L’INDENNITÀ DI BUONUSCITA CHE SPETTA AL PERSONALE MILITARE CHE LASCIA IL SERVIZIO È UN TRATTAMENTO DI FINE SERVIZIO (TFS) O UN TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO (TFR)?

Sono giorni che mi viene chiesto con insistenza se a noi militari spetti il Trattamento di Fine Servizio (TFS) o il Trattamento di Fine Rapporto (TFR)? Beh, semplice, a noi militari spetta il l’“Indennità di buonuscita” che è sostanzialmente un TFS! Tale prestazione previdenziale spetta ancora ai dipendenti pubblici assunti prima del 1° gennaio 2000 ed al personale di “diritto pubblico” ovverosia magistrati, diplomatici, personale della carriera prefettizia, professori e ricercatori universitari, nonché militari, personale delle Forze di Polizia e dei Vigili del Fuoco eccetera [1].

Tanto premesso, in cosa il TFS differisce dal TFR e, soprattutto, qual è il trattamento economicamente più vantaggioso? Iniziamo col dire che:

  1. l’articolo 3 del D.P.R. 1032 del 1973 titolato “Approvazione del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato”, disciplina il Trattamento di Fine Servizio (TFS) nella parte in cui prevede che il militare “che cessi dal servizio per qualunque causa, consegue il diritto alla indennità di buonuscita […]. L’indennità è pari a tanti dodicesimi della base contributiva di cui all’art. 38 [2] quanti sono gli anni di servizio […]. Per la determinazione della base contributiva, ai fini dell’applicazione del comma precedente, si considera l’ultimo stipendio o l’ultima paga o retribuzione integralmente percepiti; la stessa norma vale per gli assegni che concorrono a costituire la base contributiva […]”;
  2. l’articolo 2120 del codice civile (la cui applicazione è stata estesa, a partire dal 1995, a quasi tutti i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, ma non ai militari!), titolato “disciplina del trattamento di fine rapporto”, regola il Trattamento di Fine Rapporto (TFR):“in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto a un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni […]” (articolo 2120 del codice civile).

È evidente come il TFS sia molto più vantaggioso del TFR perché:

  • l’importo del TFS si ottiene sostanzialmente moltiplicando 1/12 dell’80% dell’ultima retribuzione annua lorda percepita (si prende quindi in considerazione la retribuzione massima percepita durante l’intera carriera, l’ultima appunto!) per il numero degli anni di servizio;
  • l’importo del TFR, invece, si ottiene grossomodo sommando la quota di retribuzione accantonata per ogni singolo anno lavorato. Se non avete idea di quale sia la quota esatta di retribuzione accantonata e solo per darvi un’idea estremamente approssimativa dell’ammontare, fate così: sommate per ogni singolo anno lavorato la cifra che si ottiene dividendo l’ammontare della retribuzione annua percepita per 13,5 (che è il coefficiente massimo di quota TFR previsto all’articolo 2120 del codice civile).

Permangono ulteriori differenze tra TFS e TFR che non ritengo opportuno approfondire in questa sede come ad esempio, senza alcuna pretesa di completezza, la differente tassazione applicata, il soggetto (o i soggetti) che procede al versamento/accantonamento, la possibilità di poter avere un anticipo prima del collocamento in pensione eccetera … Inoltre, per i militari c’è altro: i militari hanno difatti diritto ad un ulteriore sostegno previdenziale che viene erogato dalla Cassa di Previdenza delle Forze Armate (per approfondire leggi qui!), peraltro da poco aperta anche alla categoria dei Graduati della Forze Armate.

Tutta la questione è ovviamente molto più complicata di come l’ho appena disegnata: ho difatti estremamente semplificato tutto, procedendo “a spanne” con calcoli grossolani, solo per rendermi il più comprensibile possibile ai non addetti ai lavori. Come sempre, vi consiglio di quindi approfondire la materia con il vostro avvocato o commercialista di fiducia, tenendo sempre ben presente in mente che “se pensate poi che rivolgersi a un professionista serio costi troppi soldi, non avete idea di quanto potrebbe costarvi caro farvi assistere da quello sbagliato!”

Meglio che mi fermi qui … ad maiora!

TCGC

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[1]: art. 3 del Decreto Legislativo n. 165 del 2001 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche” – Personale in regime di diritto pubblico: “1. In deroga all’articolo 2, commi 2 e 3, rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti: i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e delle Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia […]”.

[2]: “La base contributiva è costituita dall’80 per cento dello stipendio, paga o retribuzione annui [più tutta una serie di indennità] varie, considerati al lordo, di cui alle leggi concernenti il trattamento economico del personale” (articolo 38 del D.P.R. 1032 del 1973).

LA CASSA DI PREVIDENZA DELLE FORZE ARMATE E L’INDENNITÀ SUPPLEMENTARE DEI MILITARI CHE CESSANO DAL SERVIZIO

La Cassa di Previdenza delle Forze Armate è un Ente, istituito con il D.P.R. n. 211 del 2009 (oggi confluito nel Decreto Legislativo n. 66 del 2010 “Codice dell’Ordinamento Militare” (cosiddetto COM – per approfondire leggi qui!) e vigilato dal Ministero della Difesa, che eroga ai militari le seguenti prestazioni previdenziali:

  • prestiti agli iscritti (sempre che sia finanziariamente in grado di farlo);
  • l’assegno speciale, che spetta solo agli Ufficiali dell’Esercito e dell’Arma dei Carabinieri all’atto del collocamento in “riserva” o in “congedo assoluto” ed al raggiungimento del 65° anno di età, secondo misure annuali stabilite con Decreto Ministeriale (che è comunque un beneficio di imminente soppressione [1]);
  • l’indennità supplementare, che spetta invece agli Ufficiali, Sottufficiali e Graduati delle Forze Armate con almeno 6 anni di iscrizione all’atto della cessazione a qualunque titolo dal servizio (quindi anche in caso di cessazione senza diritto a pensione).

Dato che l’assegno speciale è riservato ai soli Ufficiali dell’Esercito o dell’Arma dei Carabinieri ed è destinato a scomparire nel medio periodo [2], mi concentrerò brevemente sull’indennità supplementare il cui importo è dato, per i periodi:

Un paio di precisazioni:

  • l’indennità supplementare è reversibile in favore dei superstiti (articolo 1914, comma 5, del COM);
  • l’iscrizione alla Cassa di Previdenza delle Forze Armate avviene d’ufficio (articolo 1913, comma 1, del COM), all’atto dell’immissione in servizio permanente (per i soli graduati delle Forze Armate a far data dal 01.02.2023) e comporta un contributo obbligatorio a carico degli iscritti (articolo 1916, comma 1, del COM);
  • se all’atto del congedo non si sono maturati i 6 anni di iscrizione minimi previsti per l’erogazione dell’indennità, vengono restituiti all’iscritto i contributi obbligatori versati (articolo 1917 del COM);
  • il diritto all’indennità supplementare è garantito anche in caso di transito [5] tra ruoli diversi (articolo 1917 bis del COM).

Penso di avervi sufficientemente stimolato per continuare ad approfondire l’argomento con il vostro avvocato o commercialista di fiducia. Mi fermo qui … ad maiora!

TCGC

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[1]: art. 2262 quinques del COM – Disposizioni transitorie in materia di soppressione dell’assegno speciale per gli ufficiali dell’Esercito italiano e dell’Arma dei carabinieri:“1. Al personale che, alla data del 31 dicembre 2022, è percettore dell’assegno speciale di cui all’articolo 1915 è riconosciuto il diritto di optare, in sostituzione dello stesso, per una maggiorazione dell’indennità supplementare di cui all’articolo 1914, calcolata moltiplicando il 60 per cento dell’importo annuo dell’assegno speciale in godimento per i coefficienti corrispondenti al sesso e all’età dell’avente diritto di cui alla tavola di mortalità elaborata dall’Istituto nazionale di statistica, riferita alla popolazione italiana residente per l’anno 2019, e calcolata al 1° dicembre dell’anno nel quale è esercitata l’opzione. 2. Al personale che, alla data del 31 dicembre 2022, è cessato dal servizio con diritto a pensione, ma non è ancora percettore dell’assegno speciale di cui all’articolo 1915, è riconosciuto il diritto di optare tra lo stesso assegno speciale e una maggiorazione dell’indennità supplementare di cui all’articolo 1914, calcolata moltiplicando il 50 per cento dell’importo annuo dell’assegno speciale previsto per il grado rivestito all’atto della cessazione dal servizio alla data del 31 dicembre 2022, per i seguenti fattori: a) il coefficiente di cui alla tavola di mortalità dell’Istituto nazionale di statistica, riferita alla popolazione italiana residente per l’anno 2019, corrispondente al sesso e all’età dell’avente diritto, indicato al 1° dicembre dell’anno in cui l’interessato compirà un’età pari a quella posseduta al congedo aumentata di otto anni e comunque non inferiore a sessantacinque; b) l’anzianità contributiva al fondo previdenziale di cui all’articolo 1913, comma 1, lettera a), posseduta al 31 dicembre 2022, con un massimo di quaranta anni, rapportata a 40. L’eventuale anzianità maturata in altri fondi non è considerata utile al calcolo della maggiorazione. 3. Al personale in servizio al 31 dicembre 2022, in luogo dell’assegno speciale di cui all’articolo 1915, è riconosciuta una maggiorazione dell’indennità supplementare di cui all’articolo 1914, calcolata ai sensi del comma 2. 4. Il diritto alle opzioni di cui ai commi 1 e 2 è esercitato entro il mese di settembre di ogni anno ed è irrevocabile. La maggiorazione dell’indennità supplementare di cui all’articolo 1914 è liquidata e corrisposta agli interessati entro il 31 dicembre dell’anno nel quale il diritto di opzione è esercitato. Le maggiorazioni dell’indennità supplementare, di cui ai commi 1, 2 e 3, sono reversibili”.

[2] ai sensi dell’art. 1915, comma 2 bis, del COM, l’assegno speciale “non spetta [difatti più] agli ufficiali iscritti al relativo fondo previdenziale in data successiva al 1° gennaio 2023”.

[3]: o frazioni di anno. L’art. 1914, comma 2 ter, del COM – Indennità supplementare, prevede infatti che:“le frazioni di anno sono calcolate in mesi e le frazioni di mesi con numero di giorni non inferiore a quindici sono arrotondate per eccesso. Conseguentemente, le aliquote percentuali di cui ai commi 2 e 2-bis sono ridotte in Dodicesimi”.

[4]: art. 1914, comma 2 bis, del COM – Indennità supplementare: “[…] Per i periodi di contribuzione successivi al 31 dicembre 2022, l’indennità di cui al comma 1 è liquidata in base alle aliquote percentuali di seguito riportate dell’ultimo stipendio annuo lordo, comprensivo della tredicesima mensilità, considerato in ragione dell’80 per cento, moltiplicate per gli anni di iscrizione al fondo maturati a decorrere dal 1° gennaio 2023:

a) 2 per cento per gli iscritti ai fondi previdenziali di cui all’articolo 1913, comma 1, lettere a), c), g) e g-bis);

b) 2,5 per cento per gli iscritti ai fondi previdenziali di cui all’articolo 1913, comma 1, lettere b), d) e f);

c) 3 per cento per gli iscritti al fondo previdenziale di cui all’articolo 1913, comma 1, lettera e) […]”.

[5]: art. 1913, comma 3 ter, del COM – Fondi previdenziali integrativi: “[…] Il personale militare impiegato a tempo indeterminato, ai sensi della legge 3 agosto 2007, n. 124 [cioè in uno degli organismi facenti parte del Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica], che rientra nel ruolo di provenienza è iscritto al relativo fondo di previdenza se, in ragione degli anni di servizio residui, può maturare il diritto all’indennità supplementare ai sensi dell’articolo 1914 del presente codice. Il computo degli anni di iscrizione al fondo decorre dalla data di reiscrizione nei ruoli di provenienza”.

SONO STATO A CASA MALATO. È MAI POSSIBILE CHE MI ABBIANO DECURTATO LE INDENNITÀ OPERATIVE MILITARI? (LEGGE 78/1983)

Un collega mi chiede:“sono stato a casa malato. È mai possibile che mi abbiano decurtato le indennità operative militari?”. Beh, purtroppo è possibile eccome, dato che lo prevede espressamente la legge n. 78 del 1983 “Aggiornamento della legge 5 maggio 1976, n. 187, relativa alle indennità operative del personale militare”. Tale legge, infatti, prevede all’articolo 17, comma 8, che:“le indennità di cui agli articoli 3 [1], 4 [2], 7 [3] e 14 [4], nonché tutte quelle supplementari [5] previste ai precedenti articoli, fermo comunque il diritto all’indennità di cui all’articolo 2 [6], non sono corrisposte al personale in licenza straordinaria, al personale assente dal reparto, dalla nave o dal servizio per infermità quando questa si protrae oltre il quindicesimo giorno e […] al personale che, fruendo del trattamento economico di missione con percezione della relativa diaria, frequenta corsi presso le accademie, le scuole e gli istituti di forza armata o interforze, nonché presso le università o all’estero”.

Tale articolo prevede in sostanza che talune indennità operative e talaltre indennità operative supplementari non debbano essere corrisposte al personale che si assenta, tra l’altro, per malattia per un periodo superiore ai 15 giorni. Considerato che le indennità operative sono compensazioni monetarie aggiuntive che vengono versate al militare per riconoscere l’impegno ed il sacrificio profuso per lo svolgimento di funzioni “operative”, la ratio della norma è evidente … se si è assenti per malattia (o per altre motivazioni previste dalla legge), tali indennità non spettano … non c’è molto altro da dire: dura lex, sed lex (cioè «dura legge, ma legge»).

Ad maiora!

TCGC con il supporto dell’intelligenza artificiale

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[1]: Indennità d’impiego operativo per reparti di campagna.

[2]: Indennità di imbarco.

[3]: Indennità per il controllo dello spazio aereo.

[4]: Indennità per allievi piloti, per allievi navigatori, per ufficiali allievi osservatori, per allievi paracadutisti.

[5]: Indennità supplementare di marcia e prontezza operativa; indennità supplementare per truppe da sbarco, per unità anfibie e per incursori subacquei; indennità supplementare di comando navale, di mancato alloggio e di fuori sede; indennità supplementari per servizio idrografico e per particolari incarichi espletati a bordo delle unità navali; indennità supplementari per pronto intervento aereo, per piloti collaudatori-sperimentatori, per piloti istruttori di volo o di specialità e compensi di collaudo; indennità supplementare per servizio presso poligoni permanenti, installazioni e infrastrutture militari, stazioni radio e radar con compiti tecnico-operativi militari di carattere speciale.

[6]: Indennità di impiego operativo.

LE STELLETTE MILITARI

Un collega mi ha chiesto il perché i militari indossino le stellette. Beh, da giurista, la mia risposta istintiva è stata:“perché così prevede il Decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 «Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare» (cosiddetto TUOM) che, all’articolo 720, statuisce tra l’altro che «le stellette a cinque punte, distintivo peculiare dell’uniforme militare, sono il simbolo comune dell’appartenenza alle Forze armate»”. È però possibile dire qualcosina in più … ma senza entrare in complessi discorsi sulla “Stella d’Italia” (conosciuta anche come “Stellone”), cioè quella stella a cinque punte che da tempo immemorabile rappresenta allegoricamente la terra ed il destino d’Italia (simbolo presente, tra l’altro, anche nell’emblema della Repubblica!)

Mantenendo quindi l’approccio giuridico di avvocatomilitare.com, possiamo aggiungere che le stellette, presenti già da secoli sulle uniformi di diversi reparti militari italiani, vennero adottate da Esercito e Marina con l’emanazione del Regio Decreto n. 571 del 13 dicembre 1871 (oggi abrogato), per poi addivenire gradualmente ad essere il segno caratteristico di tutti i militari italiani in generale, proprio nei termini di cui al citato articolo 720 del TUOM (per approfondire leggi qui!).

Tutto qui … nel salutarvi, a beneficio dei più curiosi, di seguito il testo integrale del Regio Decreto n. 571 del 13 dicembre 1871, ad maiora!

TGCG

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VITTORIO EMANUELE II

 

PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTA’ DELLA NAZIONE

 

RE D’ITALIA

 

Sulla proposta dei Ministri della Guerra e della Marina;

Abbiamo decretato e decretiamo:

 

Art. 1.

 

Tutte le persone soggette alla giurisdizione militare, a mente dell’articolo 323 del Codice penale militare per l’Esercito, e dell’articolo 362 di quello per la R. Marina, porteranno, come segno caratteristico della divisa militare, comune all’Esercito ed all’Armata, le stellette a cinque punte sul bavero dell’abito della rispettiva divisa.

 

Art. 2.

 

Le Autorità di terra e di mare denunzieranno all’Autorità giudiziaria le contravvenzioni al presente Decreto per l’applicazione delle pene stabilite dal Codice penale comune.

 

Ordiniamo che il presente Decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle Leggi e dei Decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

 

Dato a Firenze addi’ 13 dicembre 1871.

 

VITTORIO EMANUELE

 

Registrato alla Corte dei conti addi’ 26 dicembre 1871

 

Reg. 58 Atti del Governo a c. 128. D. Gherardi”.

ESISTONO DAVVERO I SINDACATI MILITARI E IL MILITARE CI SI PUÒ VERAMENTE ISCRIVERE?

Domanda molto frequente: il militare può iscriversi al sindacato militare? … ma non era vietato? Sì, era vietato ma non lo è più: iscriversi ad un sindacato militare è difatti oggi assolutamente legale!

Facciamo però un piccolo passo indietro … come noto, infatti, fino al 2018 l’articolo 1475 del Decreto legislativo n. 66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare” (cosiddetto COM) prevedeva tra l’altro che “i militari non possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale o aderire ad altre associazioni sindacali”, ma del 2018 la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale tale divieto (Sentenza n. 120 del 2018 – per approfondire leggi qui!) e, contestualmente, ha invitato il Parlamento a varare una legge che regolasse la materia. Tale intervento legislativo si è concretizzato quattro anni dopo con l’approvazione della legge n. 46 del 28 aprile 2022 “Norme sull’esercizio della libertà sindacale del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia a ordinamento militare, nonché delega al Governo per il coordinamento normativo” che è entrata in vigore il successivo 27 maggio.

Senza entrare in complessi discorsi sui problemi che presenta tale legge (che, non dimentichiamo, non è scolpita nella roccia ed è quindi sempre integrabile e migliorabile in futuro!) vediamo praticamente cosa prevede.

Innanzitutto, la legge n. 46 del 2022 modifica l’articolo 1475 del COM prevedendo espressamente che “i militari possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale per singola Forza armata o Forza di polizia a ordinamento militare o interforze”, eliminando cioè il divieto cui abbiamo fatto riferimento all’inizio del post. A prescindere dalle ovvie disposizioni in materia di democraticità, neutralità ed estraneità dalle competizioni politiche, trasparenza eccetera, l’articolo 2 [1] della legge chiarisce subito che i sindacati militari differiscono di molto da quelli “tradizionali”: “l’attività sindacale [militare, infatti] è volta alla tutela degli interessi collettivi degli appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia a ordinamento militare [… , ma …] tale attività non può interferire con lo svolgimento dei compiti operativi o con la direzione dei servizi” (art. 2, comma 3, della legge n. 46 del 2022). Le limitazioni all’attività sindacale militare sono espressamente elencate al successivo articolo 4 [2] della legge che vieta, tra l’altro, di:

  • rappresentare lavoratori non militari;
  • preannunciare o proclamare lo sciopero;
  • promuovere manifestazioni in uniforme o con armi;
  • rappresentare solo alcune categorie di militari;
  • promuovere iniziative di organizzazioni politiche o supportarle in campagna elettorale.

Passiamo ora a vedere cosa può fare ed entro quali ambiti può essere quindi legittimamente svolta l’attività sindacale militare. Ebbene, l’articolo 5 [3] della legge n. 46 del 2022 prevede che un sindacato militare possa tutelare i propri iscritti, tra l’altro, nei seguenti settori:

  • rapporto di impiego, fornendo anche assistenza fiscale e consulenza previdenziale;
  • inserimento nel mondo del lavoro di chi si congeda;
  • provvidenze per infortuni e/o infermità contratte per causa di servizio;
  • pari opportunità;
  • tutela della salute e della sicurezza del personale militare nei luoghi di lavoro;
  • attività culturali, assistenziali, ricreative e di promozione del benessere personale degli iscritti e dei loro familiari,

escludendo però esplicitamente ogni possibile competenza in “materie afferenti all’ordinamento militare, all’addestramento, alle operazioni, al settore logistico-operativo, al rapporto gerarchico-funzionale nonché all’impiego del personale in servizio” (art. 5 della legge n. 46 del 2022). Un paio di cose prima di concludere:

  • l’articolo 10 [4] della legge n. 46 del 2022 prevede che i militari fuori dal servizio possano tenere riunioni (cui è possibile prender parte anche in uniforme, se tenute in locali messi a disposizione dall’amministrazione, oppure solo in borghese se tenute invece in luoghi aperti al pubblico). Inoltre, tale articolo, autorizza esplicitamente “riunioni con ordine del giorno su materie di competenza delle associazioni professionali a carattere sindacale tra militari, durante il servizio nel limite di dieci ore  annue individuali, secondo le disposizioni che regolano l’assenza dal servizio, previa comunicazione, con almeno cinque giorni di anticipo, ai comandanti delle unità o dei reparti interessati da parte dell’associazione professionale a carattere sindacale tra militari richiedente” (art. 10 della legge n. 46 del 2022);
  • l’articolo 17 [5] della legge n. 46 del 2022 stabilisce che la competenza in materia di condotta antisindacale e di esercizio della libertà sindacale da parte dei militari sia del Giudice amministrativo, cioè dei Tribunali Amministrativi Regionali o del Consiglio di Stato (per approfondire leggi qui!).

C’è molto altro da dire ma ritengo opportuno fermarmi qui. Negli ultimi tempi molti colleghi mi hanno chiesto se sia giusto o meno iscriversi ad un sindacato militare … beh, iscriversi ad un sindacato militare non è giusto o sbagliato, iscriversi ad un sindacato militare è secondo me assolutamente doveroso! Io, ad esempio, mi sono iscritto all’Associazione Sindacale Professionisti Militari (A.S.P.M.I. – per approfondire leggi qui!), soprattutto per dare concretamente voce a chi può tutelare i nostri interessi, a partire da quelli previdenziali e pensionistici. Oggi, purtroppo, i più ancora subiscono inconsapevolmente l’attuale situazione di caos calmo, ma fra poco più di un quinquennio sono convinto che i nodi verranno drammaticamente al pettine. Dobbiamo fare lo sforzo di levarci gli occhiali con cui i nostri genitori vedevano il mondo per capire che la situazione è cambiata … e molto … prima o poi ce ne accorgeremo tutti, soprattutto quando arriveremo alla pensione … ecco perché è quantomai necessario iniziare ad organizzarsi ed a lavorare insieme oggi per evitare rimpianti domani … ad maiora

Per tutto ciò che ci siamo appena detti, vi lascio con il ritornello di una famosa canzone [6] di Antonello VENDITTI che credo possa egregiamente fare da colonna sonora a questo post:

“♪♫ … E quando pensi che sia finita ♪

♫ È proprio allora che comincia la salita ♫

♪ Che fantastica storia è la vita! … ♫♪

TGCG

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[1]: art. 2 della legge n. 46 del 2022 – Principi generali in materia di associazioni professionali a carattere sindacale tra militari:

1. Le associazioni professionali a carattere sindacale tra militari operano nel rispetto dei principi di democrazia, trasparenza e partecipazione e nel rispetto dei principi di coesione interna, neutralità, efficienza e prontezza operativa delle Forze armate e delle Forze di polizia a ordinamento militare.

