L’articolo 260, 2 comma, del codice penale militare di pace (CPMP), prevede che “I reati [militari], per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione militare non superiore nel massimo a sei mesi, e quello preveduto dal n. 2 dell’articolo 171 sono puniti a richiesta del comandante del corpo o di altro ente superiore, da cui dipende il militare colpevole […]”. Vi starete ora domandando cosa significhi esattamente ciò che abbiamo appena letto … beh, l’articolo 260 CPMP ci dice sostanzialmente che per tutta una serie di reati militari lievi, quelli cioè puniti con pena “non superiore nel massimo a sei mesi”, il Comandante di corpo diventa sostanzialmente “arbitro” nel collocare (discrezionalmente) un fatto nell’area penale oppure in quella disciplinare … cioè, in altre parole, è lui che ha l’ultima parola nel decidere se un determinato fatto debba essere sanzionato (da lui stesso!) a livello disciplinare oppure dal giudice penale al termine di un processo vero e proprio.

La richiesta di procedimento funziona grossomodo così: il Comandante di corpo comunica al Procuratore militare che vuole procedere disciplinarmente oppure “richiede” che venga aperto un procedimento penale a carico del militare autore del fatto (tale “richiesta” svolge a grossomodo la stessa funzione della querela in ambito civile – per approfondire leggi qui!). Comandanti di corpo, mi rivolgo ora a voi, siate molto chiari con il Procuratore militare! L’articolo 260 CPMP è titolato “Richiesta di procedimento” … trattasi quindi di una semplice richiesta che fate al Procuratore militare … ecco perchè, senza troppi giri di parole, vi consiglio di scrivere una cosa tipo “ai sensi dell’articolo 260 CPMP richiedo (o non richiedo) il procedimento penale a carico di … per tutti i reati militari ravvisabili da codesta Procura Militare nel fatto e perseguibili a richiesta del Comandante di corpo … tutto qui, non dovete aggiungere altro! L’importante è essere chiari su quello che chiedete in modo da non lasciar alcun dubbio o poter essere in qualche modo fraintesi … e offrire facili “appigli” agli avvocati difensori che magari si stanno arrampicando sugli specchi! Semplice, vero? Ricordate che il termine per richiedere il procedimento è di un mese … che decorre dal giorno in cui avete avuto notizia del fatto che costituisce reato … superato il quale non è più possibile richiedere il procedimento e per il Procuratore militare si alza un muro invalicabile che si chiama “archiviazione” (per il cosiddetto difetto di una condizione di procedibilità [1]).

Mi sembra di avervi detto abbastanza … vi posto però alcuni doverosi chiarimenti prima di concludere:

  • nulla vieta che il Comandante di corpo richieda il procedimento penale ai sensi dell’articolo 260 CPMP contestualmente alla comunicazione della notizia di reato (per approfondire leggi qui!) anzi molto spesso viene fatto proprio così;
  • è bene procedere sempre e comunque alla comunicazione della notizia di reato, anche se non si ha alcuna intenzione di richiedere il procedimento penale. Tale comunicazione deve essere sempre effettuata perché il fatto, anche se lo si vorrebbe sanzionare solo disciplinarmente, integra comunque una fattispecie penale nella quale il Procuratore militare potrebbe intravedere ulteriori ipotesi di reato come, ad esempio, la violata consegna (articolo 120 CPMP) o altri reati che potrebbero far superare il limite dei 6 mesi e far quindi scattare il procedimento d’ufficio;
  • l’alternativa tra sanzione penale e sanzione disciplinare non è secca! Il Comandante di corpo che non richiede il procedimento penale non è poi obbligato a punire il militare autore del fatto: conserva infatti integro il proprio potere sanzionatorio [2] e, al termine del procedimento disciplinare, rimarrà conseguentemente libero di sanzionare oppure di non sanzionare affatto;
  • come mai esiste proprio nel diritto penale militare un istituto giuridico così particolare? La risposta è semplice: chi ha scritto il codice penale militare di pace, in considerazione della “specificità” del mondo militare e nell’ottica di preservare la preparazione, la forza e l’efficienza bellica (intesa in questo caso come disciplina e coesione interna dell’unità) ha ritenuto che una sanzione disciplinare potesse avere un maggiore effetto deterrente di una sentenza di condanna vera e propria (che magari arriva dopo anni) … ma tutto ciò solo per fatti lievi … da qui la ragione per cui la richiesta di procedimento sia riservata ai soli fatti puniti con pena “non superiore nel massimo a sei mesi”.

TCGC

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[1]: infatti la richiesta di procedimento è tecnicamente una cosiddetta “condizione di procedibilità”, ovverosia un vero e proprio ostacolo all’esercizio della giurisdizione penale, grossomodo come avviene in ambito civile con la querela (per approfondire leggi qui!).

[2]: per dovere di completezza, vi ricordo che ai sensi dell’articolo 751 del Testo Unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare (TUOM – leggi qui!) sono sanzionabili con la consegna di rigore anche “i comportamenti indicati dall’articolo 1362, comma 7, del codice” dell’ordinamento militare, ovvero i “fatti previsti come reato, per i quali il comandante di corpo non ritenga di richiedere il procedimento penale, ai sensi dell’articolo 260 c.p.m.p.”.