L’equo indennizzo è quel particolare beneficio economico che spetta, una tantum, al personale che abbia riportato una infermità o una lesione riconosciuta dipendente da causa di servizio (clicca qui per approfondire) e ascrivibile alle Tabelle annesse al D.P.R. n. 834 del 1981 (clicca qui per approfondire). Il procedimento di concessione dell’equo indennizzo che, come il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio è regolato dal D.P.R. n. 461 del 2001, si avvia con una domanda dell’interessato che può anche “essere successiva o contestuale alla domanda di riconoscimento di causa di servizio ovvero può essere prodotta nel corso del procedimento di riconoscimento di causa di servizio, entro il termine di dieci giorni dalla ricezione della comunicazione” di trasmissione della domanda di riconoscimento della causa di servizio al Comitato di verifica per le cause di servizio (articolo 2 del D.P.R. n. 461 del 2001 – per approfondire leggi qui!).
Come viene quantificato? L’ammontare dell’equo indennizzo viene calcolato tenendo in considerazione lo stipendio tabellare e la categoria della menomazione riconosciuta dipendente da causa di servizio (di cui alle Tabelle annesse al D.P.R. n. 834 del 1981). Tale ammontare, inoltre, viene “ridotto del 25% se l’impiegato ha superato i cinquanta anni di età e del 50% se ha superato il sessantesimo anno” (articolo 49 del D.P.R. 686 del 1957).
Entro 5 anni dalla notifica del provvedimento di riconoscimento è possibile fare, per una sola volta, la cosiddetta domanda di “aggravamento”: in tal senso, l’articolo 14 del D.P.R. 461 del 2001 stabilisce infatti che “entro cinque anni dalla data di comunicazione del provvedimento […], il dipendente, in caso di aggravamento della menomazione della integrità fisica, psichica o sensoriale per la quale è stato concesso l’equo indennizzo, può per una sola volta chiedere all’Amministrazione la revisione dell’equo indennizzo già concesso”.
Alcuni problemi nascono in caso di cumulo tra equo indennizzo e:
- la pensione privilegiata (clicca qui per approfondire). Il divieto di cumulo in questo caso viene previsto esplicitamente dal D.P.R. 686 del 1957 che stabilisce infatti che “l’equo indennizzo […], è ridotto della metà se l’impiegato consegua anche la pensione privilegiata” (articolo 50);
- il risarcimento del danno ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile. Dato che l’equo indennizzo è cosa differente dal risarcimento del danno, la giurisprudenza ne ha riconosciuto la cumulabilità con il risarcimento del danno previsto dal codice civile sempre che, naturalmente, ne ricorrano i presupposti di legge;
- il trattamento assicurativo a carico dello Stato o di altra Pubblica Amministrazione. In tal caso il divieto di cumulo è stato previsto esplicitamente dal D.P.R. 686 del 1957 che stabilisce infatti che deve essere “dedotto dall’equo indennizzo quanto eventualmente percepito dall’impiegato in virtù di assicurazione a carico dello Stato o di altra pubblica Amministrazione” (articolo 50).
TCGC
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