2. Gli statuti delle associazioni professionali a carattere sindacale tra militari sono improntati ai seguenti principi:

a) democraticità dell’organizzazione sindacale ed elettività delle relative cariche, orientate al rafforzamento della partecipazione femminile;

b) neutralità ed estraneità alle competizioni politiche e ai partiti e movimenti politici;

c) assenza di finalità contrarie ai doveri derivanti dal giuramento prestato dai militari;

d) trasparenza del sistema di finanziamento e assenza di scopo di lucro;

e) rispetto degli altri requisiti previsti dalla presente legge.

3. L’attività sindacale è volta alla tutela degli interessi collettivi degli appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia a ordinamento militare. Tale attività non può interferire con lo svolgimento dei compiti operativi o con la direzione dei servizi”.

[2]: art. 4 della legge n. 46 del 2022 – Limitazioni:

1. Alle associazioni professionali a carattere sindacale tra militari è fatto divieto di:

a) assumere la rappresentanza di lavoratori non appartenenti alle Forze armate o alle Forze di polizia a ordinamento militare;

b) preannunciare o proclamare lo sciopero, o azioni sostitutive dello stesso, o parteciparvi anche se proclamato da organizzazioni sindacali estranee al personale militare;

c) promuovere manifestazioni pubbliche in uniforme o con armi di servizio o sollecitare o invitare gli appartenenti alle Forze armate o alle Forze di polizia a ordinamento militare a parteciparvi;

d) assumere la rappresentanza in via esclusiva di una o più categorie di personale, anche se facenti parte della stessa Forza armata o Forza di polizia a ordinamento militare. In ogni caso, la rappresentanza di una singola categoria all’interno di un’associazione professionale a carattere sindacale tra militari non deve superare il limite del 75 per cento dei suoi iscritti;

e) assumere una denominazione che richiami, anche in modo indiretto, quella di una o più categorie di personale, specialità, Corpo o altro che non sia la Forza armata o la Forza di polizia a ordinamento militare di appartenenza;

f) assumere denominazione o simboli che richiamino, anche in modo indiretto, organizzazioni sindacali per cui sussiste il divieto di adesione, ai sensi della presente legge, od organizzazioni politiche;

g) promuovere iniziative di organizzazioni politiche o dare supporto, a qualsiasi titolo, a campagne elettorali afferenti alla vita politica del Paese;

h) stabilire la propria sede o il proprio domicilio sociale presso unità o strutture del Ministero della difesa o del Ministero dell’economia e delle finanze o del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili;

i) aderire ad associazioni sindacali diverse da quelle costituite ai sensi della presente legge o federarsi, affiliarsi o avere relazioni di carattere organizzativo o convenzionale, anche per il tramite di altri enti od organizzazioni, con le medesime associazioni”.

[3]: art. 5 della legge n. 46 del 2022 – Competenze delle associazioni professionali a carattere sindacale tra militari:

1. Le associazioni professionali a carattere sindacale tra militari curano la tutela collettiva dei diritti e degli interessi dei propri rappresentati nelle materie di cui al comma 2, garantendo che essi assolvano ai compiti propri delle Forze armate e del Corpo della guardia di finanza e che l’adesione alle associazioni non interferisca con il regolare svolgimento dei servizi istituzionali.

2. Sono di competenza delle associazioni professionali a carattere sindacale tra militari le materie afferenti:

a) ai contenuti del rapporto di impiego del personale militare, indicati agli articoli 4 e 5 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, nonché all’articolo 46, comma 2, del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, come modificato dal comma 5 del presente articolo;

b) all’assistenza fiscale e alla consulenza relativamente alle prestazioni previdenziali e assistenziali a favore dei propri iscritti;

c) all’inserimento nell’attività lavorativa di coloro che cessano dal servizio militare;

d) alle provvidenze per gli infortuni subiti e per le infermità contratte in servizio e per causa di servizio;

e) alle pari opportunità;

f) alle prerogative sindacali di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, sulle misure di tutela della salute e della sicurezza del personale militare nei luoghi di lavoro;

g) agli spazi e alle attività culturali, assistenziali, ricreative e di promozione del benessere personale dei rappresentati e dei loro familiari.

3. È comunque esclusa dalla competenza delle associazioni professionali a carattere sindacale tra militari la trattazione di materie afferenti all’ordinamento militare, all’addestramento, alle operazioni, al settore logistico-operativo, al rapporto gerarchico-funzionale nonché all’impiego del personale in servizio.

4. In relazione alle materie di cui al comma 2, le associazioni professionali a carattere sindacale tra militari possono:

a) presentare ai Ministeri competenti osservazioni e proposte sull’applicazione delle leggi e dei regolamenti e segnalare le iniziative di modifica da esse eventualmente ritenute opportune;

b) essere ascoltate dalle Commissioni parlamentari del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, secondo le norme dei rispettivi regolamenti;

c) chiedere di essere ricevute dai Ministri competenti e dagli organi di vertice delle Forze armate e delle Forze di polizia a ordinamento militare […]”.

[4]: art. 10 della legge n. 46 del 2022 – Diritto di assemblea:

1. Per l’esercizio del diritto di associazione sindacale riconosciuto dalla presente legge, i militari, fuori dal servizio, possono tenere riunioni:

a) anche in uniforme, in locali messi a disposizione dall’amministrazione, che ne concorda le modalità d’uso;

b) in luoghi aperti al pubblico, senza l’uso dell’uniforme.

2. Sono autorizzate riunioni con ordine del giorno su materie di competenza delle associazioni professionali a carattere sindacale tra militari, durante il servizio nel limite di dieci ore annue individuali, secondo le disposizioni che regolano l’assenza dal servizio, previa comunicazione, con almeno cinque giorni di anticipo, ai comandanti delle unità o dei reparti interessati da parte dell’associazione professionale a carattere sindacale tra militari richiedente.

3. Le modalità di tempo e di luogo per lo svolgimento delle riunioni sono concordate con i comandanti al fine di renderle compatibili con le esigenze di servizio.

4. Le eventuali controversie sono regolate ai sensi dell’articolo 17.

5. I comandanti o i responsabili di unità garantiscono il rispetto della presente legge, favorendo l’esercizio delle attività delle associazioni professionali a carattere sindacale tra militari”.

[5]: art. 17 della legge n. 46 del 2022 – Giurisdizione:

1. Sono riservate alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie promosse nell’ambito disciplinato dalla presente legge, anche quando la condotta antisindacale incide sulle prerogative dell’associazione professionale a carattere sindacale tra militari.

2. I giudizi nella materia di cui al comma 1 sono soggetti al rito abbreviato previsto dall’articolo 119 del codice del processo amministrativo, con le relative norme di attuazione, di cui rispettivamente agli allegati 1 e 2 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.

3. All’articolo 119, comma 1, del codice del processo amministrativo, di cui all’allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, dopo la lettera m-septies) è aggiunta la seguente: «m-octies) i provvedimenti che si assumono lesivi di diritti sindacali del singolo militare o dell’associazione professionale a carattere sindacale tra militari che lo rappresenta».

4. Per le controversie nelle materie di cui alla presente legge, la parte ricorrente è tenuta al versamento, indipendentemente dal valore della causa, del contributo unificato di importo fisso di cui all’articolo 13, comma 6-bis, lettera e), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115. Se la controversia riguarda condotte antisindacali consistenti nel diniego ingiustificato dei diritti e delle prerogative sindacali di cui alla presente legge, l’associazione professionale a carattere sindacale tra militari legittimata ad agire ai sensi del comma 8 può promuovere un previo tentativo di conciliazione presso la commissione individuata ai sensi dell’articolo 18.

5. La richiesta del tentativo di conciliazione di cui al comma 4, sottoscritta da chi ha la rappresentanza legale dell’associazione, è notificata, tramite posta elettronica certificata, sottoscritta digitalmente, ai sensi del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, oppure mediante raccomandata con avviso di ricevimento, alla commissione di conciliazione competente, che cura l’invio di copia digitale della richiesta all’articolazione della Forza armata o della Forza di polizia a ordinamento militare interessata. La richiesta deve indicare:

a) la denominazione e la sede dell’associazione, nonché il nome del legale rappresentante e l’atto statutario che gli conferisce i poteri rappresentativi;

b) il luogo dove è sorta la controversia;

c) l’esposizione dei fatti e delle ragioni poste a fondamento della pretesa.

6. L’articolazione della Forza armata o della Forza di polizia a ordinamento militare interessata dalla controversia deposita presso la commissione di conciliazione, entro dieci giorni dal ricevimento della copia della richiesta, una memoria contenente le difese e le eccezioni in fatto e in diritto. Entro i dieci giorni successivi a tale deposito, la commissione fissa, per una data compresa nei successivi trenta giorni, la comparizione dell’associazione e dell’articolazione dell’amministrazione interessata per il tentativo di conciliazione. Dinnanzi alla commissione, per l’associazione professionale a carattere sindacale tra militari deve presentarsi il legale rappresentante ovvero altro militare ad essa appartenente appositamente delegato. Non è ammessa la partecipazione di soggetti non appartenenti all’associazione.

7. Se la conciliazione esperita ai sensi dei commi 4, secondo periodo, 5 e 6 ha esito positivo, è redatto un processo verbale che riporta il contenuto dell’accordo raggiunto. Il processo verbale, sottoscritto dalle parti e dal presidente della commissione di conciliazione, costituisce titolo esecutivo. Se non è raggiunto l’accordo, la medesima controversia può costituire oggetto di ricorso innanzi al giudice amministrativo ai sensi dei commi 1 e 2.

8. Alle associazioni professionali a carattere sindacale tra militari è attribuita legittimazione attiva quando sussiste interesse diretto in relazione alle controversie promosse nell’ambito disciplinato dalla presente legge”.

[6]: “Che fantastica storia che è la vita” brano di Antonello VENDITTI uscito il 3 ottobre 2003 (per approfondire leggi qui!).

LA PENSIONE DI REVERSIBILITÀ

Cos’è la pensione di reversibilità? Beh, iniziamo col dire che è un tipo di pensione che viene data a determinate categorie di persone (in genere marito, moglie e/o figli) in caso di morte del lavoratore o del pensionato (di solito coniuge o genitore). È un beneficio previdenziale calcolato essenzialmente sulla base dei contributi versati dal defunto che corrisponde, in linea di principio, ad una percentuale della pensione che questi stava percependo o che avrebbe potuto percepire.

La pensione di reversibilità è stata introdotta in Italia dall’articolo 13 del Regio Decreto-Legge 14 aprile 1939, n. 636 titolato “Modificazioni delle disposizioni sulle assicurazioni obbligatorie per l’invalidità e la vecchiaia, per la tubercolosi e per la disoccupazione involontaria e sostituzione dell’assicurazione per la maternità con l’assicurazione obbligatoria per la nuzialità e la natalità”. Da allora, molte sono state le leggi, i decreti, le circolari INPS che l’hanno aggiornata, modificata, trasformata o riformulata.

In estrema sintesi e senza alcuna pretesa di completezza, hanno diritto ad ottenere la pensione di reversibilità i coniugi (in taluni casi anche se separati o divorziati), gli uniti civilmente del defunto (per approfondire leggi qui!) nonché, entro certi limiti, i figli, i conviventi di fatto, i genitori, i fratelli, le sorelle eccetera.

Andiamo ora al sodo: a quanto ammonta l’assegno? Beh … iniziamo col dire che l’art. 1, comma 41, della legge 8 agosto 1995, n. 335 “Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare” (cosiddetta legge Dini) prevede al riguardo che “la disciplina del trattamento pensionistico a favore dei superstiti di assicurato e pensionato vigente nell’ambito del regime dell’assicurazione generale obbligatoria è estesa a tutte le forme esclusive o sostitutive di detto regime. In caso di presenza di soli figli di minori età, studenti, ovvero inabili, l’aliquota percentuale della pensione è elevata al 70 per cento limitatamente alle pensioni ai superstiti aventi decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge. Gli importi dei trattamenti pensionistici ai superstiti sono cumulabili con i redditi del beneficiario, nei limiti di cui all’allegata tabella F. Il trattamento derivante dal cumulo dei redditi di cui al presente comma con la pensione ai superstiti ridotta non può essere comunque inferiore a quello che spetterebbe allo stesso soggetto qualora il reddito risultasse pari al limite massimo delle fasce immediatamente precedenti quella nella quale il reddito posseduto si colloca. I limiti di cumulabilità non si applicano qualora il beneficiario faccia parte di un nucleo familiare con figli di minore età, studenti ovvero inabili, individuati secondo la disciplina di cui al primo periodo del presente comma. Sono fatti salvi i trattamenti previdenziali più favorevoli in godimento alla data di entrata in vigore della presente legge con riassorbimento sui futuri miglioramenti”.

Tutto chiaro? Meglio che mi fermi qui, vero? Volevo solo farvi capire che si tratta di una materia complessa e che non dovete avere paura di farvi aiutare nell’approcciarla! Fino ad oggi avete fatto tutt’altro … con il dovuto rispetto per ognuno di voi, non è il momento di iniziare ad occuparvi di cose che esulano dalle vostre competenze, non abbiate quindi remore a rivolgervi a un professionista che sa cosa fare: notaio, avvocato o commercialista non importa, basta che si occupi della materia ed abbia guadagnato la vostra fiducia!

Una piccola precisazione prima di chiudere: avvocatomilitare.com persegue finalità meramente divulgative e, conseguentemente, l’approccio seguito non è tale da poter garantire una completa disamina sull’argomento. Ecco perché mi permetto di darvi un solo consiglio: prendete seriamente in considerazione l’idea di sentire un professionista di fiducia: non abbiate timore nell’informarvi e nell’approfondire bene la vostra situazione prima di fare sciocchezze … evitate cioè di commettere errori che potrebbero costare caro a voi o ad un vostro familiare! Parafrasando una frase ricorrente su avvocatomilitare.com … se pensate che rivolgersi a un professionista costi troppi soldi, non avete idea di quanto potrebbe costarvi caro provare a fare tutto da soli … pensateci sopra!

Ad maiora!

TCGC

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LA “RISERVA SELEZIONATA” DELLE FORZE ARMATE

Un lettore mi ha chiesto informazioni in merito alla cosiddetta “Riserva selezionata”. Ebbene … non possiamo però affrontare l’argomento senza fare una piccola introduzione su cosa siano le Forze di completamento, di cui la “Riserva selezionata” è una componente. Beh, iniziamo quindi col dire che con il riordino dello strumento militare secondo il modello professionale, sono state create le Forze di completamento che consistono in un bacino di personale in congedo (delle categorie Ufficiali, Sottufficiali e Militari di Truppa) da cui è possibile attingere, in tempo di pace, per “completare” (appunto!) l’organico delle Unità delle Forze Armate. Ovviamente, si entra volontariamente a far parte delle Forze di completamento e, quindi, solo dopo aver dato la propria disponibilità e formalizzato il proprio consenso, si può essere richiamati in servizio secondo quando previsto dal Decreto legislativo n. 66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare” (cosiddetto COM) agli articoli 987 [1] (per gli Ufficiali) e 988 [2] (per Sottufficiali e Militari di Truppa).

Tanto premesso, sappiate che nell’ambito delle Forze di completamento, è stato poi avviato il progetto della “Riserva selezionata” [3] che consiste in un ulteriore bacino di personale in possesso di particolari “professionalità” per sopperire ad eventuali carenze organiche da ripianare nell’ambito di operazioni militari all’estero ovvero per esigenze addestrative, logistiche o operative in Italia. Preciso che la “Riserva selezionata” è alimentata esclusivamente da Ufficiali di complemento in congedo e da professionisti provenienti dalla vita civile come medici, avvocati, psicologi, ingegneri, architetti, sociologi eccetera.

ITER SELETTIVO

Una volta presentato domanda, nel caso in cui la Forza Armata ritenga che la “professionalità” posseduta dall’aspirante sia di possibile interesse, si può [4] essere:

  • richiamati in servizio (per gli Ufficiali di complemento in congedo);
  • avviati all’iter valutativo [5] per l’eventuale nomina a Ufficiale, conferimento del grado e conseguente richiamo in servizio (per i professionisti provenienti dalla vita civile).

Ovviamente, per essere nominati Ufficiali della Riserva selezionata:

  • bisogna possedere i requisiti generali per il reclutamento nelle Forze Armate (per approfondire leggi qui!);
  • essere idonei dal punto di vista fisico (avere cioè l’idoneità al servizio militare incondizionato) e psico-attitudinale;
  • non aver superato i limiti di età previsti per gli Ufficiali di complemento [6].

CONFERIMENTO DEL GRADO

Agli Ufficiali della “Riserva selezionata” (siano essi Ufficiali di complemento in congedo o professionisti provenienti dalla vita civile) può essere conferito un grado che va da Sottotenente a Tenente Colonnello (da Guardiamarina a Capitano di Fregata per la Marina Militare) sulla base delle tabelle allegate al Decreto del Ministro della Difesa del 15 novembre 2004 “Ferme e requisiti fisici e attitudinali degli ufficiali delle Forze di Complemento e procedura per la nomina a ufficiale di complemento[7] che prendono in considerazione età, titolo di studio nonché ulteriori “requisiti”. A titolo esemplificativo, considerate che per essere nominato:

  • Tenente Colonnello dell’Esercito dell’“Area operativa” è necessario avere un’età minima di 46 anni, essere in possesso di un dottorato di ricerca ovvero di un diploma di specializzazione, nonché “godere di fama indiscussa in materie attinenti alle professionalità di interesse della F.A.[8];
  • Tenente di Vascello della Marina Militare dell’“Area stato maggiore” è necessario avere un’età minima di 36 anni, essere in possesso di una laurea magistrale ovvero dell’“abilitazione di Ufficiale di navigazione”, nonché “possedere comprovata alta competenza in discipline militari o tecniche ovvero aver compiuto 6 anni di imbarco, di cui almeno 2 in comando di navi mercantili, oppure l0 anni di imbarco, di cui almeno 2 come comandante in 2^ (primo ufficiale) sempre su navi mercantili[9].

STATUS GIURIDICO

Ai sensi dell’articolo 874 e seguenti del Codice dell’ordinamento militare (COM), il personale della “Riserva selezionata” acquisisce con il richiamo lo status giuridico di “militare in servizio temporaneo” nella posizione di “servizio temporaneo alle armi” con il medesimo trattamento economico dei parigrado in servizio permanente effettivo [10].

CONSERVAZIONE DEL POSTO DI LAVORO

L’articolo 990 del COM, titolato proprio “Conservazione del posto di lavoro”, prevede al riguardo che “il richiamo alle armi per qualunque esigenza delle Forze armate dei dipendenti di pubbliche amministrazioni, sospende il rapporto di lavoro per tutto il periodo del richiamo stesso e il predetto personale ha diritto alla conservazione del posto. Il tempo trascorso in servizio militare da richiamato e fino alla presentazione per riprendere il posto di lavoro è computato agli effetti dell’anzianità di servizio. 2. Per i rapporti di lavoro dei prestatori d’opera i quali, all’atto del richiamo alle armi per qualunque esigenza delle Forze armate, sono alle dipendenze di un privato datore di lavoro si applica la disposizione del comma 2 dell’art. 2111 del codice civile, in relazione ai commi 1 e 3 dell’art. 2110 dello stesso codice. 3. Alla fine del richiamo, il lavoratore deve porsi a disposizione del datore di lavoro per riprendere la sua occupazione, entro il termine di cinque giorni, se il richiamo ha avuto durata non superiore a un mese, di otto giorni se ha avuto durata superiore a un mese ma non a sei mesi, di quindici giorni se ha avuto durata superiore a sei mesi. 4. Il lavoratore, salvo il caso di cui al comma 1 dell’art. 2119 del codice civile, non può essere licenziato prima di tre mesi dalla ripresa della occupazione. 5. Nel caso che, senza giustificato impedimento, il lavoratore non si ponga a disposizione del datore di lavoro nei termini sopra indicati, è considerato dimissionario. 6. Rimangono salve le condizioni più favorevoli ai lavoratori contenute nei contratti di lavoro. 7. Le norme previste dal presente articolo sono applicate anche ai trattenuti alle armi. 8. Le violazioni delle disposizioni del presente articolo sono punite con la sanzione amministrativa da euro 103,29 a euro 516,46. Se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori si applica la sanzione amministrativa da euro 154,94 a euro 1.032,91. Non è ammesso il pagamento in misura ridotta. 9. La vigilanza per l’applicazione delle norme del presente articolo è esercitata dagli ispettori del lavoro”.

Tanto detto a livello generale, se siete realmente interessati a entrare nella “Riserva selezionata” informatevi sui siti web istituzionali delle Forze Armate dove troverete tutte le informazioni di dettaglio per fare domanda. Non mi resta quindi che salutarvi facendovi un grosso in bocca al lupo, ad maiora!

TCGC

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[1]: art. 987 del COM – Ufficiali delle forze di completamento:“1. In relazione alla necessità di disporre di adeguate forze di completamento, con specifico riferimento alle esigenze correlate con le missioni all’estero ovvero con le attività addestrative, operative e logistiche sia sul territorio nazionale sia all’estero, gli ufficiali di complemento o in ferma prefissata, su proposta dei rispettivi Stati maggiori o Comandi generali e previo consenso degli interessati, possono essere richiamati in servizio con il grado e l’anzianità posseduta e ammessi a una ferma non superiore a un anno, rinnovabile a domanda dell’interessato per non più di una volta, al termine della quale sono collocati in congedo. 2. Con decreto del Ministro della difesa sono definite in relazione alle specifiche esigenze di ciascuna Forza armata: a) le modalità per l’individuazione delle ferme e della loro eventuale estensione nell’ambito del limite massimo di cui al comma 1; b) i requisiti fisici e attitudinali richiesti ai fini dell’esercizio delle mansioni previste per gli ufficiali chiamati o richiamati in servizio. Gli ordinamenti di ciascuna Forza armata individuano gli eventuali specifici requisiti richiesti, anche relativamente alle rispettive articolazioni interne”.

