L’articolo 379 bis del codice penale prevede che “[…] chiunque rivela indebitamente notizie segrete concernenti un procedimento penale, da lui apprese per avere partecipato o assistito ad un atto del procedimento stesso, è punito con la reclusione fino a un anno. La stessa pena si applica alla persona che, dopo aver rilasciato dichiarazioni nel corso delle indagini preliminari, non osserva il divieto imposto dal pubblico ministero ai sensi dell’articolo 391 quinquies del codice di procedura penale”.

Il reato di rivelazione di segreti processuali può essere commesso da chiunque (quindi non necessariamente solo da agenti o ufficiali di Polizia Giudiziaria!) “riveli” notizie:

  • apprese perché si ha partecipato o anche solo assistito a qualche atto del procedimento penale in questione;
  • per le quali il Pubblico Ministero abbia vietato la divulgazione ai sensi dell’articolo 391 quinquies [1] del codice di procedura penale ovverosia notizie riguardanti l’attività di indagine per la quale si è stati sentiti.

Quanto precede solo per evidenziarvi che non è mai il caso di fare “chiacchiere da bar” quando l’oggetto delle nostre conversazioni verte su di un procedimento penale … e la cosa non è solo una questione di professionalità o di etica militare: una leggerezza del genere potrebbe infatti costarvi molto cara anche dal punto di vista penale!

TCGC

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[1]: art. 391 quinques c.p.p. – Potere di segretazione del pubblico ministero:“1. Se sussistono specifiche esigenze attinenti all’attività di indagine, il pubblico ministero può, con decreto motivato, vietare alle persone sentite di comunicare i fatti e le circostanze oggetto dell’indagine di cui hanno conoscenza. Il divieto non può avere una durata superiore a due mesi. 2. Il pubblico ministero, nel comunicare il divieto di cui al comma 1 alle persone che hanno rilasciato le dichiarazioni, le avverte delle responsabilità penali conseguenti all’indebita rivelazione delle notizie”.