Gli articoli 10 e 11 della Costituzione rappresentano una chiara presa di posizione del costituente sul tema della guerra. In particolare:

  • l’articolo 10, comma 1, secondo cui: “l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute” esprime la volontà di apertura alla comunità internazionale, nel senso di prendere l’impegno di conformarsi alle norme – sia scritte sia non scritte – ivi operanti (che, per quanto attiene al problema dei conflitti armati, ha una lunga tradizione di sforzi e tentativi volti a limitarne l’assolutezza);
  • l’articolo 11, nella parte in cui afferma che: “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali […]” elimina la guerra dal nostro ordinamento giuridico, ad eccezione di quelle cosiddette difensive.

Dall’esame delle norme suesposte, risulta evidente come la Costituzione non dia alcuno spazio alla guerra, salvo che in casi eccezionali e secondo le modalità “riconosciute” dalla comunità internazionale. Senza addentrarci nella disamina delle diverse concezioni dottrinali che sono arrivate, negli anni, addirittura a negare ogni pratica valenza giuridica alle disposizioni costituzionali di cui sopra, sono molti i motivi per ritenere che il ripudio della guerra rappresenti invece uno dei cardini dell’ordinamento giuridico costituzionale, in quanto integrante un principio di civiltà da cui non si può assolutamente prescindere. I costituenti, infatti, proprio in virtù della sensibilità dimostrata per un fenomeno loro molto vicino (ricordiamoci che la Costituzione venne emanata nel 1948 e, quindi, a pochi anni dalla fine del fascismo e della seconda guerra mondiale), hanno voluto distintamente evidenziare la rottura con le precedenti esperienze politiche che hanno portato l’Italia a prender parte a diverse esperienze militari tra le quali, a prescindere dalla seconda guerra mondiale, degne di menzione sono senza alcun dubbio la guerra d’Etiopia o la guerra di Spagna. Con tale approccio deve quindi essere interpretato l’articolo 11 della Costituzione, soprattutto per quanto attiene:

  • l’utilizzo del termine “ripudiare”, inserito proprio per sottolineare la volontà di prender le distanze dal passato: può essere infatti ripudiato solo ciò che una volta si accettava, si considerava valido o si condivideva;
  • l’esplicito riferimento all’“Italia”, quasi a voler ribadire che il conseguente dovere giuridico è posto a carico di tutto il popolo italiano, di tutta la comunità e non solo di determinate Istituzioni quali, ad esempio, il Parlamento, il Governo o le Forze Armate.

Tanto premesso, ritengo doveroso chiarire subito che la Costituzione non ripudia la guerra in quanto tale, bensì solo allorquando tale fenomeno presenti determinate caratteristiche: chiaro è il riferimento alle guerre internazionali, ovvero quelle che hanno ad oggetto conflitti armati con altri Stati. Restano escluse invece le guerre cosiddette “interne” e, in tale ambito, quelle difensive in quanto condotte per fronteggiare attacchi e aggressioni. Tale circostanza trova conferma nell’articolo 52 della Costituzione che arriva infatti a definire “sacro” il dovere di ogni cittadino di difendere la Patria nonché, a livello internazionale, nell’articolo 51 [1] dello Statuto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite [2] che riconosce il diritto naturale degli Stati alla legittima difesa.

TCGC

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[1]: articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite: “nessuna disposizione del presente Statuto pregiudica il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite, fintantoché il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale. Le misure prese da Membri nell’esercizio di questo diritto di autotutela sono immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza e non pregiudicano in alcun modo il potere e il compito spettanti, secondo il presente Statuto, al Consiglio di Sicurezza, di intraprendere in qualsiasi momento quell’azione che esso ritenga necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale”.

[2]: firmato a San Francisco il 26 giugno 1945 e ratificato dall’Italia con la legge n. 848 del 1957.