[2]: art. 988 del COM – Richiami in servizio nelle forze di completamento:“1. In relazione alla necessità di disporre permanentemente, per le esigenze di cui all’articolo 1929, comma 2, di personale in congedo adeguatamente addestrato, allo scopo di garantire la funzionalità e l’operatività dei comandi, degli enti e delle unità, nonché la loro alimentazione, possono essere richiamati in servizio, su base volontaria e a tempo determinato non superiore a un anno, i militari in congedo delle categorie dei sottufficiali, dei militari di truppa in servizio di leva, dei volontari in ferma annuale e dei volontari in ferma breve, in ferma prefissata e in servizio permanente. Tale personale, inserito nelle forze di completamento, è impiegato in attività addestrative, operative e logistiche sia sul territorio nazionale sia all’estero. 2. Ai militari richiamati delle categorie dei sottufficiali e dei volontari in servizio permanente è attribuito lo stato giuridico e il trattamento economico dei pari grado in servizio. 3. Ai militari richiamati delle categorie dei militari di truppa in servizio di leva, dei volontari in ferma annuale e dei volontari in ferma prefissata di un anno sono attribuiti lo stato giuridico e il trattamento economico dei pari grado appartenenti ai volontari in ferma prefissata di un anno. Ai militari richiamati delle categorie dei volontari in ferma breve e in ferma prefissata di quattro anni sono attribuiti lo stato giuridico e il trattamento economico dei pari grado appartenenti ai volontari in ferma prefissata di quattro anni. In ogni caso, i richiamati non possono essere inquadrati con grado superiore rispetto a quello apicale previsto per la stessa categoria d’inquadramento. Lo stato giuridico attribuito durante il periodo di richiamo non ha effetti per l’avanzamento al grado superiore, né ai fini della partecipazione ai concorsi per volontario in ferma prefissata quadriennale, per il reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze di polizia a ordinamento civile e militare e a quelli per l’accesso al servizio permanente. 4. Con uno o più decreti del Ministro della difesa sono definiti, in relazione alle specifiche esigenze delle Forze armate, i requisiti richiesti ai fini del richiamo in servizio, la durata massima delle ferme e l’eventuale relativo prolungamento, nonché le modalità di cessazione anticipata dal vincolo temporaneo di servizio”.

[3]: la “Riserva selezionata” apparve in Italia con il cosiddetto Decreto “Marconi” (Regio Decreto n. 819 del 1932). Inizialmente pensata per la sola Regia Marina (e consentire, tra gli altri, proprio a Guglielmo Marconi di entrare a farvi parte), venne poi estesa a tutte le Forze Armate solo verso la fine degli anni ’90 con il Decreto Legislativo 490 del 1997.

[4]: si può essere chiamati, ma non si deve! Ciò significa che la Forza Armata non è in alcun modo obbligata a richiamare in servizio chi è in possesso dei requisiti. Per quanto riguarda i requisiti, inoltre, consiglio di leggere quanto previsto dal Decreto del Ministro della Difesa del 15 novembre 2004 “Ferme e requisiti fisici e attitudinali degli ufficiali delle Forze di Complemento e procedura per la nomina a ufficiale di complemento”, con particolare riguardo agli artt. 3 e 5:

Art. 3 – Requisiti per il richiamo in servizio. 1. All’atto del richiamo il personale di cui all’articolo 1 deve:

  1. aver sottoscritto il consenso al richiamo;
  2. avere un’età che gli consenta di ultimare la ferma da contrarre in data antecedente a quella prevista per il collocamento nella riserva di complemento;
  3. se ha già prestato servizio in qualità di ufficiale ausiliario o richiamato, aver riportato nell’ultimo documento caratteristico una qualifica finale non inferiore a “superiore alla media”, se valutato con scheda valutativa, ovvero un giudizio favorevole, se valutato con rapporto informativo;
  4. non aver riportato condanne penali e non avere procedimenti penali in corso per delitti non colposi;
  5. sottoscrivere il consenso ad essere impiegato in attività operative, addestrative o logistiche anche fuori dal territorio nazionale;
  6. essere in possesso dell’idoneità psico-fisica al servizio militare in relazione all’età, al grado, al corpo, al ruolo e alla specialità di appartenenza […].

Art. 5 – Requisiti per la nomina ad ufficiale di complemento ai sensi dell’articolo 4 del regio decreto 16 maggio 1932, n.819. 1. Ai fini del conferimento della nomina ad ufficiale di complemento dell’Esercito, della Marina o dell’Aeronautica ai sensi dell’articolo 4 del regio decreto 16 maggio 1932, n.819, i soggetti interessati debbono:

  1. possedere i requisiti previsti dall’articolo 25, comma 6, del decreto legislativo 8 maggio 2001, n.215, dall’articolo 3, lettera “d” del presente decreto e dalle tabelle allegate in relazione al corpo, al ruolo e alla Forza armata di appartenenza;
  2. non essere stati dichiarati obiettori di coscienza ovvero ammessi a prestare servizio civile ai sensi della legge 8 luglio 1998, 230, se appartenenti a classe interessata alla chiamata di leva;
  3. possedere i requisiti di moralità e condotta stabiliti dall’articolo 26 della legge 1° febbraio 1989, 53, e successive modificazioni.
  4. Il Capo di stato maggiore di Forza armata propone alla Commissione ordinaria di avanzamento l’elenco nominativo dei soggetti che possano dare ampio affidamento di prestare opera proficua alla Forza armata.
  5. La Commissione ordinaria di avanzamento stabilisce, in relazione alle particolari esigenze manifestate dallo Stato maggiore di Forza armata, il grado ed il ruolo attribuibile al soggetto che aspira alla nomina ad ufficiale, in base ai requisiti previsti dalle tabelle allegate […]”.

[5]: art. 674 del COM – Conferimento diretto del grado di ufficiale di complemento:“1. La nomina a ufficiale di complemento, senza concorso e in via eccezionale, può essere conferita ai cittadini italiani in possesso di spiccata professionalità che danno ampio affidamento di prestare opera proficua nelle Forze armate. 2. Può essere conferito senza concorso il grado di tenente colonnello di complemento o corrispondente ai cittadini che godono di fama indiscussa in materie attinenti ai servizi delle Forze armate. 3. Per comprovata alta competenza in discipline nautiche, aeronautiche o tecniche, da valutarsi caso per caso, nelle nomine di cui al comma 1 si può prescindere anche dal prescritto titolo di studio, salvo che per la nomina a ufficiale di complemento nei corpi sanitari o nel comparto sanitario del ruolo tecnico dell’Arma dei carabinieri. 4. La nomina è conferita previo giudizio della competente commissione ordinaria d’avanzamento, che stabilisce il grado e il ruolo d’assegnazione, sentiti i rispettivi Capi di stato maggiore o Comandante generale. 5. Con decreto del Ministro della difesa sono individuate in relazione alle specifiche esigenze di ciascuna Forza armata: a) le professionalità e i gradi conferibili, ai sensi del presente articolo; b) le procedure da seguirsi; c) gli eventuali ulteriori requisiti per la nomina”.

[6]: art. 1000 del COM – Cessazione dell’appartenenza al complemento:“1. L’ufficiale cessa di appartenere alla categoria di complemento ed è collocato nella riserva di complemento quando raggiunge i seguenti limiti di età:

a. Esercito italiano: 55 anni;

b. Marina militare: 55 anni;

c. Aeronautica militare: 1) ruolo naviganti: 1.1) ufficiali inferiori: 45 anni; 1.2) ufficiali superiori: 52 anni; 2) tutti gli altri ruoli: 55 anni;

d. Arma dei carabinieri: sottotenenti e tenenti: 45 anni; capitani: 48 anni; ufficiali superiori: 54 anni […]”.

[7]: e per la sola Marina Militare Decreto del Ministro della Difesa del 15 marzo 2019 “Modifica della tabella B: Marina, allegata al decreto del Ministro della difesa 15 novembre 2004, in materia di requisiti per il conferimento del grado agli ufficiali di complemento e di modalità per l’individuazione delle ferme e dei requisiti per gli ufficiali delle forze di complemento dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica”.

[8]: Tabella “A”: ESERCITO – Quadro: I allegata al Decreto del Ministro della Difesa del 15 novembre 2004 “Ferme e requisiti fisici e attitudinali degli ufficiali delle Forze di Complemento e procedura per la nomina a ufficiale di complemento”.

[9]: Tabella “B”: MARINA – Quadro: I allegata al Decreto del Ministro della Difesa del 15 marzo 2019 “Modifica della tabella B: Marina, allegata al decreto del Ministro della difesa 15 novembre 2004, in materia di requisiti per il conferimento del grado agli ufficiali di complemento e di modalità per l’individuazione delle ferme e dei requisiti per gli ufficiali delle forze di complemento dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica”.

[10]: al termine della ferma gli Ufficiali della “Riserva selezionata” vengono collocati nella categoria dei “militari in congedo” nella posizione del “complemento”.

COS’È L’INDICE DI MASSA CORPOREA (IMC) E CHE RAPPORTO HA CON L’IDONEITÀ AL SERVIZIO MILITARE?

Diversi colleghi mi hanno chiesto chiarimenti in merito a cosa sia l’indice di massa corporea e che effetti possa avere sull’idoneità al servizio militare. Non sono un medico o un nutrizionista, la cosa è chiara, ma credo comunque di aver materiale per poter sufficientemente chiarire la questione. Iniziamo col dire che l’articolo 582 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 “Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare” (cosiddetto TUOM) prevede, tra l’altro, che “le disarmonie somatiche e le distrofie costituzionali di grado rilevante” (cioè, detto altrimenti l’obesità, la gracilità eccetera) siano causa di non idoneità al servizio militare. In tale contesto, la “Direttiva tecnica riguardante l’accertamento delle imperfezioni e infermità che sono causa di non idoneità al servizio militare” (approvato dal Ministro della Difesa con il Decreto 4 giugno 2014, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 131 del 9 giugno 2014), chiarisce poi che sono da considerarsi disarmonie somatiche e distrofie costituzionali di grado rilevante:

  • l’obesità;
  • la gracilità di costituzione;
  • le gravi disarmonie e distrofie costituzionali.

Per la valutazione delle disarmonie somatiche e delle distrofie costituzionali si considerano i seguenti caratteri esteriori (pallore della cute, scarsezza del pannicolo adiposo, ipotrofia muscolare, spalle spioventi, torace scarno, appiattito o cilindrico, scapole alate, esilità degli arti, masse adipose esuberanti e abnormemente distribuite, perimetro addominale, etc.) indicativi di gracilità, obesità, di uno stato morboso latente, di un soggetto a rischio o comunque non adatto a sopportare l’impegno fisico del servizio militare. Per la valutazione della costituzione somatica sono da considerare i seguenti parametri:

  • statura (h): valutata in metri mediante antropometro con esaminando in posizione di attenti, a capo eretto, con piano orbito-auricolare orizzontale, con l’occipite, il segmento dorsale della colonna vertebrale e i talloni a contatto con il montante dell’antropometro;
  • peso corporeo (p): valutato in chilogrammi (kg);
  • indice di massa corporea (I.M.C.): si intende per indice di massa corporea il rapporto tra il peso corporeo (p) in chilogrammi e l’altezza (h) in metri elevata al quadrato secondo la seguente formula: I.M.C = p / (h x h) […]. 

Viene giudicato permanentemente inabile il soggetto:

  • di sesso maschile con I.M.C. maggiore di 30 e minore di 20;
  • di sesso femminile con I.M.C. maggiore di 28 e minore di 18.

Può essere giudicato idoneo il soggetto con I.M.C. superiore ai limiti sopra indicati, in cui l’eccesso ponderale è da attribuirsi prevalentemente alla massa muscolare e non a un eccesso di massa grassa”.

Penso che a questo punto abbiate tutto il materiale necessario per farvi un’accurata idea sulla questione, anche per poter eventualmente spiegare al vostro dietologo o nutrizionista ciò che vi serve per non incorrere in problemi sul servizio … non mi resta dunque che salutarvi, ad maiora!

TCGC

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P.S. Nella Gazzetta Ufficiale n. 131 del 9 giugno 2014 trovate inoltre scritto quanto segue:“[…] Per un’agevole e immediata valutazione dei parametri rilevati può essere utilizzata la tabella antropometrica riportata di seguito, dove sono elencati il peso massimo (I.M.C. = 28 per le donne / 30 per gli uomini) e il peso minimo (I.M.C. = 18 per le donne / 20 per gli uomini), rapportati all’altezza […]”.

Vi posto dunque la tabella in formato grafico per come è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 131 del 9 giugno 2014.

LA NORMATIVA MILITARE FA DIFFERENZA TRA IL PERSONALE CONIUGATO E QUELLO UNITO CIVILMENTE CON UNA PERSONA DELLO STESSO SESSO?

Iniziamo con lo sfatare un dubbio che periodicamente rigurgita e che proprio l’altro giorno mi è tornato all’orecchio: la normativa militare fa differenza tra personale coniugato e personale unito civilmente con persone dello stesso sesso? La risposta è ovviamente no! Ciò significa che chi si è unito civilmente con una persona dello stesso sesso (poco importa se militare o non) ha i medesimi diritti di chi si è coniugato con una persona di sesso diverso. Quanto detto, per effetto della legge n. 76 del 2016 “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze” (cosiddetta legge Cirinnà). Il comma 20 dell’articolo 1 di tale legge prevede difatti che “le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”. Certo, l’unione civile con persone dello stesso sesso non comporta il sorgere di tutti i diritti che derivano dal matrimonio, ma la cosa non riguarda al momento la normativa militare … conseguentemente, per quanto di interesse sappiate che con l’unione civile con una persona dello stesso sesso maturate il diritto, ad esempio, alla licenza matrimoniale, all’indennità di trasferimento (se siete Volontari in ferma prefissata), ai benefici della legge 104 del 1992 eccetera.

Spero di esser riuscito a chiarire sufficientemente la questione, vi saluto … ad maiora!

TCGC

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L’INDENNITÀ DI TRASFERIMENTO DEL MILITARE

Ai sensi dell’articolo 1 della legge n. 86 del 2001, “1. Al personale volontario coniugato e al personale in servizio permanente delle Forze armate, delle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, agli ufficiali e sottufficiali piloti di complemento in ferma dodecennale […] trasferiti d’autorità ad altra sede di servizio sita in un comune diverso da quello di provenienza, compete una indennità mensile pari a trenta diarie di missione in misura intera per i primi dodici mesi di permanenza ed in misura ridotta del 30 per cento per i secondi dodici mesi. […]. 2. L’indennità di cui al comma 1 è ridotta del 20 per cento per il personale che fruisce nella nuova sede di alloggio gratuito di servizio. 3. Il personale che non fruisce nella nuova sede di alloggio di servizio può optare, in luogo del trattamento di cui al comma 1, per il rimborso del 90 per cento del canone mensile corrisposto per l’alloggio privato fino ad un importo massimo di lire 1.000.000 mensili per un periodo non superiore a trentasei mesi […]”.

Non c’è molto da dire … dalla lettura di quanto precede emerge difatti che l’indennità di trasferimento [1]:

  • spetta al personale in servizio permanente effettivo, ai piloti di complemento in ferma dodecennale nonché al personale volontario in ferma prefissata (quest’ultimo solo quando coniugato) trasferito d’autorità ad altra sede di servizio sita in un comune diverso da quello di provenienza;
  • è pari a 30 diarie di missione in misura intera per il primo anno di permanenza ed in misura ridotta del 30% per il secondo;
  • è ridotta del 20% nel caso in cui il personale fruisca, presso la nuova sede di servizio, di un alloggio gratuito di servizio;
  • non spetta se l’interessato abbia optato per il rimborso del 90% del canone mensile di un alloggio privato (sino all’importo massimo mensile di € 516,46 e per un periodo non superiore a 36 mesi);
  • a partire dal 2015 non spetta più al personale militare che rientra dall’estero al termine dell’impiego presso organismi internazionali o rappresentanze diplomatiche [2].

Le cose stanno sostanzialmente così … ci resta solo da vedere a quanto ammonta. Ebbene, allo stato attuale l’indennità di trasferimento ammonta a:

  • € 865 circa il primo anno ed a € 605 circa il secondo (per effetto della riduzione del 30%) per i Generali di Corpo d’Armata e gradi corrispondenti [3];
  • € 724 circa il primo anno ed a € 506 circa il secondo (per effetto della riduzione del 30%) per i Generali di Divisione e gradi corrispondenti [4];
  • € 614 circa il primo anno ed a € 430 circa il secondo (per effetto della riduzione del 30%) per i gradi da Generale di Brigata a Volontario in servizio permanente e gradi corrispondenti [5];
  • € 321 circa il primo anno ed a € 225 il secondo (per effetto della riduzione del 30%) per i Volontari in ferma prefissata, ma solo se coniugati [6]. Vi ricordo che hanno diritto all’indennità di trasferimento solo i Volontari in ferma prefissata coniugati. Ovviamente, il diritto a tale indennità si estende anche i militari uniti civilmente con persone dello stesso sesso: infatti, ai sensi dell’articolo 1, comma 20, della legge n. 76 del 2016, “al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”. 

Ora che vi siete fatti un’idea generale su cosa sia l’indennità di trasferimento, fatevi una chiacchierata con il personale dell’Ufficio amministrazione del vostro Comando. Sono convinto che potrete avere le delucidazioni necessarie per poter correttamente esercitare tutti i vostri diritti.

Non mi resta che salutarvi … ad maiora!

TCGC

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[1]: spesso si fa riferimento all’indennità di trasferimento chiamandola semplicemente “legge 100”. Il riferimento è evidentemente alla legge n. 100 del 1987, ormai abrogata, che regolava proprio il trattamento economico di trasferimento del personale militare.

[2]: infatti il 4 comma dell’art. 1 della legge n. 86 del 2001 prevedeva originariamente che l’indennità di trasferimento spettasse anche “al personale in servizio all’estero ai sensi delle leggi 8 luglio 1961, n. 642, 27 luglio 1962, n. 1114, e 27 dicembre 1973, n. 838, e successive modificazioni, all’atto del rientro in Italia” ma tale comma è stato abrogato ad opera della legge n. 190 del 2014 (Legge di stabilità 2015).

[3]: Tale cifra scaturisce dalla misura intera della diaria di missione prevista per i Gen. C.A. e gradi corrispondenti che ammonta a € 28,82 (28,82 x 30 = 864,60).

[4]: Tale cifra scaturisce dalla misura intera della diaria di missione prevista per i Gen. D. e gradi corrispondenti che ammonta a € 24,12 (24,12 x 30 = 723,60).

[5]: Tale cifra scaturisce dalla misura intera della diaria di missione prevista per i gradi da Gen. B. a V.S.P. e gradi corrispondenti che ammonta a € 20,45 (20,45 x 30 = 613,50).

[6]: Tale cifra scaturisce dalla misura intera della diaria di missione prevista per i Volontari in ferma prefissata che ammonta a € 10,69 (10,69 x 30 = 320,70).

NELLE COMUNICAZIONI CON IL PROPRIO COMANDO MILITARE BISOGNA PER FORZA USARE LA RACCOMANDATA O È ANCHE POSSIBILE UTILIZZARE LA POSTA ELETTRONICA CERTIFICATA (COSIDDETTA P.E.C.)?

Un collega mi chiede sostanzialmente se per comunicare formalmente con il proprio Comando (per approfondire il tema delle comunicazioni dei militari, leggi qui!) si deve per forza mandare una raccomandata (magari con avviso di ricevimento) o ci si può eventualmente limitare ad una semplice p.e.c. … beh, prima di andare alla risposta credo sia opportuno fare una breve introduzione su cosa sia una p.e.c. e su che valore legale abbia.

Ebbene … iniziamo col dire che la posta elettronica certificata (la cosiddetta p.e.c, per intenderci!) è un sistema di trasmissione informatica di messaggi simile alla comune e-mail ma che, a differenza di quest’ultima, ha pieno valore legale sulla base della “certificazione” del gestore. Ovviamente, può parlarsi di trasmissione elettronica certificata solo quando sia il mittente che il destinatario abbiano una casella di posta elettronica certificata (servizio che è normalmente a pagamento ma che vi consiglio comunque di sottoscrivere quanto prima: considerate infatti che il prezzo per un anno di abbonamento corrisponde grossomodo a quello che paghereste alla posta per inviare una singola raccomandata con avviso di ricevimento)

Secondo l’art. 5 del D.P.R. n. 68 del 2005, “Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell’articolo 27 della legge 16 gennaio 2003, n. 3” la p.e.c. funziona grossomodo così:“il messaggio di posta elettronica certificata inviato dal mittente al proprio gestore di posta elettronica certificata viene da quest’ultimo trasmesso al destinatario direttamente o trasferito al gestore di posta elettronica certificata di cui si avvale il destinatario stesso; quest’ultimo gestore provvede alla consegna nella casella di posta elettronica certificata del destinatario[1]. Un messaggio inviato tramite p.e.c. assume quindi un pieno valore legale perché il gestore del servizio ne “certifica” l’integrità e la non alterazione: il gestore, infatti, inserisce il messaggio p.e.c. in una “busta di trasporto” (una specie di busta postale virtuale) che garantisce sostanzialmente che questo sia stato trasmesso (e consegnato al destinatario) integro e non alterato [2]. Inoltre, con la:

  • ricevuta di accettazione, si ha la certezza dell’avvenuta trasmissione da parte del mittente con l’esatta indicazione di ora e data di invio;
  • ricevuta di avvenuta consegna, si ottiene una certificazione dell’avvenuta ricezione da parte del destinatario con l’esatta indicazione di ora e data di consegna,

al pari quindi di una comune raccomandata con avviso di ricevimento … ecco perché si dice comunemente che la p.e.c. ha lo stesso valore di una raccomandata [3]!

Tanto premesso, torniamo alla domanda con cui abbiamo aperto questo post: posso comunicare con il mio Comando militare tramite p.e.c. o devo per forza inviare una comune raccomandata? Beh, non c’è alcun dubbio circa la possibilità inviare una p.e.c. al posto di una comune raccomandata (magari con avviso di ricevimento): il nostro Comando è difatti obbligato ad accettarla, attribuendole peraltro il medesimo valore di una comune raccomandata con avviso di ricevimento! L’articolo n. 48 del Decreto Legislativo n. 82 del 2005 “Codice dell’amministrazione digitale” è molto chiaro sul punto, stabilendo che:

  1. La trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna avviene mediante la posta elettronica certificata ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, o mediante altre soluzioni tecnologiche individuate con le Linee guida.
  2. La trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata ai sensi del comma 1, equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta [4].
  3. La data e l’ora di trasmissione e di ricezione di un documento informatico trasmesso ai sensi del comma 1 sono opponibili ai terzi se conformi alle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, ed alle relative regole tecniche, ovvero conformi alle Linee guida[5].

