La disciplina di corpo è quella parte del diritto disciplinare militare (clicca qui per approfondire) che regola le modalità con cui vengono di norma [1] sanzionati comportamenti i cui effetti rimangono confinati all’interno dell’organizzazione militare (nel corpo, appunto, da intendersi come aggregazione militare) e che sono, quindi, oggettivamente meno gravi di quelli che vengono perseguiti con una sanzione disciplinare di stato. Le sanzioni disciplinari di corpo, vera peculiarità dell’ordinamento militare essendo sconosciute agli altri settori del pubblico impiego, svolgono una funzione essenzialmente formativa e correttiva del militare e consistono, ai sensi dell’articolo 1358 del Codice dell’ordinamento militare, “nel richiamo, nel rimprovero, nella consegna e nella consegna di rigore”. Tutto quello che vi serve è sostanzialmente riportato nel Codice dell’ordinamento militare: per tanto, dato che la è materia abbastanza semplice da ricostruire, ne ripercorrerò solo i tratti salienti, lasciandovi la piena libertà di procedere o meno ad un autonomo approfondimento. Prima di delineare i caratteri fondamentali del procedimento disciplinare di corpo (la cui conoscenza, credetemi, può esservi estremamente utile nella pratica!), ritengo comunque premiante procedere a un preliminare “ripassino” sulle diverse sanzioni disciplinari di corpo per come sono descritte sul Codice dell’ordinamento militare (decreto legislativo n. 66 del 2010 – cosiddetto COM). Queste sono, ai sensi dell’articolo:

  • 1359, il richiamo [2] che è un ammonimento “verbale” [3] con cui sono punite “lievi mancanze [ovvero] omissioni causate da negligenza” e che “può essere inflitto da qualsiasi superiore”. Non è soggetto “a trascrizione nella documentazione personale dell’interessato” dovendosene tenere conto “limitatamente al biennio successivo alla sua inflizione, esclusivamente ai fini della recidiva nelle mancanze per le quali può essere inflitta la sanzione del rimprovero”;
  • 1360, il rimprovero che è, invece, “una dichiarazione di biasimo con cui sono punite le lievi trasgressioni alle norme della disciplina e del servizio o la recidiva nelle mancanze per le quali può essere inflitto il richiamo”. Può essere “inflitto dalle autorità di cui all’articolo 1396” ovvero, sostanzialmente, dal Comandante di corpo o da quello di reparto. Inoltre, il “provvedimento con il quale è inflitta la punizione è comunicato per iscritto all’interessato ed è trascritto nella documentazione personale”;
  • 1361, la consegna con cui “sono punite: a. la violazione dei doveri diversi da quelli previsti dall’articolo 751 del regolamento; b. la recidiva nelle mancanze già sanzionate con il rimprovero; c. più gravi trasgressioni alle norme della disciplina e del servizio. Il provvedimento con il quale è inflitta la punizione è comunicato per iscritto all’interessato ed è trascritto nella documentazione personale […]”. Tale sanzione disciplinare consiste, ai sensi dell’articolo 1358, “nella privazione della libera uscita fino al massimo di sette giorni consecutivi”, fermo restando che “i militari di truppa coniugati, i graduati, i sottufficiali e gli ufficiali che usufruiscono di alloggio privato sono autorizzati a scontare presso tale alloggio la punizione di consegna [4]”.
  • 1362, la consegna di rigoresi applica per le infrazioni specificamente indicate nell’ articolo 751 del regolamento[5] […]” (In considerazione delle peculiarità nel procedimento di irrogazione di tale specifica sanzione disciplinare di corpo, le ho dedicato uno specifico postleggi qui).

Tanto premesso, passiamo a descrivere il procedimento disciplinare di corpo, iniziando col dire che questo, ai sensi dell’articolo 1398, secondo comma, del Codice dell’ordinamento militare, “si svolge, anche oralmente, attraverso le seguenti fasi: a. contestazione degli addebiti; b. acquisizione delle giustificazioni ed eventuali prove testimoniali; c. esame e valutazione degli elementi contestati e di quelli addotti a giustificazione; d. decisione; e. comunicazione all’interessato”.

