Il pubblico ufficiale (e, quindi, anche il militare dell’Esercito, della Marina o dell’Aeronautica che ad esempio opera a supporto delle Forze di Polizia nel controllo del territorio – per approfondire clicca qui), viene tutelato nell’esercizio delle proprie funzioni anche dal punto di vista penale. Infatti, il codice penale comune punisce, tra l’altro:
- la violenza o minaccia a un pubblico ufficiale:“Chiunque usa violenza o minaccia a un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio, per costringerlo a fare un atto contrario ai propri doveri, o ad omettere un atto dell’ufficio o del servizio, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. La pena è della reclusione fino a tre anni, se il fatto è commesso per costringere alcuna delle persone anzidette a compiere un atto del proprio ufficio o servizio, o per influire, comunque, su di essa” (articolo 336 del codice penale);
- la resistenza a un pubblico ufficiale:“Chiunque usa violenza o minaccia per opporsi a un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio, mentre compie un atto di ufficio o di servizio, o a coloro che, richiesti, gli prestano assistenza, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni” (articolo 337 del codice penale);
- l’oltraggio a pubblico ufficiale:“Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, offende l’onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è aumentata se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato. Se la verità del fatto è provata o se per esso l’ufficiale a cui il fatto è attribuito è condannato dopo l’attribuzione del fatto medesimo, l’autore dell’offesa non è punibile. Ove l’imputato, prima del giudizio, abbia riparato interamente il danno, mediante risarcimento di esso sia nei confronti della persona offesa sia nei confronti dell’ente di appartenenza della medesima, il reato è estinto” (articolo 341 bis del codice penale).
Credo che i reati di violenza/minaccia e resistenza a pubblico ufficiale (che, peraltro, tutelano anche l’incarico di un pubblico servizio) siano sufficientemente intuitivi da comprendere: richiedono essenzialmente che la violenza [1] e la minaccia siano idonee a intimidire e coartare la volontà del pubblico ufficiale … cioè da “forzarla” al punto da impedire il compimento dell’atto d’ufficio. La differenza tra i due reati sta nel “tempo” della violenza o della minaccia che deve:
- precedere il compimento dell’atto d’ufficio, nel reato di violenza o minaccia a pubblico ufficiale (articolo 336 del codice penale);
- avvenire durante il compimento dell’atto d’ufficio, nel reato di resistenza a pubblico ufficiale (articolo 337 del codice penale).
Concentriamoci ora brevemente sul reato di oltraggio a pubblico ufficiale che è quello statisticamente più ricorrente e che presenta qualche piccola “criticità” in più. La domanda che spesso mi viene fatta è: come mai, nel terzo millennio, si puniscono penalmente comportamenti del genere? Ma non siamo tutti uguali? … se si … come è allora possibile che il pubblico ufficiale venga tutelato differentemente? Questo non si chiama “privilegio”? Invece di rispondervi, vi riporto a grosse linee il ragionamento che la giurisprudenza (anche costituzionale) ha seguito per spiegare e giustificare la cosa: la tutela del buon andamento della Pubblica Amministrazione, che è pur sempre un principio costituzionale (articolo 97 della Costituzione), si persegue anche tutelando il prestigio e l’onore dei singoli soggetti che esercitano pubbliche funzioni attraverso uno specifico reato che è più grave della comune ingiuria, anche se aggravata [2]. Tutto qui … così stanno attualmente le cose … andiamo dunque avanti con il nostro discorso!
Un paio di indicazioni “pratiche” [3]: non dimenticate che per aversi oltraggio a pubblico ufficiale, oltre ad esser ovviamente indispensabile la presenza di un pubblico ufficiale (per approfondire leggi qui), è necessario che l’oltraggio:
- avvenga in luogo pubblico o aperto al pubblico … altrimenti saremmo di fronte a una semplice ingiuria aggravata [4];
- si verifichi in presenza di più persone;
- sia contestuale, che avvenga cioè “mentre [il pubblico ufficiale] compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni”.
In caso contrario non vi è alcun oltraggio … beh, potrebbe magari consumarsi qualche altro reato (come, ad esempio, il reato di oltraggio a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, quello di diffamazione, di ingiuria eccetera), ma niente di più!
Non vi voglio appesantire troppo la materia e penso quindi che quanto detto fin’ora sia più che sufficiente … concedetemi però un’ultima cosa che potrebbe essere d’interesse: il pubblico ufficiale vittima di minaccia, violenza, resistenza o oltraggio ha diritto ad essere risarcito dall’autore del reato? Certo che ha diritto … e non solo a livello patrimoniale! Mi spiego meglio, essendosi verificato un reato, l’articolo 2059 del codice civile e l’articolo 185 del codice penale assicurano alla vittima il diritto ad un risarcimento “completo” sia dal punto di vista patrimoniale (cioè il danno oggettivamente patito, comprensivo del prezzo degli occhiali rotti dall’aggressore, delle visite fatte dall’ortopedico per rimettere a posto la spalla, delle sedute di fisioterapia cui ci si è dovuti sottoporre eccetera) che non patrimoniale (stiamo parlando della sofferenza psico-fisica conseguenza del reato subito … cosa che – badate bene – il più delle volte non può essere risarcita!) … chiedete al vostro Avvocato come comportarvi, sono convinto che saprà indirizzarvi al meglio per ottenere quanto vi spetta! Tanto detto, non mi resta che augurarvi un buon servizio e … ad maiora!
TCGC
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[1]: possiamo dire che la violenza sia “idonea” quando arriva al livello di percosse (art. 581 c.p.), reato che peraltro assorbe. Quando la violenza supera però il livello delle percosse, si entra nelle lesioni personali (art. 582 c.p.), reato che non viene assorbito e che quindi concorre autonomamente con quello di violenza o resistenza a pubblico ufficiale. Quanto appena detto significa, ad esempio, che chi resiste al pubblico ufficiale con modalità tali da causargli lesioni personali, risponde sia del reato di resistenza, sia di quello di lesioni personali.
[2]: è infatti una circostanza aggravante comune “l’avere commesso il fatto contro un pubblico ufficiale o una persona incaricata di un pubblico servizio, […] nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni o del servizio” (articolo 61 c.p.).
[3]: per dovere di completezza, è giusto evidenziarvi che il:
- secondo comma dell’articolo 341 bis del codice penale prevede una specifica causa di esclusione della pena. Infatti, quando l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, “se la verità del fatto è provata o se per esso l’ufficiale a cui il fatto è attribuito è condannato dopo l’attribuzione del fatto medesimo, l’autore dell’offesa non è punibile”;
- terzo comma dell’articolo 341 bis del codice penale prevede una specifica causa di estinzione del reato, allorquando stabilisce che “ove l’imputato, prima del giudizio, abbia riparato interamente il danno, mediante risarcimento di esso sia nei confronti della persona offesa sia nei confronti dell’ente di appartenenza della medesima, il reato è estinto”.
[4]: è infatti una circostanza aggravante comune “l’avere commesso il fatto contro un pubblico ufficiale o una persona incaricata di un pubblico servizio, […] nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni o del servizio” (articolo 61 c.p.).