So benissimo che molti Comandi dimostrano una certa ritrosia nei confronti della posta elettronica certificata, tanto da bollare chi manda una p.e.c. quasi come un “PECcatore”, ma via assicuro che la cosa è più dovuta al disagio provato per il cambiamento che  ad altro … molti militari sono restii alle novità! Non esitate quindi ad usarla perché è uno strumento al comodo, economico ed estremamente efficace! È solo una questione di tempo … tutti si abitueranno alla p.e.c. e sono convinto che prestissimo nessuno ci farà più caso! Tanto detto, non mi resta che salutarvi … ad maiora!

TCGC

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[1]: art. 6 del D.P.R. n. 68 del 2005 – Ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna:“1. Il gestore di posta elettronica certificata utilizzato dal mittente fornisce al mittente stesso la ricevuta di accettazione nella quale sono contenuti i dati di certificazione che costituiscono prova dell’avvenuta spedizione di un messaggio di posta elettronica certificata. 2. Il gestore di posta elettronica certificata utilizzato dal destinatario fornisce al mittente, all’indirizzo elettronico del mittente, la ricevuta di avvenuta consegna. 3. La ricevuta di avvenuta consegna fornisce al mittente prova che il suo messaggio di posta elettronica certificata è effettivamente pervenuto all’indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario e certifica il momento della consegna tramite un testo, leggibile dal mittente, contenente i dati di certificazione. 4. La ricevuta di avvenuta consegna può contenere anche la copia completa del messaggio di posta elettronica certificata consegnato secondo quanto specificato dalle regole tecniche di cui all’articolo 17. 5. La ricevuta di avvenuta consegna è rilasciata contestualmente alla consegna del messaggio di posta elettronica certificata nella casella di posta elettronica messa a disposizione del destinatario dal gestore, indipendentemente dall’avvenuta lettura da parte del soggetto destinatario. 6. La ricevuta di avvenuta consegna è emessa esclusivamente a fronte della ricezione di una busta di trasporto valida secondo le modalità previste dalle regole tecniche di cui all’articolo 17. 7. Nel caso in cui il mittente non abbia più la disponibilità delle ricevute dei messaggi di posta elettronica certificata inviati, le informazioni di cui all’articolo 11, detenute dai gestori, sono opponibili ai terzi ai sensi dell’articolo 14, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445”.

[2]: art. 11 del D.P.R. n. 68 del 2005 – Sicurezza della trasmissione:“1. I gestori di posta elettronica certificata trasmettono il messaggio di posta elettronica certificata dal mittente al destinatario integro in tutte le sue parti, includendolo nella busta di trasporto. 2. Durante le fasi di trasmissione del messaggio di posta elettronica certificata, i gestori mantengono traccia delle operazioni svolte su un apposito log dei messaggi. I dati contenuti nel suddetto registro sono conservati dal gestore di posta elettronica certificata per trenta mesi. 3. Per la tenuta del registro i gestori adottano le opportune soluzioni tecniche e organizzative che garantiscano la riservatezza, la sicurezza, l’integrità e l’inalterabilità nel tempo delle informazioni in esso contenute. 4. I gestori di posta elettronica certificata prevedono, comunque, l’esistenza di servizi di emergenza che in ogni caso assicurano il completamento della trasmissione ed il rilascio delle ricevute”.

[3]: peraltro, come vedremo dopo, ai sensi dell’art. 48 del Codice dell’Amministrazione digitale (Decreto Legislativo n. 82 del 2005):“1. La trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna avviene mediante la posta elettronica certificata ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, o mediante altre soluzioni tecnologiche individuate con le Linee guida. 2. La trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata ai sensi del comma 1, equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta. 3. La data e l’ora di trasmissione e di ricezione di un documento informatico trasmesso ai sensi del comma 1 sono opponibili ai terzi se conformi alle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, ed alle relative regole tecniche, ovvero conformi alle Linee guida”.

[4]: peraltro, l’articolo 47 del Codice dell’Amministrazione digitale (Decreto Legislativo n. 82 del 2005) prevede che:“le pubbliche amministrazioni utilizzano per le comunicazioni tra l’amministrazione ed i propri dipendenti la posta elettronica o altri strumenti informatici di comunicazione nel rispetto delle norme in materia di protezione dei dati personali e previa informativa agli interessati in merito al grado di riservatezza degli strumenti utilizzati” (art. 47, comma 3).

[5]: a dire il vero, il Codice dell’Amministrazione digitale (Decreto Legislativo n. 82 del 2005) si spinge oltre. L’art. 45 prevede infatti che:“1. I documenti trasmessi da chiunque ad una pubblica amministrazione con qualsiasi mezzo telematico o informatico, idoneo ad accertarne la provenienza, soddisfano il requisito della forma scritta e la loro trasmissione non deve essere seguita da quella del documento originale. 2. Il documento informatico trasmesso per via telematica si intende spedito dal mittente se inviato al proprio gestore, e si intende consegnato al destinatario se reso disponibile all’indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore”.

IL TRANSITO DEL MILITARE ALL’IMPIEGO CIVILE

Nel momento in cui il militare perde definitivamente la propria idoneità fisica si aprono due strade: la cessazione dal servizio (cioè il congedo per intenderci – per approfondire leggi qui!) oppure il transito a domanda nei corrispondenti ruoli civili del Ministero della Difesa (o del Ministero dell’Economia e delle Finanze per il personale della Guardia di Finanza). Tutta la materia è sostanzialmente regolata dall’articolo 930 del Decreto legislativo n. 66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare [1] (cosiddetto COM), titolato proprio “Transito nell’impiego civile”. Ebbene, tale articolo prevede espressamente che “il personale delle Forze armate giudicato non idoneo al servizio militare incondizionato per lesioni dipendenti o meno da causa di servizio, transita nelle qualifiche funzionali del personale civile del Ministero della difesa, secondo modalità e procedure definite con decreto del Ministro della difesa, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e della pubblica amministrazione e innovazione”. Come vedete, non importa che l’inidoneità fisica dipenda o meno da causa di servizio (per approfondire leggi qui!). L’articolo 930 del COM prevede poi una serie di eccezioni: difatti “il transito è precluso nei seguenti casi:

a) perdita del grado ai sensi dell’articolo 865 all’esito del procedimento disciplinare di cui al comma 1-ter (rimozione per motivi disciplinari) ovvero ai sensi dell’articolo 862, comma 4 (dimissioni volontarie in costanza di procedimento disciplinare di stato);

b) perdita del grado ai sensi dell’articolo 866 (condanna penale cui consegua la pena accessoria della rimozione o dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici);

c) perdita dello stato di militare ai sensi dell’articolo 622”.

Il dirigente militare che perde l’idoneità fisica può transitare nella corrispondente dirigenza civile? La risposta è no! La legge non prevede tale eventualità per tutta una serie di problemi giuridici, primi fra tutti quello delle rigide modalità di alimentazione della pubblica dirigenza e quello del rispetto di organici dirigenziali ben definiti. Peraltro, considerando che un dirigente militare ha normalmente un’anzianità di servizio considerevole (almeno 25 anni), cosa che gli consente – a differenza di chi dirigente non è o che lo è da poco come accade per Maggiori e Tenenti Colonnello – di poter comunque accedere ad una pensione quantomeno dignitosa, la cosa non è stata ritenuta particolarmente penalizzante. Le cose sono però cambiate con la recente inclusione di Maggiori e Tenenti Colonnello (e gradi corrispondenti) nella dirigenza militare (per approfondire leggi qui!) ed il problema si è manifestato in tutta la sua drammaticità. Conseguentemente, nel citato articolo 930 COM è stato inserito il comma 1-sexies che permette a quest’ultimi, in caso di definitiva perdita dell’idoneità fisica, di poter “presentare domanda di transito […] manifestando espressamente il proprio consenso all’inquadramento nella posizione apicale di livello non dirigenziale” (beh, anche se non possono accedere alla dirigenza civile, almeno non si ritrovano in mezzo a una strada dall’oggi al domani!).

Sperando di esser stato sufficientemente chiaro, vi consiglio come sempre di mettervi in contatto con un professionista del settore (Avvocato o medico legale), non altro perché quello che abbiamo di fronte è un terreno pieno di insidie ed è quindi meglio farsi guidare da un esperto … tenete poi sempre ben presente che “se pensate che rivolgersi a un professionista serio costi troppi soldi, non avete idea di quanto potrebbe costarvi caro farvi assistere da quello sbagliato!”.

Ad maiora!

TCGC

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[1]: per il personale della Guardia di Finanza si fa riferimento all’articolo 14 della legge n. 266 del 1999 che prevede che:“il personale del Corpo della Guardia di finanza, giudicato non idoneo al servizio militare incondizionato per lesioni dipendenti o meno da causa di servizio, transita nelle qualifiche funzionali del personale civile del Ministero delle finanze, secondo modalità e procedure analoghe a quelle previste dal decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 339, da definire con decreto da emanare di concerto con i Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e per la funzione pubblica”.

QUAL È IL PERIODO MASSIMO DI ASPETTATIVA PER INFERMITÀ PREVISTO PER I MILITARI? IL CD “QUINQUENNIO MOBILE” …

Come sappiamo, il militare temporaneamente non idoneo al servizio per motivi di salute, una volta superati i normali periodi di riposo medico domiciliare (ovverosia i 45 di licenza straordinaria previsti annualmente), viene posto in aspettativa per infermità temporanea. Tanto premesso, la domanda che spesso mi viene fatta è: qual è il periodo massimo di aspettativa previsto per i militari e, soprattutto, cosa accade se tale periodo viene superato? Per rispondere alla prima domanda basta leggere l’articolo 912 del Decreto legislativo n. 66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare” (cosiddetto COM) titolato proprio “durata dell’aspettativa”. Ebbene, sulla base di tale articolo “i periodi di aspettativa per infermità e per motivi privati non possono superare cumulativamente la durata di due anni in un quinquennio (ovverosia 365 gg. x 2 = 730 gg. totali), anche in caso di trasferimento dalluna allaltra aspettativa”. Se poi si supera tale tetto di 2 anni di aspettativa nel quinquennio, si cessa automaticamente dal servizio permanente sic et simpliciter!

N.B. Preciso che quanto detto finora (nonché la possibilità di transitare nei ruoli civili – per approfondire leggi qui!), prescinde totalmente dal fatto che l’infermità sia stata o meno riconosciuta dipendente da causa di servizio (fate molta attenzione a questo aspetto perché non è minimamente da sottovalutare!).

Riprendendo il nostro discorso, l’articolo 929 del COM stabilisce poi che il militare “cessa dal servizio permanente ed è collocato, a seconda dell’idoneità, in congedo, nella riserva o in congedo assoluto, quando:

a) è divenuto permanentemente inidoneo al servizio incondizionato (e quindi anche prima dello scoccare dei 2 anni);

b) non ha riacquistato l’idoneità allo scadere del periodo massimo di aspettativa per infermità temporanea;

c) è giudicato non idoneo al servizio incondizionato dopo che, nel quinquennio, ha fruito del periodo massimo di aspettativa e gli sono state concesse le licenze spettantegli”.

Un’ultima cosa prima di concludere: come si conteggia il “quinquennio” (cosiddetto mobile) a cui fa riferimento la normativa appena richiamata? Semplice, si contano tutti i giorni di aspettativa fruiti, procedendo a ritroso per 5 anni a partire dalla data dell’ultimo giorno di aspettativa … ovviamente, il risultato deve essere inferiore a 730 giorni (cioè 2 anni) che, come abbiamo visto, è il limite massimo superato il quale si cessa automaticamente dal servizio ai sensi dell’articolo 929 del COM. Se poi l’aspettativa non è continua ma, come spesso accade, frazionata in più periodi, è ovvio che il quinquennio debba necessariamente spostarsi in avanti con lo scorrere del tempo (ecco perché viene appunto definito “mobile”). Proviamo a fare un esempio … armatevi di calendario, carta e penna … fatto? Bene … supponiamo che oggi, 13 agosto 2021, venga posto in aspettativa per 60 giorni (aspettativa scadente quindi l’11 ottobre 2021) e che nel quinquennio precedente abbia già fruito di 620 giorni totali di aspettativa (conteggio effettuato a ritroso a partire dall’11 ottobre 2016) … beh, non ci sono grossi problemi perché al termine dei 60 giorni, cioè il 12 ottobre 2021, non avrò ancora superato il limite dei 730 giorni (difatti 620 gg. + 60 gg. = 680 gg.). Anche se poi, al termine dei 60 giorni (cioè dal 12 ottobre 2021 in poi), dovessi avere ancora dei problemi di salute, non devo preoccuparmi più di tanto perché potrò comunque fruire di ulteriori 50 giorni di aspettativa prima di superare il limite dei 730 giorni previsti (infatti 730 gg. – (620 + 60) gg. = 50 gg.). Vediamo ora come il “quinquennio” si muove nel tempo … beh, tornando al nostro esempio, supponiamo che nel quinquennio preso in considerazione, a prescindere dagli ultimi giorni di aspettativa (cioè i 60 gg. dal 13 agosto 2021 all’11 ottobre 2021), io abbia dunque fruito di 620 giorni di aspettativa (60 gg. dal 1 dicembre 2016 al 29 gennaio 2017 ed i restanti 560 gg. in un’unica soluzione dal 22 agosto 2017 al 4 marzo 2019). Tanto premesso, come abbiamo visto, allo scadere degli ultimi 60 gg. di aspettativa (cioè dal 12 ottobre 2021) mi rimarranno ulteriori 50 giorni da fruire prima di arrivare al limite dei 730 giorni previsti. Ma quanto detto è vero sino al 1 dicembre 2021 perché, successivamente, il “quinquennio” inizierà a spostarsi in avanti nel tempo … a muoversi insomma! Mi spiego meglio, se avessi degli ulteriori problemi di salute in data successiva al 1 dicembre 2021, ai 50 giorni di cui parlavamo se ne aggiungono altri perchè il “quinquennio” si è spostato avanti: già dal 30 gennaio 2022 avrò a difatti disposizione altri 60 giorni di aspettativa da poter fruire (ulteriori rispetto ai 50 gg. iniziali a cui facevamo riferimento poco sopra) e questo perchè i 60 gg. di aspettativa fruiti dal 1 dicembre 2016 al 29 gennaio 2017 non dovranno più essere conteggiati in quanto usciti dal “quinquennio” da prendere in considerazione (il “quinquennio” si infatti spostato in avanti nel tempo!). Difficile? A parole forse può sembrare, ma vi assicuro che è tutto molto più semplice di quanto possa apparire al punto che, se proprio non volete disturbare un Avvocato o un consulente del lavoro per farvi fare i calcoli, potete agevolmente chiedere al vostro ufficio personale … è un calcolo relativamente agevole da fare!  

Sperando di esser stato sufficientemente chiaro, vi consiglio come sempre di mettervi in contatto con un professionista del settore (Avvocato, consulente del lavoro o medico legale), non altro perché quella dell’aspettativa per infermità è una materia scivolosa, piena di insidie che come abbiamo visto possono addirittura arrivare a farci perdere il posto, nonché comportare significative decurtazioni stipendiali (per approfondire leggi qui!).

Ad maiora!

TCGC

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QUANTO GUADAGNA IL MILITARE IN ASPETTATIVA PER INFERMITÀ?

Un collega mi chiede: l’aspettativa per infermità comporta una qualche decurtazione stipendiale? Beh … si e no … mi spiego meglio: se l’infermità dipende da causa di servizio (per approfondire leggi qui!) il militare conserva intatto il proprio stipendio per tutto il periodo di aspettativa mentre, nel caso in cui l’infermità non sia invece dipendente da causa di servizio, le cose si complicano un pochino. Infatti, ai sensi dell’articolo 26 della legge n. 187 del 1976 “Riordinamento di indennità ed altri provvedimenti per le Forze armate”, “durante l’aspettativa per infermità non dipendente da causa di servizio, agli ufficiali e ai sottufficiali in servizio permanente dell’Esercito, della Marina, dell’Aeronautica e dei Corpi di polizia, ai vicebrigadieri ed ai militari di truppa in servizio continuativo dell’Arma dei carabinieri e dei predetti Corpi di polizia nonché ai cappellani militari in servizio permanente competono […] lo stipendio e gli altri assegni di carattere fisso e continuativo per intero per i primi dodici mesi (ossia dal 1° al 12° mese) e ridotti alla metà per i successivi sei mesi (cioè dal 13° al 18° mese), fermi restando il diritto agli interi assegni per carichi di famiglia e la durata dei successivi periodi, durante i quali nessun assegno è dovuto”, ovverosia dal 19° al 24° mese, durante i quali lo stipendio viene sostanzialmente azzerato!

Come ci si comporta se la dipendenza dell’infermità da causa di servizio è ancora in fase di riconoscimento? Cosa accade cioè quando, a seguito di infortunio e dopo aver presentato domanda di riconoscimento della causa di servizio, passa magari un intero anno senza che arrivi alcun formale provvedimento di riconoscimento? Dal 13° mese in poi inizia ad esser automaticamente decurtato lo stipendio ai sensi dell’articolo 26 della citata legge n. 187 del 1976? Beh … nel sostanziale silenzio della legge, possiamo dire che la stragrande maggioranza degli Enti/Comandi militari non effettua alcuna automatica decurtazione stipendiale al militare in aspettativa per un’infermità non ancora riconosciuta dipendente da causa di servizio – quantomeno sino al relativo riconoscimento – procedendo poi, solo in caso di mancato riconoscimento, al recupero le somme eventualmente versate in eccesso a quanto previsto.

Questo è più o meno uno speditivo inquadramento della materia … vi consiglio come sempre di mettervi in contatto con un professionista del settore (Avvocato o medico legale), non altro perché quella dell’aspettativa per infermità è una materia scivolosa, piena di insidie che possono addirittura arrivare a farci perdere il posto di lavoro (per approfondire leggi qui!).

Ad maiora!

TCGC

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COS’È IL “COMITATO DI VERIFICA PER LE CAUSE DI SERVIZIO”?

Ho ricevuto diverse richieste di chiarimento su cosa sia il “Comitato di verifica per le cause di servizio” … cercherò allora di darvi qualche nozione elementare in merito. Ebbene … iniziamo col dire che il Comitato di verifica per le cause di servizio [1] è un organo consultivo che opera presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze e che svolge essenzialmente [2] la funzione di riconoscere (o meno) la dipendenza da causa di servizio delle infermità dei dipendenti pubblici [3] (oggi rimasta una prerogativa di militari e pochi altri – per approfondire leggi qui!). Come appena detto, trattasi di un organo consultivo, un organo che emette cioè dei “pareri” che sono però vincolanti per le Amministrazioni richiedenti [4] … a cui cioè queste devono obbligatoriamente attenersi: se ad esempio stabilisce che una patologia o un infortunio (già valutato come esistente dalla CMO, eventualmente anche con “ascrivibilità” a tabella) NON dipende da causa di servizio, c’è proprio ben poco da fare (oltre a fare eventualmente ricorso al TAR o alla Corte dei Conti) … quella patologia o quell’infortunio … anche se esiste (perchè così ha detto la CMO) … NON dipende da causa di servizio, punto e basta! Certo, nel caso in cui un’Amministrazione non fosse d’accordo con il parere del “Comitato” potrà eventualmente chiedere un secondo parere a cui però, una volta emesso, dovrà alla fine attenersi senza alcuna ulteriore possibilità di appello [5].

Tanto premesso, vediamo ora di chiarire i dubbi più ricorrenti:

  • entro quali termini deve esprimersi? Beh, questo è il vero “punctum dolens” … il punto dolente … mi risulta infatti che si registrino apprezzabili ritardi nei lavori del “Comitato” … diciamo che in condizioni “normali” dovrebbe emettere il proprio parere, cioè pronunciarsi sul riconoscimento (o meno) della dipendenza da causa di servizio, “entro sessanta giorni dal ricevimento degli atti”, decisione che comunica poi all’Amministrazione richiedente nei successivi 15 giorni (articolo 11, secondo comma, del D.P.R. n. 461 del 2001);
  • da chi è composto? Ai sensi dell’articolo 10 del D.P.R. n. 461 del 2001 “il Comitato è formato da un numero di componenti [6] non superiore a quaranta e non inferiore a trenta, scelti fra gli esperti della materia, provenienti dalle diverse magistrature, dall’Avvocatura dello Stato e dal ruolo dei dirigenti delle amministrazioni dello Stato, nonché’ tra gli ufficiali superiori medici delle Forze Armate e qualifiche equiparate delle Forze di polizia di Stato a ordinamento civile e militare e tra funzionari medici delle amministrazioni dello Stato preferibilmente specialisti in medicina legale e delle assicurazioni. Per l’esame delle domande relative a militari o appartenenti a corpi di polizia, anche ad ordinamento civile, il Comitato è di volta in volta integrato da un numero di ufficiali o funzionari dell’arma, corpo o amministrazione di appartenenza non superiore a due”;
  • con quali modalità opera? Nell’esame delle pratiche di competenza, il “Comitato” opera di solito per sezioni e molto raramente in riunione plenaria. Difatti, “quando il Presidente non ravvisa l’utilità di riunione plenaria, [il “Comitato”] funziona suddiviso in più sezioni composte dal Presidente, o dal Vice Presidente, che le presiedono, e da quattro membri, dei quali almeno due scelti tra ufficiali medici superiori e funzionari medici” (articolo 10, sesto comma, del D.P.R. n. 461 del 2001);
  • il “Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie” e il “Comitato di verifica per le cause di servizio” sono la stessa cosa? Sostanzialmente si! Infatti, il “Comitato di verifica per le cause di servizio” fino al 2001 si chiamava “Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie” … poi, per effetto dell’articolo 10 del D.P.R. n. 461 del 2001 [7], ha assunto l’attuale denominazione mantenendo sostanzialmente le medesime attribuzioni.

Penso di avervi detto abbastanza, non mi resta che salutarvi … Ad maiora!

TCGC

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[1]: disciplinato per funzioni, competenze e componenti dagli artt. 10 e seguenti del D.P.R. n. 461 del 2001 “Regolamento recante semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio, per la concessione della pensione privilegiata ordinaria e dell’equo indennizzo, nonché per il funzionamento e la composizione del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie”.

[2]: il “Comitato”, infatti, emette anche pareri di casualità “specifica” come avviene, ad esempio, per il riconoscimento di benefici per le vittime dell’uranio impoverito o per i soggetti “equiparati” alle vittime del dovere.

[3]: articolo 11 del D.P.R. n. 461 del 2001:“il Comitato accerta la riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione, in relazione a fatti di servizio ed al rapporto causale tra i fatti e l’infermità o lesione”.

[4]: cioè il Ministero della Difesa per le pratiche delle FFAA e dell’Arma dei Carabinieri, il Ministero dell’Interno per quelle della Polizia di Stato eccetera.

[5]: articolo 14 del D.P.R. n. 461 del 2001:“l’Amministrazione si pronuncia sul solo riconoscimento di infermità o lesione dipendente da causa di servizio, su conforme parere del Comitato, anche nel caso di intempestività della domanda di equo indennizzo ai sensi dell’articolo 2, entro venti giorni dalla data di ricezione del parere stesso. Entro lo stesso termine l’amministrazione che, per motivate ragioni, non ritenga di conformarsi a tale parere, ha l’obbligo di richiedere ulteriore parere al Comitato, che rende il parere entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta; l’Amministrazione adotta il provvedimento nei successivi dieci giorni motivandolo conformemente al parere del Comitato”.