Il procedimento disciplinare deve essere iniziato “senza ritardo” (articolo 1398, primo comma, del Codice dell’ordinamento militare). Il codice non quantifica però esattamente l’intervallo di tempo che deve trascorrere tra l’infrazione (o la conoscenza della stessa da parte dell’autorità militare titolare della funzione sanzionatoria) e l’avvio del relativo procedimento disciplinare. Conseguentemente, la giurisprudenza ha chiarito che tale intervallo di tempo debba essere “ragionevole”, detto altrimenti né troppo corto (altrimenti chi deve punire non avrebbe il tempo necessario per ponderare adeguatamente la condotta del militare incolpato e, quest’ultimo, non avrebbe la possibilità di avere un giusto contraddittorio) né troppo lungo (per non correre il rischio di pregiudicare il diritto di difesa del militare incolpato). In tale ambito può esserci di aiuto l’articolo 2, secondo comma, della legge n. 241 del 1990 nella parte in cui stabilisce che “i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro il termine di trenta giorni”, dalla commissione dell’infrazione naturalmente … ciò significa che tra il momento dell’infrazione e la contestazione degli addebiti è meglio non superare i 30 giorni! Una precisazione è d’obbligo, ho detto che è meglio non superare i 30 giorni perchè tale termine non è perentorio: ciò significa che alla scadenza dei 30 giorni l’autorità militare competente a sanzionare non “consuma” il proprio potere disciplinare: il procedimento può essere quindi sempre attivato, anche se in ritardo e la punizione sarà valida al 100%; tale ritardo non va quindi a inficiare la validità del provvedimento disciplinare perché è considerato una mera irregolarità!

Diciamo ora qualcosa in più su ognuna delle fasi del procedimento disciplinare:

  • la contestazione degli addebiti – Con tale fase si apre formalmente il procedimento disciplinare; detto altrimenti, senza contestazione degli addebiti non c’è procedimento disciplinare e, quindi, non può essere inflitta alcuna sanzione. In tale fase si incolpa formalmente il militare per ciò che ha fatto, gli si “contesta” cioè la trasgressione, delimitando l’oggetto del giudizio disciplinare, fornendogli al contempo tutta una serie di informazioni sul procedimento in modo da favorirne la partecipazione, sollecitarne il contraddittorio e garantirne il diritto di difesa. Il procedimento disciplinare è, infatti, un procedimento amministrativo e, al pari di qualsiasi altro procedimento amministrativo, viene regolato dalla citata legge n. 241 del 1990 titolata appunto “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo […]”. Ebbene, dato che la contestazione degli addebiti non è altro se non una “comunicazione di avvio del procedimento”, vi si applicheranno gli articoli 7 [6] e 8 [7] della citata legge n. 241/90 [8]; per tanto, dovrà quantomeno indicare: 1.la mancanza disciplinare commessa, con indicazione delle norme disciplinari violate; 2. l’autorità militare competente ad adottare la sanzione e il responsabile del procedimento; 3. il termine stabilito per la conclusione del procedimento disciplinare e quello dato all’incolpato per poter eventualmente produrre elementi a propria difesa. Tale ultimo punto 3. merita un ulteriore piccolo approfondimento: il termine massimo per la conclusione del procedimento disciplinare è fissato dall’articolo 1046 del testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare (TUOM) in “90 giorni dalla contestazione degli addebiti [9]”. L’articolo 1029 TUOM stabilisce inoltre che il termine a difesa sia normalmente pari a due terzi di quello stabilito per la durata del procedimento (nel nostro caso sarà quindi pari a 60 giorni). Naturalmente, l’autorità militare competente ha il potere di ridurre il termine massimo di conclusione del procedimento disciplinare in relazione alla situazione che, ad esempio, è evidente al punto dal rendere superflui particolari approfondimenti sugli eventi (in quanto sufficientemente chiari o non contestati dal militare incolpato). Ebbene, il secondo comma del citato articolo 1029 TUOM, rompe l’equazione termine a difesa = 2/3 del termine del procedimento, stabilendo che “quando il termine del procedimento sia uguale o inferiore a trenta giorni, memorie scritte e documenti dovranno essere presentati entro dieci giorni dall’inizio del procedimento. Tale termine viene computato a partire dalla data di comunicazione dell’avvio del procedimento effettuata ai sensi dell’articolo 1028”. Ciò significa che se il superiore si impegna a concludere il procedimento disciplinare entro 30 giorni, il militare incolpato avrà solo 10 giorni (e non 20!) per poter produrre eventuali difese.
  • acquisizione delle giustificazioni ed eventuali prove testimoniali, esame e valutazione degli elementi contestati e di quelli addotti a giustificazione – Tratterò queste due fasi insieme perché sono particolarmente semplici da capire. Infatti, in tali fasi avviene la raccolta delle informazioni utili ai fini della decisione, si ascoltano eventuali testimoni e, soprattutto, si concretizza il diritto di difesa e si attua il contraddittorio del militare incolpato: è proprio in tali fasi che questo può infatti difendersi, negando completamente o solo in parte le accuse mossegli. Peraltro, in considerazione del fatto che l’articolo 1370, primo comma, del codice dell’ordinamento militare evidenza che “nessuna sanzione disciplinare può essere inflitta senza contestazione degli addebiti e senza che sono state acquisite e vagliate le giustificazioni addotte dal militare interessato”, non è insensato arrivare a ritenere che l’eventuale provvedimento disciplinare debba, seppur brevemente, fornire indicazione sulle difese addotte dal militare nonché l’esito dell’attività istruttoria svolta (come, ad esempio, l’audizione dei testimoni). Prima di passare alla successiva fase della decisione, colgo infine l’occasione per segnalarvi che nel procedimento di erogazione della consegna di rigore, il militare incolpato deve necessariamente farsi assistere da un militare difensore, ma tratteremo bene l’argomento nello specifico post redatto sull’argomento a cui, ad ogni buon conto, rimando (leggi qui).
  • decisione sul procedimento disciplinare e comunicazione all’interessato – Anche queste due fasi sono molto semplici da capire; peraltro troverete tutto scritto nei particolari nel codice dell’ordinamento militare (COM): i commi 4, 5 e 6 dell’articolo 1398 stabiliscono infatti che:“la decisione dell’autorità competente è comunicata verbalmente senza ritardo all’interessato anche se l’autorità stessa non ritiene di far luogo all’applicazione di alcuna sanzione. 5. Al trasgressore è comunicato per iscritto il provvedimento sanzionatorio contenente la motivazione, salvo che sia stata inflitta la sanzione del richiamo. 6. La motivazione deve essere redatta in forma concisa e chiara e configurare esattamente l’infrazione commessa indicando la disposizione violata o la negligenza commessa e le circostanze di tempo e di luogo del fatto”.

Prima di concludere, un piccolo accenno alla possibilità offerta dal codice di poter adottare provvedimenti disciplinari provvisori a titolo precauzionale. L’articolo 1401 del Codice dell’ordinamento militare prevede infatti che: “1. In caso di necessità e urgenza, il comandante di corpo, se rileva una mancanza tale da comportare la consegna o la consegna di rigore, o se ne viene edotto, può disporre, a titolo precauzionale, l’immediata adozione di provvedimenti provvisori, della durata massima di quarantotto ore, in attesa che venga definita la sanzione disciplinare. 2. Il superiore che adotta il provvedimento provvisorio deve informare senza ritardo l’autorità competente a irrogare la sanzione, affinché’ essa provveda alla conferma o meno del provvedimento, in attesa di procedere ai sensi degli articoli 1398. 3. La durata del provvedimento provvisorio va compresa nel computo della sanzione definitiva”.

TCGC

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[1]: ho utilizzato il termine “normalmente” poiché il comma 7 dell’articolo 1362 del codice dell’ordinamento militare stabilisce che “con la consegna di rigore possono, inoltre, essere puniti: a) fatti previsti come reato, per i quali il comandante di corpo non ritenga di richiedere il procedimento penale, ai sensi dell’articolo 260 c.p.m.p. [cioè il codice penale militare di pace]; b) fatti che hanno determinato un giudizio penale a seguito del quale è stato instaurato un procedimento disciplinare”.

