 delle “Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale” (D. Lgs. n. 271 del 1989) titolato “Riprese audiovisive dei dibattimenti”, prevede che:“1. Ai fini dell’esercizio del diritto di cronaca, il giudice con ordinanza, se le parti consentono, può autorizzare in tutto o in parte la ripresa fotografica, fonografica o audiovisiva ovvero la trasmissione radiofonica o televisiva del dibattimento, purché’ non ne derivi pregiudizio al sereno e regolare svolgimento dell’udienza o alla decisione. 2. L’autorizzazione può essere data anche senza il consenso delle parti quando sussiste un interesse sociale particolarmente rilevante alla conoscenza del dibattimento. 3. Anche quando autorizza la ripresa o la trasmissione a norma dei commi 1 e 2, il presidente vieta la ripresa delle immagini di parti, testimoni, periti, consulenti tecnici, interpreti e di ogni altro soggetto che deve essere presente, se i medesimi non vi consentono o la legge ne fa divieto. 4. Non possono in ogni caso essere autorizzate le riprese o le trasmissioni dei dibattimenti che si svolgono a porte chiuse a norma dell’articolo 472 commi 1, 2 e 4 del codice”.
[2]: non dimentichiamo che il principio di trasparenza dell’azione amministrativa è un principio cardine su cui si fonda non solo il diritto amministrativo italiano ma anche – e soprattutto – quello europeo!
[3]: https://www.garanteprivacy.it/home/docweb/-/docweb-display/docweb/1900376.
[4]: articolo 6 del regolamento (Ue) 679/2016 – Liceità del trattamento:“1.Il trattamento è lecito solo se e nella misura in cui ricorre almeno una delle seguenti condizioni: a) l’interessato ha espresso il consenso al trattamento dei propri dati personali per una o più specifiche finalità; b) il trattamento è necessario all’esecuzione di un contratto di cui l’interessato è parte o all’esecuzione di misure precontrattuali adottate su richiesta dello stesso; c) il trattamento è necessario per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il titolare del trattamento; d) il trattamento è necessario per la salvaguardia degli interessi vitali dell’interessato o di un’altra persona fisica; e) il trattamento è necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento; f)il trattamento è necessario per il perseguimento del legittimo interesse del titolare del trattamento o di terzi, a condizione che non prevalgano gli interessi o i diritti e le libertà fondamentali dell’interessato che richiedono la protezione dei dati personali, in particolare se l’interessato è un minore […]”.
[5]: in tal senso ha sentenziato il 14 febbraio 2019 la Corte di giustizia dell’Unione Europea nella causa C‑345/17 evidenziando che “la registrazione video [effettuata non da un giornalista ma da un comune cittadino] di taluni agenti di polizia all’interno di un commissariato, durante la raccolta di una deposizione, e la pubblicazione del video così registrato su un sito Internet dove gli utenti possono inviare, visionare e condividere contenuti video, possono costituire un trattamento di dati personali esclusivamente a scopi giornalistici […] sempre che da tale video risulti che detta registrazione e detta pubblicazione abbiano quale unica finalità la divulgazione al pubblico di informazioni, opinioni o idee […]”.
[6]: articolo 167 del D. Lgs. n. 196 del 2003 “Codice in materia di protezione dei dati personali” – Trattamento illecito di dati:“1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre per sé o per altri profitto ovvero di arrecare danno all’interessato, operando in violazione di quanto disposto dagli articoli 123, 126 e 130 o dal provvedimento di cui all’articolo 129 arreca nocumento all’interessato, è punito con la reclusione da sei mesi a un anno e sei mesi. 2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre per sé o per altri profitto ovvero di arrecare danno all’interessato, procedendo al trattamento dei dati personali di cui agli articoli 9 e 10 del Regolamento in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 2 sexies e 2 octies, o delle misure di garanzia di cui all’articolo 2 septies ovvero operando in violazione delle misure adottate ai sensi dell’articolo 2 quinquiesdecies arreca nocumento all’interessato, è punito con la reclusione da uno a tre anni. 3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la pena di cui al comma 2 si applica altresì a chiunque, al fine di trarre per sé o per altri profitto ovvero di arrecare danno all’interessato, procedendo al trasferimento dei dati personali verso un paese terzo o un’organizzazione internazionale al di fuori dei casi consentiti ai sensi degli articoli 45, 46 o 49 del Regolamento, arreca nocumento all’interessato. 4. Il Pubblico ministero, quando ha notizia dei reati di cui ai commi 1, 2 e 3, ne informa senza ritardo il Garante […]”.
[7]: articolo 10 del codice civile: “qualora l’immagine di una persona o dei genitori, del coniuge o dei figli sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi in cui l’esposizione o la pubblicazione è dalla legge consentita, ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti congiunti, l’autorità giudiziaria, su richiesta dell’interessato, può disporre che cessi l’abuso, salvo il risarcimento dei danni”.
[8]: legge 633 del 1941 “Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio”, articoli 96 “il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa, salve le disposizioni dell’articolo seguente […]” e 97 “non occorre il consenso della persona ritrattata quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico. Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio, quando l’esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione od anche al decoro della persona ritrattata”.
[9]: anche se in questo caso sarebbe meglio parlare di diritto di informazione!
[10]: che non rispettino cioè i requisiti della verità (da intendersi come verità oggettiva e, cioè, rigorosa corrispondenza tra fatti riferiti e accaduti), pertinenza (cioè dell’interesse pubblico alla conoscenza e alla divulgazione del fatto) e continenza (ovverosia della correttezza formale di come la notizia viene presentata e, cioè, con un linguaggio appropriato, corretto, sereno e obiettivo) che, quando rispettati, non ledono l’altrui reputazione/onore legittimando l’esercizio del diritto di cronaca, critica o satira. Detto in altre parole quando vengono soddisfatti (soprattutto nell’esercizio del diritto di critica o satira), viene garantito il necessario bilanciamento tra la reputazione/onore del soggetto e la libera manifestazione del pensiero.