[6]: i componenti del “Comitato”, nominati con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, durano in carica per un periodo di quattro anni, prorogabile per una sola volta.

[7]: articolo 10 del D.P.R. n. 461 del 2001:“il Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie assume, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, la denominazione di Comitato di verifica per le cause di servizio”.

QUALI SONO LE CONSEGUENZE DELLA SOSPENSIONE DISCIPLINARE DALL’IMPIEGO MILITARE?

Quali sono le principali conseguenze della sospensione disciplinare dall’impiego? Beh, in considerazione della “pesantezza” di tale sanzione disciplinare di stato (per approfondire leggi qui!) sappiate che, ai sensi del Decreto legislativo n. 66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare” (cosiddetto COM), essa comporta, a prescindere dalle ovvie conseguenze sulla carriera:

  • una detrazione di anzianità pari al tempo di sospensione, con effetti anche “sulla decorrenza della qualifica posseduta” (articolo 858 COM);
  • conseguenze economiche dato che “al militare durante la sospensione dall’impiego compete la metà degli assegni a carattere fisso e continuativo” (articolo 920 COM);
  • risvolti pensionistici visto che, “agli effetti della pensione, il tempo trascorso in sospensione dal servizio è computato per metà” (articolo 920 COM).

Ovviamente c’è molto altro da dire, ma in considerazione del taglio pratico che ho deciso di dare ai post di avvocatomilitare.com, mi fermo qui … ad maiora!

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È VERO CHE I MEDICI MILITARI POSSONO AVERE UN SECONDO LAVORO?

Un collega mi ha domandato:“ … è vero che i medici militari possono svolgere un secondo lavoro? Se sì, dov’è scritto?” Iniziamo subito col dire che la risposta è sì! Per il resto, come al solito, bisogna dare una sbirciatina al Decreto Legislativo n.66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare” (cosiddetto COM). Tralasciando tutte le motivazioni poste alla base di tale importante eccezione (prima tra tutte quella dell’aggiornamento [1] professionale del medico militare in virtù della delicata funzione che è chiamato a svolgere), la normativa prevede sostanzialmente che al medico militare non applichino le incompatibilità previste per gli altri militari (per approfondire leggi qui!). Ciò significa che i medici militari, contrariamente a quanto accade per gli altri militari, possono legittimamente avere un secondo lavoro (sempre in ambito medico ovviamente [2]!) … svolgere cioè la propria professione medica privatamente al di fuori dell’orario di servizio. In tal senso l’articolo 210 del “Codice dell’ordinamento militare” che, “in deroga all’articolo 894, comma 1” del COM, prevede espressamente che “ai medici militari non sono applicabili le norme relative alle incompatibilità inerenti l’esercizio delle attività libero professionali, nonché le limitazioni previste dai contratti e dalle convenzioni con il servizio sanitario nazionale, fermo restando il divieto [3] di visitare privatamente gli iscritti di leva e di rilasciare loro certificati di infermità e di imperfezioni fisiche che possano dar luogo alla riforma”. L’ordinamento giuridico militare riconosce quindi al medico militare una “doppia anima” che gli deriva dal fatto di essere allo stesso tempo:

  • un “militare-medico”, cioè un militare che svolge la propria professione (medica) nell’ambito del rapporto di lavoro con l’Amministrazione della Difesa [4], al pari quindi di ogni altro militare;
  • un medico “in senso stretto” che, al di fuori dell’orario di servizio, può legittimamente prestare attività medico-specialistica in regime libero professionale. Naturalmente, permanendo il rapporto di lavoro con l’Amministrazione della Difesa, tale attività non deve essere incompatibile ovvero incidere sulla qualità delle prestazioni mediche svolte come militare.

Tanto premesso, sappiate infine che la legge attribuisce esplicitamente al medico militare una competenza certificativa esclusiva proprio in virtù del possesso contemporaneo di tali caratteristiche (di essere cioè, al contempo, sia un medico che un militare). Infatti, contrariamente a quanto accade per un “comune” medico, il medico militare ha specifiche competenze in materia di accertamento dei requisiti fisici e psichici per il rilascio/rinnovo della patente di guida [5] [6], della patente nautica [7] e del porto d’armi [8] … e questo anche in regime libero professionale (cioè privatamente!). Spero di aver risposto alla domanda … ad maiora!

TCGC

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[1]: in tal senso, tra gli altri, l’art. 209 del Codice dell’Ordinamento Militare (COM) che nello stabilire che “gli ufficiali medici uniscono alle peculiari doti professionali tutte le più spiccate virtù” prevede che questi “si aggiornano sui progressi delle discipline medico-chirurgiche. Al fine di perfezionare la loro cultura o indirizzarla a branche speciali, possono, in seguito a concorso, essere nominati con le qualifiche di sanitari militari, corrispondenti a quelle previste per i sanitari civili, presso cliniche o istituti universitari. Possono pure essere chiamati a frequentare corsi speciali di perfezionamento o di preparazione agli esami d’avanzamento presso la scuola di sanità militare o presso ospedali militari”.

[2]: altrimenti sarebbe soggetto alle consuete incompatibilità extraprofessionali, al pari di ogni altro militare (per approfondire leggi qui!).

[3]: questo non è l’unico divieto previsto per i medici militari. L’articolo 209, quarto comma, del COM vieta infatti “agli ufficiali medici di eseguire visite e redigere certificati nella loro qualità di medici militari, quando le visite: a) non sono previste da disposizioni di legge; b) non sono autorizzate dal Ministero della difesa, ai sensi dell’articolo 200; c) non sono ordinate o autorizzate dai superiori diretti”.

[4]: come avviene ad esempio, ai sensi dell’art. 200 del Codice dell’Ordinamento Militare (COM), in materia di visite medico-legali:“1. Tutte le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici possono richiedere l’opera degli ufficiali medici per visite medico-legali ai propri dipendenti, nei seguenti casi:

a) per accertare l’esistenza, la natura e il grado di infermità sulle quali si devono motivare provvedimenti di licenza, di aspettativa, di riforma e di riposo, di impiegati non appartenenti a quelle amministrazioni statali contemplate nel decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2001, n. 461; tali accertamenti sono praticati sempre con visite collegiali se si tratta di collocamento in riforma o a riposo, mentre per il collocamento in aspettativa la visita è fatta da un solo ufficiale medico;

b) per stabilire la reale esistenza dell’allegata inabilità fisica dei rivenditori di generi di privativa, che chiedono di essere rappresentati da un commesso; l’accertamento si esegue mediante visita collegiale;

c) per verificare l’inabilità allegata dagli alunni delle scuole primarie e secondarie che domandano la esenzione dalle esercitazioni di educazione fisica; la visita è eseguita da un solo ufficiale medico;

d) per constatare l’idoneità fisica degli aspiranti a impieghi in pubbliche amministrazioni; la visita è eseguita da un solo ufficiale medico, se non è esplicitamente richiesto l’intervento di un collegio medico;

e) per accertare malattie dei docenti delle scuole primarie e secondarie, che chiedono il conferimento di indennità per motivi di salute; la visita è eseguita da un solo ufficiale medico, salvo i casi nei quali venga tassativamente richiesta la visita collegiale dall’autorità interessata;

f) per accertare se esista indicazione alle cure balneo-termali negli stabilimenti militari, secondo le relative norme in vigore;

g) per accertare l’inabilità assoluta e permanente dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche;

h) per stabilire le condizioni fisiche dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche i quali chiedono di fare la cessione del quinto dello stipendio; la visita è eseguita da un solo ufficiale medico;

i) per accertare l’idoneità fisico-psichica di coloro che aspirano alla patente di conduttori di autoveicoli: la visita è eseguita da un solo ufficiale medico;

l) per reclutamento e riforma degli appartenenti alle Forze di polizia a ordinamento civile;

m) ai fini del collocamento in congedo straordinario per infermità dei dipendenti della pubblica amministrazione;

n) altre visite non contemplate nelle lettere precedenti, autorizzate dal Ministero della difesa, ovvero attribuite dalla legge alla competenza di ufficiali medici, in base alle disposizioni che ne regolano l’esercizio.

2. Le autorità o i privati che richiedono le visite rivolgono ufficialmente la domanda alla Direzione dell’ospedale militare o dell’infermeria autonoma o presidiaria oppure al Comando dal quale dipende l’infermeria di corpo se la visita deve essere eseguita presso tale ente, oppure, nei casi previsti, alla Direzione dell’istituto di medicina aerospaziale dell’Aeronautica militare competente per territorio”.

[5]: art. 119, comma 2, del Decreto Legislativo n. 285 del 1992 “Nuovo codice della strada” – Requisiti fisici e psichici per il conseguimento della patente di guida:“l’accertamento dei requisiti fisici e psichici, tranne per i casi stabiliti nel comma 4, è effettuato dall’ufficio della unità sanitaria locale territorialmente competente, cui sono attribuite funzioni in materia medico-legale. L’accertamento suindicato può essere effettuato altresì da un medico responsabile dei servizi di base del distretto sanitario ovvero da un medico appartenente al ruolo dei medici del Ministero della salute, o da un ispettore medico delle Ferrovie dello Stato o da un medico militare in servizio permanente effettivo o in quiescenza o da un medico del ruolo professionale dei sanitari della Polizia di Stato o da un medico del ruolo sanitario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco o da un ispettore medico del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. L’accertamento può essere effettuato dai medici di cui al periodo precedente, anche dopo aver cessato di appartenere alle amministrazioni e ai corpi ivi indicati, purché abbiano svolto l’attività di accertamento negli ultimi dieci anni o abbiano fatto parte delle commissioni di cui al comma 4 per almeno cinque anni. In tutti i casi tale accertamento deve essere effettuato nei gabinetti medici”.

[6]: ai sensi dell’articolo 330, comma 2, del D.P.R. n. 495 del 1992 “Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada” i medici militari possono far parte delle le commissioni medico locali, previste all’art. 119, comma 4, del Decreto Legislativo n. 285 del 1992 “Nuovo codice della strada” per l’accertamento dei requisiti psichici e fisici, tra gli altri, di mutilati e minorati fisici, di chi abbia superato i sessantacinque anni di età ed abbia la patente C o superiore e dei soggetti affetti da diabete per il conseguimento, la revisione o la conferma delle patenti C, D, CE, DE e sottocategorie.

[7]: art. 36, comma 3, del Decreto 29 luglio 2008, n. 146 “Regolamento di attuazione dell’articolo 65 del decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171, recante il codice della nautica da diporto” – Giudizio di idoneità:“[…] 3. Il giudizio di idoneità psichica e fisica è espresso, sulla base dei requisiti previsti dall’allegato I, dall’ufficio dell’azienda sanitaria locale territorialmente competente, cui sono attribuite funzioni in materia medico-legale. Il giudizio può essere espresso, altresì, da un medico responsabile dei servizi di base del distretto sanitario ovvero da un medico appartenente al ruolo dei medici del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali o da un ispettore medico delle Ferrovie dello Stato o da un medico militare in servizio permanente effettivo o da un medico del ruolo dei sanitari della Polizia di Stato o da un medico del ruolo sanitario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco o, per i cittadini italiani residenti all’estero, da un medico riconosciuto idoneo dal consolato italiano del Paese di residenza. In ogni caso gli accertamenti sono effettuati presso la struttura pubblica di appartenenza. La certificazione sanitaria e la relativa documentazione devono essere conservate per un anno”.

[8]: art. 35, n.7, del Regio Decreto n. 773 del 1931 (Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza – cosiddetto T.U.L.P.S.): “Il questore subordina il rilascio del nulla osta [all’acquisto di armi] alla presentazione di certificato rilasciato dal settore medico legale delle Aziende sanitarie locali, o da un medico militare, della Polizia di Stato o del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dal quale risulti che il richiedente non è affetto da malattie mentali oppure da vizi che ne diminuiscono, anche temporaneamente, la capacità di intendere e di volere, ovvero non risulti assumere, anche occasionalmente, sostanze stupefacenti o psicotrope ovvero abusare di alcool, nonché dalla presentazione di ogni altra certificazione sanitaria prevista dalle disposizioni vigenti”.

IL MILITARE PUÒ ACCETTARE REGALI?

Un collega mi ha scritto per trovare finalmente risposta a una domanda ricorrente. Si possono accettare regali da soggetti terzi, magari anche esterni all’Amministrazione della Difesa? Mi spiego meglio … può, ad esempio:

  • il Capo Ufficio Amministrazione di una Caserma accettare un regalo natalizio da parte di una Ditta che lavora nella Caserma stessa;
  • un Comandante accettare un regalo da parte di un dipendente che, ad esempio, viene trasferito al termine dell’addestramento?

Tanto detto, qual è, secondo voi, la risposta giusta? Si oppure No? Beh, come accade spesso, la risposta giusta è nel mezzo … i latini dicevano in medio stat virtus (cioè la virtù sta nel mezzo) e come al solito avevano ragione da vendere! Proprio per scongiurare il rischio di avere possibili problemi in futuro, sappiate allora che il dipendente pubblico (e quindi anche il militare!) non può accettare regali a meno che non siano di “modico valore”. Badate bene, ho usato il termine “accettare” e non “chiedere” o, ancora peggio, “sollecitare” o “pretendere”, perché così facendo si potrebbe incorrere in reati quali la concussione o la corruzione … ma questo non è il topic di questo post! Tornando quindi al nostro discorso, sappiate che l’articolo 54 [1] del Decreto Legislativo n. 165 del 2001 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche” prevede “per tutti i dipendenti pubblici il divieto di chiedere o di accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità, in connessione con l’espletamento delle proprie funzioni o dei compiti affidati, fatti salvi i regali d’uso, purché di modico valore e nei limiti delle normali relazioni di cortesia”.

Ma quando un regalo si considera di “modico valore”? Vi dico subito che vengono considerati di “modico valore” i regali dal valore orientativo di 150 euro. Tale cifra è stata espressamente indicata all’articolo 4 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 62 del 2013 “Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”, titolato proprio “Regali, compensi e altre utilità”. Dato che siete arrivati a leggere fin qui e che tale articolo presenta dei contenuti interessanti, ve lo posto integralmente:“1. Il dipendente non chiede, né sollecita, per sé o per altri, regali o altre utilità. 2. Il dipendente non accetta, per sé o per altri, regali o altre utilità, salvo quelli d’uso di modico valore effettuati occasionalmente nell’ambito delle normali relazioni di cortesia e nell’ambito delle consuetudini internazionali. In ogni caso, indipendentemente dalla circostanza che il fatto costituisca reato, il dipendente non chiede, per sé o per altri, regali o altre utilità, neanche di modico valore a titolo di corrispettivo per compiere o per aver compiuto un atto del proprio ufficio da soggetti che possano trarre benefici da decisioni o attività inerenti all’ufficio, né da soggetti nei cui confronti è o sta per essere chiamato a svolgere o a esercitare attività o potestà proprie dell’ufficio ricoperto. 3. Il dipendente non accetta, per sé o per altri, da un proprio subordinato, direttamente o indirettamente, regali o altre utilità, salvo quelli d’uso di modico valore. Il dipendente non offre, direttamente o indirettamente, regali o altre utilità a un proprio sovraordinato, salvo quelli d’uso di modico valore. 4. I regali e le altre utilità comunque ricevuti fuori dai casi consentiti dal presente articolo, a cura dello stesso dipendente cui siano pervenuti, sono immediatamente messi a disposizione dell’Amministrazione per la restituzione o per essere devoluti a fini istituzionali. 5. Ai fini del presente articolo, per regali o altre utilità di modico valore si intendono quelle di valore non superiore, in via orientativa, a 150 euro, anche sotto forma di sconto. I codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni possono prevedere limiti inferiori, anche fino all’esclusione della possibilità di riceverli, in relazione alle caratteristiche dell’ente e alla tipologia delle mansioni. 6. Il dipendente non accetta incarichi di collaborazione da soggetti privati che abbiano, o abbiano avuto nel biennio precedente, un interesse economico significativo in decisioni o attività inerenti all’ufficio di appartenenza. 7. Al fine di preservare il prestigio e l’imparzialità dell’amministrazione, il responsabile dell’ufficio vigila sulla corretta applicazione del presente articolo” (art. 4 del D.P.R. n. 62 del 2013).

Credo che a questo punto abbiate tutti gli strumenti per capire da soli se potete o meno accettare il regalo che vi è stato appena fatto … non mi resta quindi che salutarvi, ad maiora!

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[1]: come modificato dalla legge n. 190 del 2012 “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”.

LA CORRISPONDENZA DEI GRADI TRA LE FORZE DI POLIZIA A ORDINAMENTO MILITARE E QUELLE A ORDINAMENTO CIVILE

Dopo aver pubblicato il post sulla corrispondenza dei gradi militari tra le diverse Forze Armate/Arma dei Carabinieri/Corpo della Guardia di Finanza (per approfondire leggi qui!) un collega mi ha chiesto di approfondire anche il problema della corrispondenza dei gradi delle Forze di Polizia ad ordinamento militare con le qualifiche di quelle a ordinamento civile. Beh, nulla di più semplice! Come al solito è tutto scritto nel Codice dell’ordinamento militare(Decreto legislativo n. 66 del 2010 – il cosiddetto COM) che ha dedicato alla questione l’articolo 632. Infatti, tale articolo stabilisce che “l’equiparazione tra i gradi militari e le qualifiche delle Forze di polizia a ordinamento civile è così determinata: a) generale di divisione e corrispondenti: dirigente generale di pubblica sicurezza e corrispondenti; b) generale di brigata e corrispondenti: dirigente superiore e corrispondenti; c) colonnello e corrispondenti: primo dirigente e corrispondenti; d) tenente colonnello e corrispondenti: vice questore e corrispondenti; e) maggiore e corrispondenti: vice questore aggiunto e corrispondenti; f) capitano e corrispondenti: commissario capo e corrispondenti; g) tenente e corrispondenti: commissario e corrispondenti; h) sottotenente e corrispondenti: vice commissario e corrispondenti; i) luogotenente e corrispondenti: sostituto commissario e corrispondenti; l) primo maresciallo e corrispondenti: ispettore superiore e corrispondenti; m) maresciallo capo e corrispondenti: ispettore capo e corrispondenti; n) maresciallo ordinario e corrispondenti: ispettore e corrispondenti; o) maresciallo e corrispondenti: vice ispettore e corrispondenti; p) sergente maggiore capo e corrispondenti: sovrintendente capo e corrispondenti; q) sergente maggiore e corrispondenti: sovrintendente e corrispondenti; r) sergente e corrispondenti: vice sovrintendente e corrispondenti; s) caporal maggiore capo scelto e corrispondenti: assistente capo e corrispondenti; t) caporal maggiore capo e corrispondenti: assistente e corrispondenti; u) caporal maggiore scelto e corrispondenti: agente scelto e corrispondenti; v) primo caporal maggiore e corrispondenti: agente e corrispondenti”.

Tutto qui … Ad maiora!

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QUAL È IL GRADO A PARTIRE DAL QUALE SI ACCEDE ALLA DIRIGENZA MILITARE?

Qual è il grado a partire dal quale si accede alla dirigenza militare? La domanda non è banale e merita un approfondimento in quanto la normativa non è molto chiara sull’argomento. Infatti, se è fuori da ogni dubbio che un Colonnello, un Capitano di Vascello, un Ammiraglio o un Generale sono dei dirigenti militari, non è altrettanto chiaro se lo siano anche un Maggiore, un Tenente Colonnello, un Capitano di Corvetta o di Fregata. Ebbene … la dirigenza militare, ad oggi riservata al ruolo Ufficiali, inizia dal grado di Maggiore/Capitano di Corvetta. Infatti, l’articolo 627, terzo comma, del Decreto legislativo n. 66 del 2010 Codice dell’ordinamento militare(cosiddetto COM) stabilisce che “la carriera degli ufficiali, preposti all’espletamento delle funzioni di direzione, comando, indirizzo, coordinamento e controllo sulle unità poste alle loro dipendenze, ha sviluppo dirigenziale” … detto altrimenti solo gli Ufficiali possono accedere alla dirigenza … ma ci resta da chiarire a partire da quale grado? Per rispondere a tale domanda ci viene in aiuto il successivo articolo 1820 COM: quest’ultimo, infatti, indicandoci i gradi a cui viene corrisposta l’indennità dirigenziale, vi include anche Maggiori e Tenenti Colonnelli (e gradi corrispondenti), rendendo evidente il fatto che anche il personale che rivesta tali gradi faccia parte della dirigenza militare.

TCGC

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GLI IMPEDIMENTI ALL’AVANZAMENTO DEL MILITARE

Un collega mi chiede: in quale legge sono elencati gli impedimenti all’avanzamento del personale militare? Beh … come sempre la risposta è semplice … nel Codice dell’Ordinamento Militare (Decreto legislativo n. 66 del 2010 – cosiddetto COM)! Infatti, se prendete l’articolo 1051, al comma 2 trovate scritto che “[…] non può essere inserito nell’aliquota di avanzamento o valutato per l’avanzamento il personale militare:

a) rinviato a giudizio o ammesso ai riti alternativi per delitto non colposo;

b) sottoposto a procedimento disciplinare da cui può derivare una sanzione di stato;

c) sospeso dall’impiego o dalle funzioni del grado;

d) in aspettativa per qualsiasi motivo per una durata non inferiore a 60 giorni […]”.

Ovviamente, c’è altro … molto altro da dire, ma per esigenze di chiarezza e sinteticità è meglio che mi fermi qui! Se comunque ho stuzzicato in voi cusiorità sull’argomento, iniziate con l’andare a leggervi l’articolo 1051 COM nella sua interezza …

Ad maiora!