[2]: il richiamo è, quindi, l’unica sanzione disciplinare di corpo che non viene trascritta nei documenti personali.

[3]: l’articolo 1358, numero 2, del codice dell’ordinamento militare stabilisce infatti che “il richiamo è verbale”. Sappiate però che il correttivo al COM adottato con il decreto legislativo n.173 del 2019, proprio nell’ottica favorire la redazione scritta del richiamo, ha soppresso le parole “nè a particolari forme di comunicazione scritta o pubblicazione” che erano presenti al comma 3 e che, di fatto, rendevano quantomeno superflua la redazione scritta di tale sanzione disciplinare. Conseguentamente, nulla osta al fatto che esso possa essere trascritto dal superiore nel carteggio interno, per futura memoria, solo ai fini previsti dal quarto comma del successivo articolo 1359, ovvero “[…] limitatamente al biennio successivo alla sua inflizione, esclusivamente ai fini della recidiva nelle mancanze per le quali può essere inflitta la sanzione del rimprovero”..

[4]: è stata da sempre messa in dubbio la compatibilità della privazione della libera uscita prevista dalla consegna o l’obbligo di rimanere in apposito spazio previsto dalla consegna di rigore con gli articoli 13 e 16 della Costituzione che trattano, rispettivamente, la libertà personale e la libertà di circolazione del cittadino. I giudici hanno più volte affrontato il problema arrivando sostanzialmente a ritenere che la privazione dalla libera uscita e, soprattutto, l’obbligo di rimanere in un determinato spazio, siano ordini militari che traggono la loro legittimazione direttamente dalla disciplina militare. Essendo ordini, il militare punito non è quindi soggetto ad alcuna forza esterna che ne limiti fisicamente la libertà personale o di movimento ma è, al contrario, soggetto ad un ordine che deve eseguire, mantenendo cioè doverosamente un determinato comportamento: mi riferisco all’astenersi dall’andare in libera uscita (che deriva dalla consegna inflittagli) ovvero all’obbligo di rimanere in un determinato spazio (previsto invece quale conseguenza dell’irrogazione della consegna di rigore). Ciò vuol dire, soprattutto per la consegna di rigore, che in linea di principio nessuno vieterà al militare punito di uscire dalla caserma o dall’alloggio privato con la forza, ma che, in base alle circostanze, questi se trasgredirà a tale obbligo sarà responsabile penalmente (ad esempio, per disobbedienza ovvero per forzata consegna, nel caso in cui non ottemperi alle intimazioni del personale addetto alla vigilanza) o disciplinarmente (ad esempio per violazione degli obblighi derivanti dalla mancata esecuzione della sanzione disciplinare ricevuta).

[5]: ovvero il decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010, testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare.

[6]: articolo 7 della legge n. 241 del 1990 – Comunicazione di avvio del procedimento:“1. Ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l’avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall’articolo 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi. Ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l’amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell’inizio del procedimento. 2. Nelle ipotesi di cui al comma 1 resta salva la facoltà dell’amministrazione di adottare, anche prima della effettuazione delle comunicazioni di cui al medesimo comma 1, provvedimenti cautelari”.

[7]: articolo 8 della legge n. 241 del 1990 – Modalità e contenuti della comunicazione di avvio del procedimento: “1. L’amministrazione provvede a dare notizia dell’avvio del procedimento mediante comunicazione personale. Nella comunicazione debbono essere indicati: a) l’amministrazione competente; b) l’oggetto del procedimento promosso; c) l’ufficio e la persona responsabile del procedimento; c-bis) la data entro la quale, secondo i termini previsti dall’articolo 2, commi 2 o 3 [della legge n. 241 del 1990], deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in caso di inerzia dell’amministrazione […]; d) l’ufficio in cui si può prendere visione degli atti”.

[8]: peraltro ribaditi dal Testo Unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare (TUOM), Libro Sesto, Titolo I, Capo I e II, con particolare riguardo all’articolo 1028 titolato appunto “comunicazione dell’inizio del procedimento”.

[9]: articolo 1046, primo comma, lettera h) n. 6 del Testo Unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare (TUOM).