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LA CORRISPONDENZA DEI GRADI NELLE DIVERSE FORZE ARMATE

Diversi colleghi mi hanno chiesto dove possa trovarsi una tabella di corrispondenza dei gradi militari nelle diverse Forze Armate/Arma dei Carabinieri/Corpo della Guardia di Finanza … Beh, di tabelle ce ne sono molte in rete ma io credo sia meglio andare all’origine delle cose e … come sempre … vi consiglio quindi di dare una sbirciatina al Codice dell’ordinamento militare (Decreto legislativo n. 66 del 2010 – il cosiddetto COM per intenderci!): infatti, vi troverete scritto all’articolo:

  • 628 che “la successione e la corrispondenza dei gradi degli ufficiali è in ordine crescente: a) sottotenente: guardiamarina per la Marina militare; b) tenente: sottotenente di vascello per la Marina militare; c) capitano: tenente di vascello per la Marina militare; d) maggiore: capitano di corvetta per la Marina militare; e) tenente colonnello: capitano di fregata per la Marina militare; f) colonnello: capitano di vascello per la Marina militare; g) generale di brigata: brigadiere generale per l’Arma dei trasporti e dei materiali e i corpi logistici dell’Esercito italiano; contrammiraglio per la Marina militare; generale di brigata aerea e brigadiere generale per l’Aeronautica militare; h) generale di divisione: maggiore generale per l’Arma dei trasporti e dei materiali e i corpi logistici dell’Esercito italiano; ammiraglio di divisione e ammiraglio ispettore per la Marina militare; generale di divisione aerea e generale ispettore per l’Aeronautica militare; i) generale di corpo d’armata: tenente generale per l’Arma dei trasporti e dei materiali e i corpi logistici dell’Esercito italiano; ammiraglio di squadra e ammiraglio ispettore capo per la Marina militare; generale di squadra aerea, generale di squadra e generale ispettore capo per l’Aeronautica militare; l) generale: ammiraglio per la Marina militare”;
  • 629 che “la successione e la corrispondenza dei gradi dei sottufficiali è in ordine crescente: a) sergente: vice brigadiere per l’Arma dei carabinieri e il Corpo della Guardia di finanza; b) sergente maggiore: secondo capo della Marina militare; brigadiere per l’Arma dei carabinieri e il Corpo della Guardia di finanza; c) sergente maggiore capo: secondo capo scelto della Marina militare; brigadiere capo per l’Arma dei carabinieri e il Corpo della Guardia di finanza; d) maresciallo: capo di 3^ classe per la Marina militare; maresciallo di 3^ classe per l’Aeronautica militare; e) maresciallo ordinario: capo di 2^ classe per la Marina militare; maresciallo di 2^ classe per l’Aeronautica militare; f) maresciallo capo: capo di 1^ classe per la Marina militare; maresciallo di 1^ classe per l’Aeronautica militare; g) primo maresciallo: maresciallo maggiore per l’Arma dei carabinieri; maresciallo aiutante per il Corpo della Guardia di finanza. g-bis) luogotenente: luogotenente per l’Arma dei carabinieri; luogotenente per il Corpo della guardia di finanza. 2. Le qualifiche attribuibili ai sottufficiali sono così determinate: a) ai sergenti maggiori capi e gradi corrispondenti: qualifica speciale; b) ai luogotenenti e gradi corrispondenti: primo luogotenente per l’Esercito italiano, la Marina militare e l’Aeronautica militare; carica speciale per l’Arma dei carabinieri; cariche speciali per il Corpo della guardia di finanza. 2-bis. I sottufficiali a cui sono attribuite le qualifiche di cui al comma 2 hanno rango preminente sui pari grado. Fra essi si tiene conto della data di conferimento della qualifica, anche nel caso di pari grado con diversa anzianità”;
  • 630 che “la successione e la corrispondenza dei gradi dei graduati è in ordine crescente: a) primo caporal maggiore: sottocapo di 3^ classe per la Marina militare; aviere capo per l’Aeronautica militare; carabiniere; finanziere; b) caporal maggiore scelto: sottocapo di 2^ classe per la Marina militare; primo aviere scelto per l’Aeronautica militare; carabiniere scelto; finanziere scelto; c) caporal maggiore capo: sottocapo di 1^ classe per la Marina militare; primo aviere capo per l’Aeronautica militare; appuntato per l’Arma dei carabinieri e il Corpo della Guardia di finanza; d) caporal maggiore capo scelto: sottocapo di 1^ classe scelto per la Marina militare; primo aviere capo scelto per l’Aeronautica militare; appuntato scelto per l’Arma dei carabinieri e il Corpo della Guardia di finanza”. Inoltre, tale articolo statuisce che “al caporal maggiore capo scelto, o gradi corrispondenti può essere attribuita la seguente qualifica: qualifica speciale. I caporal maggiori capi scelti qualifica speciale hanno rango preminente sui pari grado; fra caporal maggiori capi scelti qualifica speciale, si tiene conto della data di conferimento della qualifica, anche nel caso di pari grado con diversa anzianità”;
  • 631 che “la successione e la corrispondenza dei gradi dei militari di truppa è in ordine crescente: a) caporale: comune di 1^ classe per la Marina militare; aviere scelto per l’Aeronautica militare; b) caporal maggiore: sottocapo per la Marina militare; primo aviere per l’Aeronautica militare. 2. Il militare di truppa senza alcun grado è: a) il soldato per l’Esercito italiano; b) il comune di 2^ classe per la Marina militare; c) l’aviere per l’Aeronautica militare; d) l’allievo carabiniere e l’allievo finanziere; e) l’allievo delle scuole militari, navale e aeronautica; f) l’allievo maresciallo in ferma; g) l’allievo ufficiale in ferma prefissata; h) l’allievo ufficiale delle accademie”.

Tutto qui, come accade spesso non bisogna inventarsi nulla!

TCGC

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LA DICHIARAZIONE DI LESIONE TRAUMATICA (DLT) DEL MEDICO MILITARE

Un collega mi scrive per sapere cosa sia esattamente la Dichiarazione di Lesione Traumatica del medico militare (la cosiddetta DLT) e, soprattutto, in che rapporto stia con il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio (per approfondire leggi qui!).

Iniziamo subito con lo sfatare un mito ricorrente: se vi è stata rilasciata una DLT non significa che vi sia stata riconosciuta la dipendenza da causa di servizio! Cerco di spiegarmi meglio … pensate alla DLT e alla causa di servizio come a due binari del treno … è vero, vanno verso la stessa direzione ma non si incontrano mai. Ciò significa che anche se normalmente le due cose vanno di pari passo, al militare può essere rilasciata una DLT senza che poi gli venga riconosciuta la causa di servizio (e viceversa).

Tanto premesso, vediamo rapidamente di rispondere alle seguenti domande:

COS’È E COME È FATTA UNA DICHIARAZIONE DI LESIONE TRAUMATICA?

La DLT è una certificazione medica tipicamente militare che redige il medico militare che abbia visitato o soccorso un militare (a dire il vero alcuni sostengono che possa essere rilasciata anche a un civile, perché no?) che abbia subito una lesione traumatica e che viene sottoscritta dal medico militare, dall’infortunato e, se presenti, da uno o più testimoni. In tale certificazione il medico militare:

  • verbalizza le modalità in cui si è verificato l’infortunio, nonché le relative circostanze di tempo e luogo, per come sono gli state rappresentate dall’infortunato (e/o dal/dai testimone/i presenti all’accaduto);
  • effettua un esame obiettivo della lesione traumatica;
  • emette una diagnosi, una prognosi e, qualora necessario, prescrive una terapia,

pronunciandosi anche sulla verosimiglianza o meno della lesione rilevata con le circostanze di tempo, modo e luogo rappresentate dall’infortunato (e/o dal/dai testimone/i).

A COSA SERVE UNA DICHIARAZIONE DI LESIONE TRAUMATICA?

La funzione principale della DLT è quella di “fotografare” gli eventi verificatisi in modo da facilitare la ricostruzione di un determinato accadimento infortunistico ai fini dell’adozione dei provvedimenti più opportuni [1] sia a tutela dell’infortunato che dell’Amministrazione della Difesa. Tale “fotografia” degli eventi permette infatti al Comandante militare responsabile, tra l’altro, di:

  • implementare, in qualità di Datore di Lavoro, gli accorgimenti necessari a scongiurare il rischio che tali eventi infortunistici si ripetano, aumentando la sicurezza sui luoghi di lavoro, modificando il Documento di Valutazione dei Rischi (il cosiddetto DVR) eccetera;
  • esercitare, qualora ricorrano i presupposti, le proprie prerogative in materia di Polizia Giudiziaria Militare (per approfondire leggi qui!);
  • poter adeguatamente redigere i rapporti informativi necessari al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, dello status di vittima del dovere (e soggetti equiparati) eccetera;
  • adottare specifici provvedimenti amministrativi come, ad esempio la concessione della licenza di convalescenza all’infortunato, l’invio di quest’ultimo a visita dal medico competente per valutare il mantenimento dell’idoneità alla mansione specifica eccetera.

Ritenendo di aver sufficientemente chiarito i punti fondamentali della questione, non mi resta che salutarvi … ad maiora!

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[1] e questo anche a posteriori come, ad esempio, al fine del riconoscimento della causa di servizio (per approfondire leggi qui!) quando non vi sia stato ricovero in ospedale oppure quando la domanda di riconoscimento venga presentata molto tempo dopo l’infortunio.

UNIFORME MILITARE E DIRITTO

L’uniforme militare è una realtà giuridica minuziosamente “normata” … vale a dire completamente immersa nel diritto. Non è solo un capo di vestiario che ci protegge dagli agenti atmosferici (chiara emanazione del diritto alla salute di derivazione costituzionale) o che ci consente di mimetizzarci per sfuggire alla vista del nemico … ma rappresenta molto, molto di più! Infatti, conferendo forma all’identità militare di chi la indossa, tratteggia una chiara linea di confine, un limite giuridicamente rilevante ed invalicabile tra mondo militare e mondo civile: è attraverso l’uniforme, infatti, che si manifesta il “potere” militare … si comunica cioè il “ruolo” e la posizione gerarchica ricoperta, con i discendenti diritti e doveri. Ecco perché, oltre ad essere meticolosamente disciplinata dai regolamenti militari, viene tutelata sia dal diritto penale che da quello disciplinare. In tale contesto, senza alcuna pretesa di completezza, sappiate che dal punto di vista penale l’uniforme viene tutelata:

  • dall’articolo 498 [1] del codice penale (comune), titolato “usurpazione di titoli e onori”, quando tale usurpazione è esclusivamente “esteriore” e non comporta, quindi, anche l’usurpazione di pubbliche funzioni (articolo 347 [2] del codice penale);
  • dall’articolo 221 del codice penale militare di pace, titolato “usurpazione di decorazioni o distintivi militari”, che sanziona con la reclusione fino a 6 mesi il militare che “porta abusivamente in pubblico decorazioni militari, o segni distintivi di grado, cariche, specialità, brevetti militari”.

È però nella normativa disciplinare che l’importanza dell’uniforme militare emerge in tutta la sua interezza. Infatti, a prescindere dal fatto che, ai sensi dell’articolo 1350 [3] del Decreto legislativo n. 66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare” (cosiddetto COM), essa rappresenti uno dei presupposti di applicazione delle disposizioni in materia di disciplina militare (per approfondire leggi qui!), l’uniforme viene presa in considerazione, tra l’altro:

  • dall’articolo 1351 COM che dispone che “ Durante l’espletamento dei compiti di servizio e nei luoghi militari o comunque destinati al servizio è obbligatorio l’uso dell’uniforme, salvo diverse disposizioni. 2. L’uso dell’abito civile è consentito fuori dai luoghi militari, durante le licenze e i permessi. 3. Nelle ore di libera uscita è consentito l’uso dell’abito civile, salvo limitazioni derivanti dalle esigenze: a) delle accademie militari, durante il primo anno di corso; b) delle scuole allievi sottufficiali, durante i primi quattro mesi di corso formativo; c) delle scuole militari; d) dei servizi di sicurezza di particolari impianti e installazioni; e) operative e di addestramento fuori sede”;
  • dall’articolo 720 del D.P.R. n. 90 del 2010 “Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare (cosiddetto TUOM) che statuisce che “ L’uniforme indica la Forza armata, il corpo, il grado dei militari, e, talvolta, le loro funzioni e incarichi. 2. Le stellette a cinque punte, distintivo peculiare dell’uniforme militare, sono il simbolo comune dell’appartenenza alle Forze armate. 3. Apposite norme prescrivono la composizione, la foggia e l’uso dell’uniforme, che il militare non deve in alcun caso modificare o alterare, e i casi in cui è obbligatorio indossarla. 4. Il militare deve avere cura particolare dell’uniforme e indossarla con decoro. 5. L’uso dell’uniforme è vietato al militare: a) quando è sospeso dall’impiego, dal servizio o dalle funzioni del grado; b) nello svolgimento delle attività private e pubbliche consentite” (Per uno specifico approfondimento sull’uso dell’uniforme leggi qui!);
  • dall’articolo 746 del TUOM che, nel disciplinare l’uso dell’abito civile, stabilisce inoltre che “[…] il militare in abito civile non deve indossare alcun distintivo o indumento caratteristico dell’uniforme […]”;
  • dall’articolo 751 del TUOM dove, nell’elenco i comportamenti che possono essere puniti con la consegna di rigore (per approfondire leggi qui!), ritroviamo proprio l’“inosservanza ripetuta delle norme attinenti all’aspetto esteriore o al corretto uso dell’uniforme [… e la …] trasgressione al divieto dell’uso dell’uniforme nelle circostanze previste dal regolamento”.

Penso di avervi detto abbastanza … ad maiora!

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[1]:art. 498 c.p. – Usurpazione di titoli e onori:“Chiunque […] abusivamente porta in pubblico la divisa o i segni distintivi di un ufficio o impiego pubblico, o di un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, ovvero di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, ovvero indossa abusivamente in pubblico l’abito ecclesiastico, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da centocinquantaquattro euro a novecentoventinove euro. Alla stessa sanzione soggiace chi si arroga dignità o gradi accademici, titoli, decorazioni o altre pubbliche insegne onorifiche, ovvero qualità inerenti ad alcuno degli uffici, impieghi o professioni, indicati nella disposizione precedente. Per le violazioni di cui al presente articolo si applica la sanzione amministrativa accessoria della pubblicazione del provvedimento che accerta le violazioni con le modalità stabilite dall’art. 36 e non è ammesso il pagamento in misura ridotta previsto dall’art. 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689”.

[2]:art. 347 c.p. – Usurpazione di pubbliche funzioni:“Chiunque usurpa una funzione pubblica o le attribuzioni inerenti a un pubblico impiego è punito con la reclusione fino a due anni. Alla stessa pena soggiace il pubblico ufficiale o impiegato il quale, avendo ricevuto partecipazione del provvedimento che fa cessare o sospendere le sue funzioni o le sue attribuzioni, continua ad esercitarle. La condanna importa la pubblicazione della sentenza”.

[3]: art. 1350, secondo comma, del Codice dell’ordinamento militare:“[…] 2. Le disposizioni in materia di disciplina militare, si applicano nei confronti dei militari che si trovino in una delle seguenti condizioni: a) svolgono attività di servizio; b) sono in luoghi militari o comunque destinati al servizio; c) indossano l’uniforme; d) si qualificano, in relazione ai compiti di servizio, come militari o si rivolgono ad altri militari in divisa o che si qualificano come tali […]”.

LA CESSIONE DEL QUINTO

Quando parliamo di “cessione del quinto” facciamo riferimento a quella particolare modalità di rimborso di un prestito che si realizza per mezzo di una trattenuta diretta in busta paga di 1/5 dello stipendio. Per quanto di interesse, sappiate che la normativa di riferimento è il D.P.R. n. 180 del 1950 “Approvazione del testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti dalle pubbliche Amministrazioni che prevede, tra l’altro, che:

  • gli impiegati e salariati dipendenti dallo Stato e dagli altri enti, aziende ed imprese […] possono contrarre prestiti da estinguersi con cessione di quote dello stipendio o del salario fino al quinto dell’ammontare di tali emolumenti valutato al netto di ritenute e per periodi non superiori a dieci anni” (articolo 5);
  • gli impiegati civili e militari e i salariati delle Amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo possono contrarre prestiti, ai sensi dell’art. 5, qualora siano in attività di servizio, abbiano stabilità nel rapporto di impiego o di lavoro, siano provvisti di stipendio o salario fisso e continuativo ed abbiano diritto a conseguire un qualsiasi trattamento di quiescenza […]” (articolo 6).

Spero di aver suscitato la vostra curiosità … se volete cedere il vostro quinto dello stipendio, andate in banca dopo aver almeno sfogliato il D.P.R. n. 180 del 1950 … più conoscenze avrete e più potere potrete esercitare, anche dal punto di vista contrattuale, credetemi!

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COS’È UNA TASSA E IN COSA SI DIFFERENZIA DA UN’IMPOSTA?

Mi capita sempre più spesso di sentire persone che confondono le imposte con le tasse … certo, sono entrambe dei tributi (termine che quindi, nel dubbio, vi invito a usare di più!) ma le due parole non sono sinonimi e, per tanto, non sono assolutamente intercambiabili: le imposte e le tasse non sono cioè la stessa cosa!

Al riguardo è sufficiente ricordiate che:

  • con le imposte ciascun contribuente partecipa, in relazione alle proprie possibilità economiche, alle spese pubbliche … e questo a prescindere dalla fruizione di alcun servizio pubblico. La misura di tale contributo avviene per una frazione (o “quota”) che viene determinata dallo Stato. Imposte sono, ad esempio, l’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), l’imposta sul valore aggiunto (IVA) eccetera;
  • la tassa, invece, è quella somma di denaro che un soggetto è tenuto per legge a pagare per poter fruire (individualmente) di un determinato servizio o attività pubblica. La tassa, quindi, è sostanzialmente il corrispettivo per una data prestazione pubblica … esempi ne sono, ad esempio, la tassa sulla raccolta dei rifiuti (TARI), la tassa di occupazione del suolo pubblico eccetera.

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IL PRINCIPIO DI IRREVERSIBILITÀ STIPENDIALE MILITARE

L’articolo 1780 del D. Lgs. n. 66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare(cosiddetto COM) stabilisce che “in caso di passaggio a qualifiche o gradi di ruoli diversi dell’Amministrazione militare o di transito dai ruoli civili, senza soluzione di continuità, se gli emolumenti fissi e continuativi in godimento sono superiori a quelli spettanti nella nuova posizione, è attribuito un assegno personale pari alla differenza, riassorbibile, salvo diversa previsione di legge, con i futuri incrementi stipendiali conseguenti a progressione di carriera o per effetto di disposizioni normative a carattere generale”.

Preciso che un assegno personale si dice “riassorbibile” quando il relativo importo diminuisce (fino a riassorbirsi appunto!) all’aumentare dello stipendio del soggetto nella nuova posizione (per promozioni, aumenti derivanti da mutamenti legislativi eccetera) … Beh, non credo ci sia molto da aggiungere, l’argomento è infatti sufficientemente semplice e intuitivo da comprendere.

TCGC

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COME SI CALCOLA L’ANZIANITÀ DI SERVIZIO MILITARE?

La domanda è ricorrente … proviamo pertanto a darle una risposta. Non c’è molto da inventare perché è tutto stato scritto nel Codice dell’ordinamento militare! Bisogna solo sapere dove … vi indico quindi la strada da seguire per capirci di più:

  • l’articolo 1781 del D. Lgs. n. 66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare(cosiddetto COM) prevede che:“ L’anzianità di grado è quella risultante dal decreto di nomina o di promozione, secondo quanto disposto dall’articolo 856. 2. Per i militari transitati di ruolo, l’anzianità di grado è computata, agli effetti della determinazione dello stipendio, dalla data di nomina o di promozione al grado stesso nel ruolo di provenienza, con le deduzioni di cui all’articolo 858. 3. Per i sottufficiali e i graduati in servizio permanente, l’anzianità di grado è computata secondo le disposizioni che regolano l’anzianità stessa ai fini dell’avanzamento”;
  • l’articolo 854 del COM stabilisce che:“L’anzianità di grado, salvo diverse disposizioni, determina la precedenza di un militare rispetto ai pari grado. La precedenza si intende riferita agli atti del servizio o della disciplina militare, secondo quanto stabilito dal presente codice e dal regolamento. 2. L’anzianità di grado è assoluta e relativa ed è determinata secondo le disposizioni del presente codice”;
  • l’articolo 856 del COM dispone che:“Per anzianità assoluta si intende il tempo trascorso dal militare nel proprio grado, salvo gli eventuali aumenti o detrazioni apportati in base alle disposizioni del presente codice. 2. L’anzianità assoluta è determinata dalla data del provvedimento di nomina o di promozione, se non è altrimenti disposto”;
  • l’articolo 857 del COM statuisce che:“L’anzianità relativa è l’ordine di precedenza del militare fra i pari grado dello stesso ruolo. 2. L’anzianità relativa è determinata dalle graduatorie di merito, compilate al termine del concorso di ammissione in ruolo, o al termine del corso di formazione iniziale, o negli avanzamenti a scelta, quando espressamente stabilito”.

Per completezza di informazione, sappiate però che esistono situazioni al verificarsi delle quali si procede a detrazione di anzianità. L’articolo 858 del COM prevede al riguardo che:“1. Il militare in servizio permanente subisce una detrazione di anzianità, in base alle seguenti cause: a) detenzione per condanna a pena restrittiva della libertà personale di durata non inferiore a un mese; b) detenzione in stato di custodia cautelare per reato che ha comportato condanna a pena restrittiva della libertà personale di durata non inferiore a un mese; c) sospensione disciplinare dall’impiego; d) aspettativa per motivi privati. 2. Il militare delle categorie in congedo subisce una detrazione di anzianità, in base alle seguenti cause: a) detenzione per condanna a pena restrittiva della libertà personale di durata non inferiore a un mese; b) detenzione in stato di custodia cautelare per reato che ha comportato condanna a pena restrittiva della libertà personale di durata non inferiore a un mese; c) sospensione disciplinare dalle funzioni del grado. 3. La detrazione d’anzianità è pari al tempo trascorso in una delle anzidette situazioni. 3-bis. La detrazione di anzianità, operata a qualsiasi titolo sul grado, ha effetto anche sulla decorrenza della qualifica posseduta. 3-ter. I periodi di congedo straordinario di cui all’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 [cioè il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità], sono computati nell’anzianità richiesta ai fini della progressione di carriera”.

Tutto qui, penso di avervi detto abbastanza … ora avete sicuramente qualche nozione in più sull’argomento!

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DANNO ERARIALE: COME SI PROCEDE ALLA RISCOSSIONE?

Nel momento in cui la Corte dei conti pronuncia una sentenza di condanna per danno erariale (per approfondire clicca qui!), si apre la fase di esecuzione della sentenza, fase in cui la Pubblica Amministrazione (PA) danneggiata [1] diventa protagonista (al posto della Corte dei conti, la cui giurisdizione termina appunto con la sentenza di condanna!).

Tanto premesso, come fa la PA a recuperare le somme indicate nella sentenza di condanna? Ebbene, se il condannato non paga spontaneamente versando direttamente il dovuto, lo strumento principale è costituito dal recupero in via amministrativa [2], cioè dal recupero operato direttamente sulla busta paga dalla PA/Datore di lavoro, eventualmente anche a rate. Qualora però non si possa procedere con il recupero diretto, la PA procede, sotto la supervisione della Corte dei conti, con l’esecuzione forzata [3] o con l’iscrizione a ruolo.

Tutto qui, lo spirito con cui ho scritto il post era solo per chiarirvi come funziona a grandi linee … non c’è molto altro da dire!

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[1]: art. 214 del Codice della giustizia contabile (D. Lgs. n. 174 del 2016) Attività esecutiva dell’amministrazione o dell’ente danneggiato:“1. Alla riscossione dei crediti liquidati dalla Corte dei conti, con decisione esecutiva a carico dei responsabili per danno erariale, provvede l’amministrazione o l’ente titolare del credito, attraverso l’ufficio designato con decreto del Ministro competente emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 4- bis, lettera e), della legge 23 agosto 1988, n. 400, o con provvedimento dell’organo di governo dell’amministrazione o dell’ente. 2. Il titolare dell’ufficio designato comunica tempestivamente al procuratore regionale territorialmente competente l’inizio della procedura di riscossione e il nominativo del responsabile del procedimento. 3. L’amministrazione o l’ente titolare del credito erariale, a seguito della comunicazione del titolo giudiziale esecutivo, ha l’obbligo di avviare immediatamente l’azione di recupero del credito, secondo le modalità di cui al comma 5 ed effettuando la scelta attuativa ritenuta più proficua in ragione dell’entità del credito, della situazione patrimoniale del debitore e di ogni altro elemento o circostanza a tale fine rilevante. 4. Resta ferma ogni ipotesi di responsabilità per danno erariale, disciplinare, dirigenziale e penale configurabile in ragione della mancata attuazione del recupero. 5. La riscossione del credito erariale è effettuata: a) mediante recupero in via amministrativa; b) mediante esecuzione forzata di cui al Libro III del codice di procedura civile; c) mediante iscrizione a ruolo ai sensi della normativa concernente, rispettivamente, la riscossione dei crediti dello Stato e degli enti locali e territoriali. 6. Il pubblico ministero, titolare del potere di esercitare la vigilanza sulle attività volte al recupero del credito erariale, può indirizzare all’amministrazione o ente esecutante, anche a richiesta, apposite istruzioni circa il tempestivo e corretto svolgimento dell’azione di recupero in sede amministrativa o giurisdizionale. 7. Le amministrazioni statali o ad esse equiparate, per l’esecuzione delle sentenze di condanna, si avvalgono, in luogo dell’attività di indirizzo prevista dal comma 6, della consulenza e, per le esecuzioni dinanzi al giudice ordinario, del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, ai sensi del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, e delle altre leggi speciali in materia. 8. Decorsi tre mesi dalla chiusura dell’esercizio di ciascun anno finanziario, il responsabile del procedimento trasmette al pubblico ministero territorialmente competente un prospetto informativo che, in relazione alle decisioni di condanna pronunciate dalla Corte dei conti, indica analiticamente le partite riscosse e le disposizioni prese per quelle che restano da riscuotere, distintamente tra quelle per le quali è in corso il recupero in via amministrativa, quelle per le quali sia stata avviata procedura di esecuzione forzata e quelle iscritte a ruolo di riscossione. Al prospetto informativo sono allegati i documenti giustificativi dell’attività svolta”.

[2]: art. 215 del Codice della giustizia contabile (D. Lgs. n. 174 del 2016) Recupero del credito erariale in via amministrativa:“1. Il recupero in via amministrativa del credito erariale derivante da condanna è effettuato mediante ritenuta, nei limiti consentiti dalla normativa in vigore, su tutte le somme a qualsiasi titolo dovute all’agente pubblico in base al rapporto di lavoro, di impiego o di servizio, compresi il trattamento di fine rapporto e quello di quiescenza, comunque denominati. 2. Il recupero è effettuato su tempestiva richiesta dell’ufficio che ha in carico il credito, alla quale l’ufficio o l’ente erogatore dà esecuzione immediata. 3. Nell’ambito della procedura amministrativa di recupero, l’ufficio che ha in carico il credito erariale può chiedere l’iscrizione di ipoteca sui beni del debitore per un importo pari a quello liquidato nella decisione della Corte dei conti, nonché’ alle spese di iscrizione di ipoteca e con l’espressa indicazione della misura degli interessi legali, ai sensi dell’articolo 2855, secondo comma, del codice civile. 4. Il debitore può chiedere di procedere al versamento diretto in Tesoreria delle somme da lui dovute, con imputazione all’apposita voce di entrata del bilancio indicata dall’ufficio di cui all’articolo 214, comma 1. 5. A richiesta del debitore, il pagamento o il recupero possono essere effettuati a mezzo di un piano di rateizzazione. Il piano di rateizzazione è determinato dall’ufficio designato di cui all’articolo 214, comma 1, tenuto conto dell’ammontare del credito e delle condizioni economiche e patrimoniali del debitore ed è sottoposto alla previa approvazione del pubblico ministero territorialmente competente. 6. Il mancato versamento di cinque rate anche non consecutive determina la decadenza dal beneficio della rateizzazione”.

[3]: art. 216 del Codice della giustizia contabile (D. Lgs. n. 174 del 2016) Esecuzione forzata innanzi al giudice ordinario:“1. Nel caso in cui l’amministrazione o l’ente titolare del credito erariale proceda al recupero mediante l’esecuzione forzata innanzi al giudice ordinario ai sensi del Libro III del codice di procedura civile, il pubblico ministero contabile, svolti, se necessario, accertamenti patrimoniali finalizzati a verificare le condizioni di solvibilità del debitore e la proficuità dell’esecuzione, nell’ambito dell’esercizio dei poteri di vigilanza di cui all’articolo 214, comma 6, e fermo restando quanto previsto dall’articolo 214, comma 7, a richiesta dell’amministrazione o ente esecutante può fornire istruzioni finalizzate al tempestivo e regolare svolgimento delle attività esperibili innanzi al giudice dell’esecuzione. 2. L’amministrazione o ente che esercita l’azione tiene informato il pubblico ministero dell’andamento della procedura esecutiva, sottoponendo alla sua valutazione le problematiche eventualmente insorgenti al riguardo. 3. Il credito erariale è assistito da privilegio ai sensi dell’articolo 2750 del codice civile. Ai fini del grado di preferenza, il privilegio per il credito erariale derivante da condanna della Corte dei conti sui beni mobili e sui beni immobili segue, nell’ordine, quelli per i crediti indicati, rispettivamente, negli articoli 2778 e 2780 del codice civile”.

COS’È IL FASCICOLO MATRICOLARE MILITARE?

Nel fascicolo matricolare (conosciuto anche come “foglio matricolare” per Sottufficiali “vecchio iter”, Graduati e Militari di Truppa e “stato di servizio” per gli Ufficiali e i Sottufficiali “nuovo iter”) viene annotata la storia di ogni militare ovverosia tutte “le notizie curriculari del […] personale rilevanti per lo stato giuridico, l’avanzamento, l’impiego e il trattamento economico” (articolo 682 del D.P.R. n. 90 del 2010 “Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare cosiddetto TUOM).

In particolare, ai sensi dell’articolo 1023 del D.Lgsl. n. 66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare(cosiddetto COM), la documentazione matricolare “registra per ogni militare: a) gli eventi di servizio relativi allo stato giuridico, all’avanzamento e all’impiego; b) gli imbarchi per il personale della Marina militare; c) le campagne di guerra e le missioni militari; d) gli eventi di natura penale e disciplinare; e) la progressione economica; f) le variazioni di stato civile; g) i provvedimenti e gli accertamenti medico-legali; h) le benemerenze, le onorificenze e le ricompense acquisite; i) le specializzazione e i brevetti; l) i titoli di studio e culturali; m) ogni altro elemento utile ai fini dell’avanzamento e della determinazione degli obblighi e dei diritti degli interessati […]”.

I documenti di interesse matricolari sono quei documenti (o notizie/eventi) che devono essere “trascritti a matricola” ovvero, ai sensi dell’articolo 685 del TUOM:“a) dati anagrafici, codice fiscale, matricola meccanografica, fotografia; b) situazione di famiglia, comprendente: 1) l’indicazione dello stato civile e le relative variazioni; 2) i dati afferenti al coniuge, comprensivi della data del matrimonio; 3) i dati afferenti ai figli; c) stato e avanzamento, comprendente: 1) l’indicazione del contingente e del ruolo di appartenenza, degli eventuali transiti di contingente e passaggi di ruolo; 2) l’indicazione della posizione di stato e della relativa decorrenza; 3) la decorrenza e gli estremi dei provvedimenti di promozione e sospensione della promozione; 4) l’esito delle valutazioni delle varie tipologie di avanzamento; 5) le sospensioni e le esclusioni dalle procedure di avanzamento e i successivi rinnovi di giudizio, comprensivi degli estremi dei relativi provvedimenti; 6) le attribuzioni di vantaggi di carriera; 7) i giuramenti; 8) le cessazioni dal servizio; d) sedi di servizio, comprendente: 1) il reparto di appartenenza e l’incarico assegnato, con indicazione delle relative decorrenze; 2) l’indicazione della specie del provvedimento di trasferimento; 3) per il personale del contingente di mare e per gli ufficiali impiegati presso il servizio navale, i periodi di navigazione e di servizio a terra; e) vicende sanitarie e altri dati, comprendente: 1) gli estremi dei provvedimenti di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio dell’infermità, emanati dalla competente autorità sanitaria; 2) l’indicazione della categoria, della tabella e della misura di ascrivibilità dell’infermità riconosciuta; f) titoli di studio, corsi, qualificazioni, abilitazioni e specializzazioni, conoscenza lingue estere, iscrizioni ad albi o registri e abilitazioni professionali, pubblicazioni, comprendente: 1) i titoli di studio, con indicazione del punteggio o del giudizio di conseguimento; 2) i corsi frequentati a seguito di designazione o ratifica da parte dell’Amministrazione, con indicazione del punteggio o della qualifica finali e della posizione raggiunta nella graduatoria di fine corso; 3) le qualificazioni, le abilitazioni e le specializzazioni conseguite, con indicazione della data di conseguimento e di cessazione dalle medesime; 4) la conoscenza di lingue estere, con indicazione del livello e della data di riconoscimento del medesimo; 5) le iscrizioni ad albi e registri professionali, ovvero le abilitazioni professionali, con indicazione degli estremi del provvedimento di iscrizione, abilitazione o di revoca; 6) le pubblicazioni effettuate come autore o coautore, con indicazione del titolo e degli estremi di pubblicazione; g) servizio prestato in altre Forze armate o di polizia; h) ricompense morali, onorificenze, altre distinzioni onorifiche e distintivi, comprendente: 1) le ricompense morali previste ((dall’articolo 1462 del codice)), con indicazione degli estremi del provvedimento di concessione e della motivazione; 2) le onorificenze e altre distinzioni onorifiche, con specificazione della denominazione, della motivazione, degli estremi del provvedimento di concessione o di autorizzazione a fregiarsene nel territorio dello Stato, dell’autorità concedente, della data dell’eventuale perdita; 3) i distintivi, con indicazione degli estremi del provvedimento di concessione o di autorizzazione a fregiarsene o della data dell’eventuale revoca; i) valutazioni caratteristiche, comprendenti: 1) il periodo oggetto di valutazione; 2) la tipologia di modello redatto; 3) la qualifica finale e il rendimento in servizio; l) procedimenti penali, comprendente: 1) il numero del procedimento e gli estremi del reato; 2) l’autorità giudiziaria procedente e la sede della medesima; 3) la specie e gli estremi dei provvedimenti giudiziari adottati; m) procedimenti disciplinari di stato, comprendente: 1) l’indicazione dell’evento originatore e dell’autorità che dispone il procedimento; 2) le date di avvio e di termine del procedimento; 3) il provvedimento finale e l’indicazione dell’autorità che lo adotta; n) provvedimenti disciplinari di corpo, comprendente: 1) la data o il periodo di commissione della violazione disciplinare; 2) la specie e l’eventuale durata della sanzione disciplinare; 3) l’autorità che punisce e la motivazione del provvedimento; o) incarichi di insegnamento, partecipazione a commissioni, comitati e gruppi di lavoro; nomine, cariche e incarichi presso enti, comprendente: 1) gli incarichi di insegnamento con indicazione della materia, tipologia, durata, sede e destinatari del corso, nonché della specie di incarico; 2) la partecipazione a commissioni, comitati e gruppi di lavoro, specificando la tipologia di incarico, la durata e gli estremi del provvedimento di nomina; 3) le nomine, le cariche e gli incarichi presso enti, specificando la tipologia e la durata. p) situazione amministrativa, comprendente: 1) l’indicazione della tipologia dell’emolumento; 2) gli estremi del relativo provvedimento di attribuzione; 3) l’indicazione del grado e dei correlati profili retributivi; q) situazione contributiva e previdenziale, comprendente: 1) l’indicazione della tipologia di provvedimento; 2) i periodi di tempo interessati espressi in anni, mesi e giorni; 3) l’indicazione delle somme relative”.

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IL MILITARE PUÒ AVERE UN SECONDO LAVORO?

L’articolo 894 del D. Lgsl. n.66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare” (cosiddetto COM) stabilisce in linea generale [1] (per i medici militari, infatti, le cose funzionano diversamente – per approfondire leggi qui!) che “la professione di militare è incompatibile con l’esercizio di ogni altra professione, [nonché con] l‘esercizio di un mestiere, di un’industria o di un commercio, la carica di amministratore, consigliere, sindaco o altra consimile, retribuita o non, in società costituite a fine di lucro”. Questo in linea di pricipio … sappiate però che il Codice dell’ordinamento militare individua comunque alcune attività extraprofessionali:

  • sempre consentite (a prescindere dal fatto che siano retribuite o meno) quali:“a) la collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili; b) l’utilizzazione economica da parte dell’autore o inventore di opere dell’ingegno e di invenzioni industriali; c) la partecipazione a convegni e seminari; d) le prestazioni nell’ambito delle società e associazioni sportive dilettantistiche […] e) incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate; f) la formazione diretta ai dipendenti della pubblica amministrazione”, precisando che tali attività debbano “comunque essere svolte al di fuori dell’orario di servizio e non condizionare l’adempimento dei doveri connessi con lo stato di militare” (articolo 895 COM);
  • da svolgere previa autorizzazione [2] o conferimento. L’articolo 896 del COM stabilisce al riguardo che:“ I militari non possono svolgere incarichi retribuiti che non sono stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. 2. Gli incarichi autorizzati possono essere svolti solamente al di fuori degli orari di servizio e non devono essere incompatibili con l’adempimento dei doveri connessi con lo stato di militare [3]. 3. Disposizioni interne indicano quali sono gli incarichi retribuiti che possono essere autorizzati o conferiti e con quali modalità, secondo criteri oggettivi e predeterminati che tengono conto delle specifiche professionalità, tali da escludere casi di incompatibilità, sia di diritto sia di fatto, nell’interesse del buon andamento della pubblica amministrazione […]”.

Prima di andare avanti ritengo necessarie un paio di precisazioni:

  • “[…] ai fini dell’autorizzazione, l’amministrazione verifica l’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi” e “deve pronunciarsi […] entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta” (articolo 53 del D.Lgsl. n.165 del 2001);
  • anche se l’attività di cui vorreste occuparvi sia consentita (ai sensi del citato articolo 895 COM), ritengo che sia  comunque necessario notiziare in merito il Comando di appartenenza in ossequio al generale dovere di comunicazione del militare (per approfondire clicca qui).

Credo che a questo punto abbiate elementi sufficienti per potervi quantomeno fare un’idea se l’attività extraprofessionale che volete svolgere sia consentita, solo autorizzabile oppure incompatibile con la professione di militare … resta ora da chiederci … cosa può accadere se svolgo un secondo lavoro incompatibile oppure in assenza di autorizzazione? Beh, a prescindere da possibili risvolti penali (come, ad esempio, per truffa militare), fiscali o disciplinari che potete ben immaginare, sappiate che potreste mettere seriamente a rischio il vostro posto di lavoro per incompatibilità professionale. L’articolo 898 del COM stabilisce infatti che “il militare che non osserva le norme sulle incompatibilità professionali è diffidato su determinazione ministeriale a cessare immediatamente dalla situazione di incompatibilità [e, soprattutto, che] decorsi quindici giorni dalla diffida, senza che l’incompatibilità cessi, il militare decade dall’impiego”, cioè si viene sostanzialmente licenziati! Ma non è finita qui, infatti ai sensi dell’articolo 53 del D. Lgsl. n.165 del 2001, “il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti [4]”, cioè vi vengono quindi pure presi i soldi che vi siete (irregolarmente) guadagnati! Un’ultima cosa prima di concludere … sappiate che “all’accertamento delle violazioni e all’irrogazione delle sanzioni provvede il Ministero delle finanze, avvalendosi della Guardia di finanza […]” (articolo 53 del D.Lgsl. n.165 del 2001).

Ora sapete abbastanza sull’argomento … non resta quindi che farvi un in bocca al lupo!

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[1]: alcune professioni godono di specifiche deroghe come accade, tra gli altri, per i medici militari (art. 210 COM) o per i docenti universitari di ruolo (art. 897 COM).

[2]: competente al rilascio delle autorizzazioni per il Ministero della Difesa è la Direzione Generale per il Personale Militare (PERSOMIL).

[3]: per meglio delinearvi l’ambito entro cui è possibile muoversi, vi riporto fedelmente quanto previsto al riguardo da una circolare della Direzione Generale del Personale Militare del Ministero della Difesa (CIRC./III/9^/5^ Prot. n. M-D GMIL_04_0396572 del 31 luglio 2008 “Disposizioni in materia di esercizio di attività extraprofessionali retribuite da parte del personale militare e di concessione delle relative autorizzazioni. Disciplina delle incompatibilità”) che, anche se vecchiotta, è scritta molto bene ed è facilmente reperibile on line:“gli Ufficiali, i Sottufficiali e i volontari di truppa possono svolgere, dietro specifica autorizzazione della A.D. (fatta esclusione per le attività espressamente consentite ed elencate dal citato art. 53 comma 6 del D.Lgs. n.165/2001), attività extraprofessionali retribuite al di fuori dell’adempimento degli obblighi di servizio inerenti al rapporto d’impiego, esclusivamente a condizione che le attività in oggetto siano: a. compatibili con la dignità del grado e con i doveri d’ufficio, nel rispetto dei contenuti della legge 11 luglio 1978, n° 382 (Norme di principio sulla disciplina militare) e del D.P.R. 18 Luglio 1986, n° 545 (Regolamento di Disciplina Militare) [disposizioni oggi presenti nel Codice dell’Ordinamento Militare (COM) e nel Testo Unico regolamentare sull’ordinamento militare (TUOM)]; b. svolte al di fuori dell’orario di servizio; c. effettuate senza carattere di continuità ed assiduità nonché senza eccessivo impegno temporale, in modo tale da non pregiudicare la capacità lavorativa ed il rendimento in servizio del militare; d. meramente isolate e saltuarie ovvero purché consistano in prestazioni singole, ben individuate e circoscritte nel tempo” (paragrafo 5, pag. 3).

[4]: inoltre, sempre ai sensi dell’articolo 53 del D.Lgsl. n.165 del 2001, “l’omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti”.

L’EQUO INDENNIZZO

L’equo indennizzo è quel particolare beneficio economico che spetta, una tantum, al personale che abbia riportato una infermità o una lesione riconosciuta dipendente da causa di servizio (clicca qui per approfondire) e ascrivibile alle Tabelle annesse al D.P.R. n. 834 del 1981 (clicca qui per approfondire). Il procedimento di concessione dell’equo indennizzo che, come il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio è regolato dal D.P.R. n. 461 del 2001, si avvia con una domanda dell’interessato che può anche “essere successiva o contestuale alla domanda di riconoscimento di causa di servizio ovvero può essere prodotta nel corso del procedimento di riconoscimento di causa di servizio, entro il termine di dieci giorni dalla ricezione della comunicazione” di trasmissione della domanda di riconoscimento della causa di servizio al Comitato di verifica per le cause di servizio (articolo 2 del D.P.R. n. 461 del 2001 – per approfondire leggi qui!).

Come viene quantificato? L’ammontare dell’equo indennizzo viene calcolato tenendo in considerazione lo stipendio tabellare e la categoria della menomazione riconosciuta dipendente da causa di servizio (di cui alle Tabelle annesse al D.P.R. n. 834 del 1981). Tale ammontare, inoltre, viene “ridotto del 25% se l’impiegato ha superato i cinquanta anni di età e del 50% se ha superato il sessantesimo anno” (articolo 49 del D.P.R. 686 del 1957).

Entro 5 anni dalla notifica del provvedimento di riconoscimento è possibile fare, per una sola volta, la cosiddetta domanda di “aggravamento”: in tal senso, l’articolo 14 del D.P.R. 461 del 2001 stabilisce infatti che “entro cinque anni dalla data di comunicazione del provvedimento […], il dipendente, in caso di aggravamento della menomazione della integrità fisica, psichica o sensoriale per la quale è stato concesso l’equo indennizzo, può per una sola volta chiedere all’Amministrazione la revisione dell’equo indennizzo già concesso”.

Alcuni problemi nascono in caso di cumulo tra equo indennizzo e:

  • la pensione privilegiata (clicca qui per approfondire). Il divieto di cumulo in questo caso viene previsto esplicitamente dal D.P.R. 686 del 1957 che stabilisce infatti che “l’equo indennizzo […], è ridotto della metà se l’impiegato consegua anche la pensione privilegiata” (articolo 50);
  • il risarcimento del danno ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile. Dato che l’equo indennizzo è cosa differente dal risarcimento del danno, la giurisprudenza ne ha riconosciuto la cumulabilità con il risarcimento del danno previsto dal codice civile sempre che, naturalmente, ne ricorrano i presupposti di legge;
  • il trattamento assicurativo a carico dello Stato o di altra Pubblica Amministrazione. In tal caso il divieto di cumulo è stato previsto esplicitamente dal D.P.R. 686 del 1957 che stabilisce infatti che deve essere “dedotto dall’equo indennizzo quanto eventualmente percepito dall’impiegato in virtù di assicurazione a carico dello Stato o di altra pubblica Amministrazione” (articolo 50).

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IL RICONOSCIMENTO DELLA DIPENDENZA DA CAUSA DI SERVIZIO

Iniziamo subito col chiarire un paio di aspetti preliminari:

  • la causa di servizio non spetta più al personale civile dello Stato ed è quindi riservata esclusivamente al “personale appartenente al comparto sicurezza, difesa (cioè al personale delle Forze di Polizia e delle Forze Armate), vigili del fuoco e soccorso pubblico” (art. 6 del decreto legge n. 201 del 2011 convertito dalla legge n. 214 del 2011) in ragione del “più elevato livello di rischio ordinariamente connesso al servizio svolto nei comparti indicati e, per altro verso, alla mancanza di una specifica tutela assicurativa contro gli infortuni per le infermità contratte dai dipendenti di tali settori [1];
  • esiste una procedura “semplificata” di riconoscimento della causa di servizio (la cosiddetta procedura con “Modello C”, originariamente prevista dalla legge n. 157 del 1952), regolata oggi dall’articolo 1880 del Decreto legislativo n. 66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare” (cosiddetto COM) che prevede, in caso di lesioni traumatiche da causa violenta, che la dipendenza da causa di servizio possa essere pronunciata in deroga alla procedura ordinaria (vi posto integralmente l’art. 1880 in nota [2] per evitare di appesantire troppo il discorso).

Tanto premesso, concentriamoci ora sulla procedura ordinaria di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio. Ebbene, tale procedura è finalizzata ad accertare che le infermità o le lesioni derivino “dall’adempimento degli obblighi di servizio” (articolo 64 del D.P.R. n. 1092 del 1973). Il procedimento di riconoscimento di causa di servizio, ai sensi del D.P.R. n. 461 del 2001 (peraltro richiamato dall’articolo 1878 del Codice dell’ordinamento militare), si articola in due parti:

Quindi … ipotizzando che il vostro infortunio sia dipendente da causa di servizio … una volta che la Commissione Medica Ospedaliera vi ha visitato (quantificando l’entità del danno sofferto) e che il Comitato di verifica ha stabilito che l’evento è riconducibile al servizio, il procedimento si conclude con l’emanazione di un provvedimento di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio. Non dimentichiamoci che è possibile fare la cosiddetta domanda di “aggravamento”, ai fini dell’equo indennizzo, una sola volta ed entro 5 anni dalla notifica del provvedimento di riconoscimento: in tal senso, l’articolo 14 del D.P.R. n. 461 del 2001 stabilisce infatti che “entro cinque anni dalla data di comunicazione del provvedimento […], il dipendente, in caso di aggravamento della menomazione della integrità fisica, psichica o sensoriale per la quale è stato concesso l’equo indennizzo, può per una sola volta chiedere all’Amministrazione la revisione dell’equo indennizzo già concesso”.

Un paio di precisazioni prima di concludere:

  1. il procedimento di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio viene avviato d’ufficio o a domanda. In tale ultimo caso teniamo ben presente che, ai sensi dell’articolo 2 del D.P.R. n. 461 del 2001, la relativa domanda “deve essere presentata dal dipendente entro sei mesi dalla data in cui si è verificato l’evento dannoso o da quella in cui ha avuto conoscenza dell’infermità o della lesione o dell’aggravamento […] anche quando la menomazione dell’integrità fisica si manifesta dopo la cessazione del rapporto d’impiego”. Scrivere bene la domanda è fondamentale! Ponete la massima cura nel descrivere l’infermità o la lesione che avete subito, i fatti di servizio che l’hanno determinata (o che vi hanno anche solo concorso), le conseguenze che ritenete di aver subito in termini di integrità fisica o psichica, o sensoriale allegando tutta la documentazione in vostro possesso (verbali di pronto soccorso, certificati medici, relazioni di servizio, testimonianze di colleghi eccetera);
  2. il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, ai sensi dell’articolo 12 del D.P.R. 461 del 2001, è il presupposto per ottenere tutta una serie di benefici quali la pensione privilegiata (clicca qui per approfondire), l’equo indennizzo (clicca qui per approfondire), il rimborso spese di cura [6] eccetera.

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[1]: Corte costituzionale, sentenza n. 20 del 2018.

[2]: Articolo 1880 del Codice dell’ordinamento militare – Accertamento della dipendenza in caso di lesioni traumatiche da causa violenta: “1. Il giudizio sulla dipendenza da causa di servizio delle lesioni traumatiche è pronunciato dal direttore di una delle strutture sanitarie militari di cui all’articolo 195, sempre che dette lesioni siano immediate o dirette, con chiara fisionomia clinica e con i caratteri dell’infortunio da causa violenta, e abbiano determinato inizialmente il ricovero in una delle citate strutture o in una struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale. Il citato giudizio può essere espresso anche sulla base degli accertamenti effettuati entro due giorni dall’evento da un’autorità sanitaria militare o da struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale anche quando non abbiano determinato inizialmente il ricovero. La medesima procedura è applicabile alle lesioni traumatiche da causa violenta occorse nell’ambito di attività operativa o addestrativa svolta all’estero e che abbiano provocato il ricovero ovvero siano state accertate entro due giorni dall’evento presso struttura sanitaria estera militare o civile. 2. Il giudizio di dipendenza di cui al comma 1 è espresso sulla base di dati clinici rilevati e degli elementi e circostanze di fatto riportati nelle dichiarazioni a tale scopo formulate dal dirigente del servizio sanitario e dal Comandante del corpo e del reparto distaccato o dal capo del servizio presso il quale l’evento lesivo si è verificato. 3. Il giudizio di cui al comma 1 deve essere espresso nel più breve tempo possibile e, comunque, durante la degenza dell’infermo. 4. Le complicanze e l’eventuale decesso, sopraggiunti durante il ricovero in uno dei suddetti luoghi di cura, devono formare oggetto di nuovo giudizio del direttore del luogo di cura, all’atto della dimissione o del decesso. 5. Delle conclusioni diagnostiche e medico legali e del relativo giudizio deve essere data partecipazione all’interessato. 6. In caso di non accettazione, viene eseguita, a domanda dell’interessato, la normale procedura di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2001, n. 461. 7. Se la lesione e’ riconosciuta dipendente da causa di servizio, il giudizio sulla idoneità al servizio e sulla eventuale assegnazione a una delle categorie di cui alle tabelle annesse al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, è devoluto alle Commissioni mediche ospedaliere di cui all’articolo 193”.

[3]: Articolo 193 del Codice dell’ordinamento militare – Commissioni mediche ospedaliere interforze di prima istanza:“1. Le Commissioni, oltre ai compiti di cui all’articolo 192, effettuano gli accertamenti medico-legali in materia di: a) provvidenze a favore di categorie di dipendenti pubblici e delle vittime del terrorismo, della criminalità, del dovere, di incidenti causati da attività istituzionale delle Forze armate, di ordigni bellici in tempo di pace e dell’esposizione a materiale bellico di cui alle disposizioni contenute nel libro VII, titolo III, capo IV, sezioni III e IV del presente codice; b) benefici in favore dei militari di leva, volontari e di carriera, appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia a ordinamento militare e civile, infortunati o caduti in servizio e dei loro superstiti, di cui all’articolo 1895 e all’articolo 1896; c) impiego del personale delle Forze di polizia invalido per causa di servizio, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 25 ottobre 1981, n. 738; d) transito nell’impiego civile di cui all’articolo 930; e) indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati, di cui alla legge 25 febbraio 1992, n. 210. 2. Le Commissioni mediche ospedaliere sono costituite presso i Dipartimenti militari di medicina legale. 3. La Commissione è composta da tre ufficiali medici, di cui almeno uno, preferibilmente, specialista in medicina legale e delle assicurazioni. Assume le funzioni di presidente il direttore del Dipartimento militare di medicina legale o l’ufficiale superiore medico da lui delegato o, in loro assenza, l’ufficiale superiore medico più elevato in grado o, a parità di grado, con maggiore anzianità di servizio. 4. La Commissione, quando si pronuncia su infermità o lesioni di militari appartenenti a Forze armate diverse o di appartenenti a Forze di polizia a ordinamento militare o civile, è composta di due ufficiali medici, di cui uno con funzioni di presidente, identificato con le modalità indicate al comma 3 e di un ufficiale medico o funzionario medico della Forza armata o di polizia di appartenenza. 5. La Commissione chiamata a pronunciarsi ai fini della concessione dei benefici previsti dal libro VII, titolo III, capo IV, sezioni III e IV, è integrata da due ufficiali medici dell’Arma dei carabinieri nominati dal Comando generale, allorquando il relativo procedimento si riferisca ai superstiti del personale dell’Arma vittima del dovere e agli stessi militari. 5-bis. A richiesta del presidente può intervenire ai lavori della Commissione, con parere consultivo e senza diritto di voto, un ufficiale superiore o un funzionario designato dal comandante del Corpo o capo dell’ufficio, cui appartiene l’interessato”.

[4]: Articolo 1879 del Codice dell’ordinamento militare – Accertamento diagnostico delle menomazioni:“1. Gli accertamenti sanitari sull’entità delle menomazioni dell’integrità psicofisica del dipendente, propedeutici al giudizio di riconoscimento della causa di servizio, sono eseguiti dalle Commissioni mediche ospedaliere di cui all’articolo 193 […]”.

[5]: Articolo 10 del D.P.R. 461-2001 – Comitato di verifica per le cause di servizio: “1. Il Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie assume, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, la denominazione di Comitato di verifica per le cause di servizio. 2. Il Comitato è formato da un numero di componenti non superiore a quaranta e non inferiore a trenta, scelti fra gli esperti della materia, provenienti dalle diverse magistrature, dall’Avvocatura dello Stato e dal ruolo dei dirigenti delle amministrazioni dello Stato, nonché tra gli ufficiali superiori medici delle Forze Armate e qualifiche equiparate delle Forze di polizia di Stato a ordinamento civile e militare e tra funzionari medici delle amministrazioni dello Stato preferibilmente specialisti in medicina legale e delle assicurazioni. Per l’esame delle domande relative a militari o appartenenti a corpi di polizia, anche ad ordinamento civile, il Comitato e’ di volta in volta integrato da un numero di ufficiali o funzionari dell’arma, corpo o amministrazione di appartenenza non superiore a due. 3. I componenti, nominati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze per un periodo di quattro anni, prorogabili per non più di una volta, possono essere collocati in posizione di comando o fuori ruolo presso il Comitato, previa autorizzazione del relativo organo di autogoverno, secondo quanto previsto dall’articolo 13, comma 3, del decreto-legge 12 giugno 2001, n. 217, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2001, n. 317, senza aggravi di oneri e restando a carico dell’organismo di provenienza la spesa relativa al trattamento economico complessivo. 4. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze è nominato, tra i componenti magistrati della Corte dei conti, il Presidente del Comitato. 5. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze possono essere affidate le funzioni di Vice Presidente a componenti del Comitato provenienti dalle diverse magistrature. 6. Il Comitato, quando il Presidente non ravvisa l’utilità di riunione plenaria, funziona suddiviso in più sezioni composte dal Presidente, o dal Vice Presidente, che le presiedono, e da quattro membri, dei quali almeno due scelti tra ufficiali medici superiori e funzionari medici. 7. Il Presidente del Comitato segnala al Ministro i casi di inosservanza dei termini procedurali previsti dai commi 2 e 4 dell’articolo 11 per le pronunce del Comitato, con proposta di eventuale revoca degli incarichi dei componenti responsabili di inadempienze o ritardi. 8. Il Comitato opera presso il Ministero dell’economia e delle finanze e si avvale di una segreteria costituita da un contingente di personale non superiore alle cento unità, appartenente all’Amministrazione dell’economia e delle finanze. 9. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono stabiliti criteri e modalità di organizzazione interna della segreteria del Comitato e dei relativi compiti di supporto, anche in relazione all’individuazione di uffici di livello dirigenziale non superiori a tre, nell’ambito della dotazione di personale dirigenziale del Ministero dell’economia e delle finanze, e sono definiti modalità e termini per la conclusione delle procedure di trasferimento di personale, atti e mezzi della predetta segreteria dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri al Ministero dell’economia e delle finanze. 10. Fino alla costituzione del nuovo Comitato ai sensi del presente regolamento, continua ad operare il Comitato di cui all’articolo 166 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, nella composizione prevista dalla disciplina normativa previgente alla data di entrata in vigore del presente regolamento. 11. Le domande pendenti alla data di entrata in vigore del presente regolamento sono trattate dal Comitato entro un termine non superiore a dodici mesi. Al fine di favorire la sollecita definizione delle domande predette il Presidente adotta gli opportuni provvedimenti organizzativi e dispone la ripartizione dei carichi di lavoro tra le sezioni costituite a norma del comma 6, fermo restando quanto previsto dal comma 10. 12. Per l’accelerato smaltimento delle pratiche arretrate, possono essere costituiti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, in aggiunta al Comitato di verifica, speciali Comitati stralcio, composti di non oltre cinque componenti, scelti tra appartenenti alle categorie indicate al comma 2, alle condizioni di cui al comma 3 e con i criteri di composizione di cui al comma 6, per la trattazione, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, di domande ancora pendenti presso il Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie. Le domande pendenti sono assegnate secondo criteri di ripartizione definiti negli stessi decreti di costituzione, su proposta del Presidente del Comitato di verifica in relazione alla specificità di materia o analogia di cause di servizio o infermità. A supporto dell’attività dei Comitati speciali è utilizzato l’ufficio di cui al comma 8, il cui contingente, a tal fine, è elevato a settanta unità, senza aggravi di oneri. 13. Il Presidente adotta le necessarie disposizioni per l’attivazione dell’articolo 4”.

[6]: Articolo 1881 del Codice dell’ordinamento militare – Rimborso spese di cura: “1. Sono a carico dell’Amministrazione le spese di cura, comprese quelle per ricoveri in istituti sanitari e per protesi sostenute dal personale dell’Esercito italiano, della Marina militare e dell’Aeronautica militare e delle Forze di polizia a ordinamento militare, ai sensi degli articoli 68, comma 8 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, 34, comma 2 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, 1, commi 219, 220 e 221 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 e 1, comma 555, della legge 27 dicembre 2006, n. 296”.

 

LA PENSIONE PRIVILEGIATA

La pensione privilegiata [1]:

  • viene riconosciuta ai dipendenti pubblici che hanno subito lesioni fisiche o infermità riconosciute dipendenti da causa di servizio (clicca qui per approfondire) ed ha, quindi, natura sostanzialmente risarcitoria (in senso molto generale);
  • oggi non spetta più al personale civile dello Stato ed è quindi riservata esclusivamente al “personale appartenente al comparto sicurezza, difesa (cioè al personale delle Forze di Polizia e delle Forze Armate), vigili del fuoco e soccorso pubblico” (art. 6 del decreto legge 201 del 2011 convertito dalla legge 214 del 2011) in ragione del “più elevato livello di rischio ordinariamente connesso al servizio svolto nei comparti indicati e, per altro verso, alla mancanza di una specifica tutela assicurativa contro gli infortuni per le infermità contratte dai dipendenti di tali settori [2]”;
  • garantisce un trattamento pensionistico speciale (di “privilegio” appunto!) e, per tanto, presuppone la cessazione del rapporto d’impiego … cioè bisogna essere “in pensione” per poterne beneficiare: infatti, decorre normalmente [3]dalla data di cessazione dal servizio” (art. 191 del D.P.R. n. 1092 del 1973).

Tanto detto, al militare con infermità o lesioni dipendenti da causa di servizio (a prescindere dall’idoneità o meno al servizio e, quindi, all’eventuale transito nei ruoli civili dell’A.D.) spetta quindi:

  1. la pensione privilegiata qualora l’infermità o la lesione dipendente da causa di servizio sia ascrivibile alla Tabella A (annessa al D.P.R. n. 915 del 1978 [4]) e non suscettibile di miglioramento (art. 67 del D.P.R. n. 1092 del 1973 e art. 4 della legge n. 9 del 1980);
  2. un assegno rinnovabile, uguale alla pensione, qualora l’infermità o la lesione dipendente da causa di servizio sia ascrivibile alla Tabella A (annessa al D.P.R. n. 915 del 1978) e, al contempo, suscettibile di miglioramento. Tale assegno, spetta per un periodo che va dai due ai sei anni (quattro a decorrere dal 1 gennaio 1979 ai sensi dell’art. 5 della legge n. 9 del 1980) in relazione al tempo necessario al miglioramento (art. 68 del D.P.R. n. 1092 del 1973, artt. 4 e 5 della legge n. 9 del 1980). Alla scadenza di tale periodo si aprono poi tre possibilità: Infatti se le infermità o le lesioni: (a.) risultano ancora gravi al punto da continuare ad essere ascrivibili a Tabella A e non più suscettibili di miglioramento, spetta la pensione privilegiata; (b.) diventano invece ascrivibili a Tabella B annessa al D.P.R. n. 915 del 1978 (ricordiamo che prima erano state ritenute ascrivibili a Tabella A, ovverosia alla tabella che elenca le infermità e lesioni più gravi), spetta un’indennità una tantum (si rimanda al successivo punto 3 per i dettagli); (c.) non sono più ascrivibili a Tabella A o B non spetta più nulla;
  3. un’indennità una tantum, cioè una volta soltanto, qualora l’infermità o la lesione dipendente da causa di servizio sia ascrivibile alla Tabella B annessa al D.P.R. n. 915 del 1978 (art. 69 del D.P.R. n. 1092 del 1973 e art. 4 della legge n. 9 del 1980).

A quanto ammontano grossomodo i benefici appena richiamati? Ebbene:

  • la pensione privilegiataè pari alla base pensionabile […] se le infermità o le lesioni sono ascrivibili alla prima categoria [della Tabella A annessa al D.P.R. n. 915 del 1978] ed è pari al 90, 80, 70, 60, 50, 40 o 30 per cento della base stessa in caso di ascrivibilità, rispettivamente, alla seconda, terza, quarta, quinta, sesta, settima o ottava categoria [della Tabella A annessa al D.P.R. n. 915 del 1978 …]. Le pensioni di settima e ottava categoria [della Tabella A annessa al D.P.R. n. 915 del 1978] sono aumentate rispettivamente dello 0,20 per cento e dello 0,70 per cento della base pensionabile per ogni anno di servizio utile nei riguardi dei militari che, senza aver maturato l’anzianità necessaria per il conseguimento della pensione normale, abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio effettivo […]. Qualora sia stata raggiunta l’anzianità indicata dal primo comma dell’art. 52 [cioè 15 anni di servizio], la pensione privilegiata è liquidata nella misura prevista per la pensione normale aumentata di un decimo, se più favorevole” (art. 67 del D.P.R. n. 1092 del 1973);
  • l’assegno rinnovabile è “di misura uguale alla pensione” (art. 68 del D.P.R. n. 1092 del 1973);
  • l’indennità una tantum viene infine liquidata “in misura pari a una o più annualità della pensione di ottava categoria, con un massimo di cinque annualità, secondo la gravità della menomazione fisica” (art. 69 del D.P.R. n. 1092 del 1973 e art. 4 della legge n. 9 del 1980).

Un’ultima cosa prima di concludere, quanto detto si applica a Ufficiali, Sottufficiali e Graduati … ai Volontari spetta invece la pensione privilegiata “tabellare”. Infatti, ai sensi dell’art. 67 del D.P.R. n. 1092 del 1973 “per i caporal maggiori, i caporali e i soldati, per i sottocapi e i comuni di I e II classe del C.E.M.M., per i primi avieri, gli allievi scelti e gli avieri [5] nonché per gli allievi carabinieri, allievi della guardia di finanza, allievi delle guardie di pubblica sicurezza, allievi agenti di custodia ed allievi delle guardie forestali dello Stato la misura della pensione privilegiata” viene stabilita da apposite tabelle (previste per le pensioni di guerra) e viene liquidata insieme all’indennità integrativa speciale .

Capisco benissimo che la materia sia molto ingarbugliata, ma spero quantomeno di avervi messo a disposizione dei riferimenti normativi utili da offrire al vostro avvocato o al vostro commercialista in caso di bisogno…

TCGC

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[1]: le norme citate nel post sono peraltro richiamate dal codice dell’ordinamento militare (artt. 1884-1894).

[2]: Corte costituzionale, sentenza n. 20 del 2018.

[3]: infatti, nella normalità dei casi si va in pensione e, se si ha una causa di servizio riconosciuta, spetta eventualmente la pensione privilegiata nei modi e nei termini che ho riepilogato nel post. Però, se alla cessazione dal servizio si ha un’infermità o una lesione di cui non abbiamo richiesto la dipendenza da causa di servizio, è bene fare subito domanda altrimenti si perde ogni diritto … infatti, ai sensi dell’art. 169 del D.P.R. n. 1092 del 1973, “la domanda di trattamento privilegiato non è ammessa se il dipendente abbia lasciato decorrere cinque anni dalla cessazione dal servizio senza chiedere accertamento della dipendenza delle infermità o delle lesioni contratte. Il termine è elevato a dieci anni qualora l’invalidità sia derivata da parkinsonismo”.

[4]: veramente, a fare i pignoli, dovrebbero esser prese in considerazione le tabelle allegate al D.P.R. n. 834 del 1981 che, ai sensi della legge n. 111 del 1984 (art. 1), hanno modificato quelle annesse al D.P.R. n. 915 del 1978 … ma dato che non voglio mettere troppa carne al fuoco e, soprattutto, che il codice dell’ordinamento militare continua a citare il vecchio D.P.R. n. 915 del 1978 (artt. 1889-1991), così farò anch’io!

[5]: grossomodo i gradi una volta posseduti dai militari di leva.

LA CAUSA DI SERVIZIO PER I MILITARI: COME VIENE VALUTATO IL DANNO?

I criteri medico-legali di classificazione delle infermità o lesioni dipendenti da causa di servizio sono contenuti nel D.P.R. n. 461 del 2001 che, all’articolo 2, comma 7, prevede sostanzialmente che si applichino la Tabella A o la Tabella B annesse al D.P.R. n. 834 del 1981.

La Tabella A è suddivisa in 8 categorie che si riferiscono a lesioni o infermità di gravità via via decrescente e che corrispondono a percentuali di riduzione della capacità lavorativa che vanno dal 100% (Tabella A/prima categoria, la massima per intenderci) al 20% (Tabella A/ottava categoria, la minima).

La Tabella B, invece, contempla patologie che prevedono una riduzione della capacità lavorativa che va dall’11 al 20% e che danno luogo a normalmente a indennità una tantum.

Ma cosa accade se le mie patologie non sono elencate nelle Tabelle A o B? Beh, ci corre in aiuto l’art. 1891 del Codice dell’Ordinamento Militare che prevede espressamente che “le infermità non esplicitamente elencate nelle tabelle A e B […] devono ascriversi alle categorie che comprendono infermità equivalenti tenendo conto di quanto indicato nei criteri di applicazione delle medesime tabelle A e B”.

Non preoccupatevi di approfondire altro, il vostro medico-legale conosce benissimo la materia!

TCGC

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AGEVOLAZIONI IMU PER I MILITARI?

Al personale in servizio permanente delle Forze Armate, delle Forze di Polizia (ad ordinamento sia militare che civile), nonché dei Vigili del Fuoco spettano i benefici IMU “prima casa” (su un unico immobile posseduto), a prescindere dal fatto che ci si abbia residenza anagrafica o ci si dimori abitualmente … naturalmente a condizione che l’immobile non sia locato … cioè “affittato” ad altri.

L’art. 2, comma 5, del decreto legge n. 102 del 2013 (convertito dalla legge n. 124 del 2013) stabilisce infatti che “non sono richieste le condizioni della dimora abituale e della residenza anagrafica ai fini dell’applicazione della disciplina in materia di IMU concernente l’abitazione principale e le relative pertinenze, a un unico immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare […] posseduto, e non concesso in locazione, dal personale in servizio permanente appartenente alle Forze armate e alle Forze di polizia ad ordinamento militare e da quello dipendente delle Forze di polizia ad ordinamento civile, nonché’ dal personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco […]”.

Tutto qui, non sono previste ulteriori condizioni, salvo l’incombenza di comunicare al Comune nel cui territorio è situato l’immobile che si ha diritto ai benefici IMU “prima casa” per l’effetto delle norme che ho appena richiamato.

TCGC

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